Il sentimento dell’ira spiegato dai filosofi e da Inside Out

“Come il vortice nella sua furia sradica gli alberi, e deforma il volto della natura, o come il terremoto nelle sue scosse stravolge intere città; così la furia di un uomo arrabbiato getta rancore attorno a lui.”

Queste parole, proferite dal Faraone Akhenaton, in carica circa dal 1351 al 1334 dell’avanti Cristo, incarnano decisamente l’essenza dell’ira, uno dei sentimenti più potenti del nostro corredo emozionale. Un impeto incontrollabile, una forza esplosiva accecante, che sospende il soggetto in un limbo frenetico, caratterizzato dalla caduta nell’irrazionale, dalla sconfitta momentanea della ragione sulla passione, che lascia le redini dell’anima ad un caos irruente. Non a caso Dante, nella Divina Commedia, descrive gli iracondi, nell’Inferno, immersi nel fango paludoso dello Stige, incapaci di risalire, che si prendono a calci e pugni per la furia dei loro movimenti; oppure, nel Purgatorio, sono avvolti da une nube oscura, fumosa, che rende l’ambiente ‘una notte senza stelle’, in analogia con una vita in cui hanno ceduto, ottenebrandosi, a questo sentimento alienanteira

L’ira nei filosofi antichi

A partire dai miti omerici, l’ira è sempre stata descritta come una passione improvvisa, folgorante e impetuosa che non necessariamente aveva una connotazione negativa, essendo matrice di una forza e una potenza garanti di gesti eroici memorabili. ‘Cantami, o diva, del pelide Achille l’ira funesta’ recitano i primi versi del proemio dell’Iliade, ‘ che infiniti addusse
lutti agli Achei’ 
continua, palesando questo carattere positivamente funzionale. Questa connotazione, però, si limita alla sfera pratica, in un’epoca dove vigeva ancora la legge del taglione e dove il rispondere fuoco al fuoco, per di più affermandosi come fiamma maggiore, generava onore e venerazione. Già con Platone, nel mito della biga alata, si vede come l’anima irascibile, senza la guida della ragione, non è più coraggio, non più forza d’animo, si trasforma anzi in collera veemente, provocando la caduta del carro alato. Aristotele, seppure superi la partizione platonica dell’anima, proponendo una visione unitaria dell’uomo, considera l’ira in sé né buona né cattiva, essa si determina nell’uno o nell’altro modo a seconda della sua dipendenza da una ragione ordinatrice o da un’irrazionalità distruttiva. Gli stoici invece non lasciano che il grigiore della mediazione influenzi la loro anima e condannano l’ira in quanto sentimento possibilmente dannoso all’uomo. Seneca, in particolare, definisce l’ira, nel De ira appunto, ‘la più triste e frenetica delle passioni’ – e continua – ‘Le altre passioni infatti hanno in loro qualche cosa di tranquillo e di placido, in questa invece tutto è concitazione e impeto e rovello e desiderio furente e inumano di armi, di sangue, di supplizi’. Se qualsiasi altro sentimento semplicemente appare, l’ira emerge, con effetti devastanti e distruttivi. Essa non è atto istintivo e incontrollabile, è ‘vizio volontario dell’anima’, non deriva dalla natura, è frutto del vezzo.

ira

L’interpretazione di San Tommaso 

San Tommaso non sarebbe d’accordo con Seneca, l’anima è certamente naturale ed è una delle cinque passioni della facoltà irascibile dell’anima, insieme alla speranza, alla disperazione, all’audacia e al timore. ‘E’ una passione composta in qualche modo da passioni contrarie’ nella misura in cui muove tendendo sia alla vendetta, in quel momento desiderata come fosse un bene, sia al soggetto su cui la vendetta ricadrà, la persona nociva che ha generato in noi i motivi dell’ira, concepita non più come bene ma come il suo opposto. Secondo S. Tommaso l’ira è la passione che più chiaramente ostacola l’uso della ragione’ – in quanto produce – ‘il massimo grado di alterazione fisiologica e ciò ostacola il corretto funzionamento della ragione’ che ha bisogno di facoltà sensitive. L’ira è positiva solo se circoscritta entro i limiti della ragione, adirarsi ragionevolmente è, in certi casi, una risposta lodevole e degna di rispetto, se però il controllo razionale viene meno e l’ira divampa, essa perde la sua giustezza e cade nel peccaminoso.ira

Schopenhauer e l’homo homini lupus di Hobbes come matrice dell’ira

Secondo Schopenhauer, la rabbia e la conseguente aggressività sono caratteristiche naturale, ineliminabili, della natura animale e quindi dell’uomo, in quanto in natura vige uno stato di bellum omnium contra omnes. ‘In tutta la natura questa lotta continua, anzi solo per essa la natura sussiste. Questa lotta universale raggiunge l’evidenza più chiara nel mondo animale che ha per proprio nutrimento il mondo vegetale ed in cui, inoltre, ogni animale diventa preda e nutrimento di un altro […] in quanto ogni animale può conservare la propria esistenza solo col sopprimerne costantemente un’altra’. L‘essenza della realtà, il noumeno, agisce nascosto dal mondo apparente della realtà fenomenica, è la volontà una e indivisibile che si manifesta nei vari individui, l’ homo homini lupus’ di cui parla Hobbes, è la condizione non solo dell’uomo, ma di tutta la natura, dominata dalla volontà inconscia e cieca, eterna e indistruttibile, per questo l’ira, per Schopenhauer, si estende a tutto il consorzio naturale.

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Rabbia in Inside Out

Uno sguardo a Rabbia di Inside Out

Inside out è un film d’animazione del 2015 realizzato dai Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures, diretto da Pete Docter insieme al co-regista Ronnie del Carmen. La trama non ci interessa se non per il fatto che tutta la storia è incentrata nei movimenti di alternanza e mescolanza degli stati d’animo nella testa di Riley, la protagonista, concretizzati in cinque piccoli esseri, rappresentanti le cinque emozioni primarie: Gioia, Disgusto, Paura, Rabbia e Tristezza. Quello che a noi interessa è ovviamente Rabbia, l’emozione che assicura a Riley di non subire ingiustizie, o perlomeno difendersi da esse. Ha un atteggiamento decisamente irascibile e tende a prendere fuoco quando è in preda alla collera. Lewis Black, che nella versione originale del film presta la propria voce a Rabbia, descrive così il suo personaggio: ‘È arrabbiato. Sa che i membri del gruppo hanno buone intenzioni e fanno del loro meglio, ma non sanno come funzionano le cose a differenza di lui. Perciò deve tenere tutto sotto controllo, e l’unico modo per attirare la loro attenzione e assicurarsi che facciano la cosa giusta è arrabbiarsi. È a suo agio con la rabbia. Lo rende felice. Ma quando è troppo esasperato, la sua testa prende fuoco’. 

Samuele Beconcini

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