Il primo novembre del 2007 iniziò uno dei processi mediatici ambientati in Italia più seguiti al mondo. Da quel tragico giorno in cui perse la vita la studentessa inglese Meredith Kercher molti si sono interrogati sul ruolo svolto dai media durante il processo.
Cronistoria degli avvenimenti
La storia si svolge a Perugia nel 2007 quando Amanda Knox ritorna a casa e trova il corpo privo di vita della giovane ragazza inglese Meredith Kercher, sua coinquilina, che si trovava nel capoluogo umbro tramite il progetto Erasmus. Data la nazionalità della ragazza il caso ha subito una copertura mediatica molto ampia e col passare dei giorni e della settimane il caso di omicidio si trasforma in una ricerca da parte dei media dei presunto colpevole.
I principali accusati sono: la coinquilina Amanda Knox originaria di Seattle, Raffaele Sollecito che aveva una relazione con la ragazza americana ed infine Rudy Hermann Guede che ad oggi è l’unica persona detenuta fra i tre precedentemente citati. Gli altri furono accusati dato il ritrovamento di tracce di DNA nel luogo dell’omicidio e sull’arma del delitto e per questo hanno dovuto scontare 4 anni di carcere, tra cui 6 mesi in isolamento e solo dopo diversi processi e ricorsi sono stati dichiarati innocenti dalla magistratura, sostenendo che le tracce di DNA trovate erano così esigue da essere solo frutto di contaminazione delle prove.
Il processo penale mediatico
Amanda Knox è tornata in Italia come ospite del festival della giustizia legale a Modena e così ricostruisce la vicenda giudiziaria in cui è stata coinvolta: “Il primo novembre 2007, un ladro, Rudy Guede è entrato nel mio appartamento, ha violentato e ha ucciso Meredith. Ha lasciato tracce di dna e impronte. È fuggito dal Paese, processato e condannato. Nonostante ciò un numero importante di persone non ha sentito il suo nome, questo perché pm, polizia e giornalisti si sono concentrati su di me. Giornalisti chiedevano di arrestare un colpevole. Hanno indagato me mentre Guede fuggiva. Non basandosi su prove o testimonianze”. Successivamente parla di ciò che più secondo lei ha influenzato il corretto svolgersi delle indagini: i media. A tal proposito dichiara: “Sul palcoscenico mondiale io ero una furba, psicopatica e drogata, puttana. Colpevole. È stata creata una storia falsa e infondata, che ha scatenato le fantasie della gente. Una storia che parlava alle paure della gente. Non potevo più godere del privilegio della privacy. L’inchiesta è stata contaminata a causa dello spettacolo mediatico, la giuria corrotta, non era possibile avere un processo giusto. L’opinione pubblica non deve rispondere a nessuno, non ci sono regole se non che il sensazionalismo vince: nella Corte dell’opinione pubblica non sei una persona umana, sei un oggetto da consumare. Ero innocente, ma il resto del mondo aveva deciso che ero colpevole, avevano riscritto la realtà. Passato, presente, futuro non contavano più. I pm e i media avevano creato una storia e una versione di me adatta a quella storia”.
L’influenza dei media sull’opinione pubblica
A trattare questo tema fu Gustave Le Bon, psicologo del secolo scorso che teorizzava come il cambio radicale di idee ed opinioni dei singoli potesse variare quando gli stessi non erano più soli ma si trovano a far parte di una folla, dirottando la molteplicità dei propri sentimenti in un unico sentimento unitario. In psicologia questo avvenimento viene spiegato sostituendo le istanze regolatrici e censorie (Io e Super-Io) con pulsioni inconsce che derivano dalla folla che si esalta facilmente, è irrazionale e preda delle pulsioni degli istinti animaleschi al punto da far sembrare i membri della folla come nemici della logica. Le Bon definiva questo processo come contagio mentale anche quando le persone non erano riunite fisicamente nello stesso luogo ma facenti parte di un medesimo gruppo, come ad esempio i lettori di un giornale, i membri di un partito o i tifosi di una squadra. La posizione dello psicologo francese può spiegare come alla fine dell’udienza del processo di cui sopra, possa essere avvenuto ciò che lui descrive, e che quindi per via degli istinti più bassi degli esseri umani, due innocenti potrebbero aver trascorso 6 mesi in isolamento ed un totale di 4 anni in carcere, a causa della sovraesposizione all’opinione pubblica di un processo che divenendo mediatico non ha fatto lavorare la giustizia nei modi consoni.