18 maggio 2019: verso l’una di notte (quando l’avvoltoio di Robin Hood diceva che tutta andava bene), l’Italia ha avuto un colpo al cuore. Per un lungo attimo Mahmood è stato in testa alla classifica dell’Eurovision Song Contest. Il giovane vincitore di Sanremo ha portato al festival della canzone europea la sua ‘Soldi‘, che ha fatto battere le mani all’unisono l’intero pubblico. Ma questo sembra non essere bastato, perché a batterlo per soli 30 punti è stato il cantante olandese Duncan Laurence.
Con ‘Arcade‘, l’Olanda si è aggiudicata il primo posto, rendendo automaticamente Amsterdam il prossimo ospite dell’Eurovision. Il cantante olandese era in effetti uno dei favoriti e sia le giurie europee che il pubblico a casa hanno apprezzato la performance. Un po’ di amaro in bocca per Mahmood, dopo essere riuscito ad assaporare per qualche minuto il gustoso sapore della vittoria. Bisogna dire che la gara è stata molto combattuta, forse ancora più per la Svezia che per l’Italia. Per tutto il fine serata, infatti, sono stati cinque i paesi che si sono contesi la prima posizione: Olanda, Svezia (l’assoluta vincitrice per la giuria di esperti), Russia, Nord Macedonia e Italia (a cui va comunque il premio per la miglior composizione). Notevole è anche la scalata alla vetta della Norvegia, finita in quinta posizione grazie al televoto dalla quindicesima che secondo le giurie meritava.
Ma esattamente cos’è l’Eurovision? E di cosa parla la hit vincente, ‘Arcade’?
Eurovision Song Contest
L’Eurovision Song contest nacque negli anni ’50 del secolo scorso, come desiderio di unire gli spiriti di quelle nazioni europee che fino a pochi anni prima si vedevano come nemiche. In un clima di ricostruzione concreta, infatti, la volontà di una ricostruzione anche morale era molto forte, e per renderla possibile si decise di appoggiarsi alla televisione, all’epoca astro nascente. Su modello del Festival di Sanremo, il 19 maggio 1955 a Roma venne quindi pianificata la prima edizione di quello che verrà chiamato l’Eurovision Song Contest.
I cantanti si sfidarono per la prima volta il 24 maggio del 1956 a Lugano, in Svizzera. Solo sette furono i paesi partecipanti, che portarono due canzoni ciascuno: Italia, Germania dell’Ovest, Francia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Svizzera e Belgio. Tra questi compaiono anche sei dei paesi fondatori e tre dei Big Five (cioè le cinque nazioni che hanno per prime sostenuto economicamente l’Unione europea di radiodiffusione e che tuttora la supportano maggiormente). Nell’edizione di quest’anno gli stati in gara sono stati ben 41. Tra ritiri improvvisi, assenze permanenti, rifiuti di partecipazioni e new entries anche da fuori Europa, l’Eurovision è diventato l’evento non sportivo più seguito al mondo ed uno dei programmi più longevi della tv.
Non si può certo dire che gli organizzatori originali possano dirsi non soddisfatti. Un festival della canzone creato per unire dei popoli tanto diversi che fino a poco prima si guardavano con sospetto che ora si vede come uno dei programmi più amati non solo in Europa, ma addirittura nel mondo. Che l’Eurovision sia la prova dello straordinario potere della musica di cui anche Madonna, in qualità di ospite, ha parlato ieri sera?
‘Arcade’: dove l’amore diventa una fatale dipendenza
Ma andando avanti nel tempo e tornando a ieri sera, di cosa tratta la canzone che per poco meno di trenta punti ha rubato l’oro di Mahmood? Se ai tempi della vittoria dell’italiano a Sanremo nelle sue note si erano ritrovati dei rimandi a Ionesco, ora per Duncan Laurence si può pensare a Italo Svevo.
Ma andiamo per ordine. ‘Arcade‘ di Laurence parla di quel sentimento che pervade quando un amore finisce. L’impressione di smarrimento, di distruzione totale e di perdita che un cuore spezzato provoca sono al centro di tutto il testo, che come ritornello recita Loving you is a losing game. E proprio attorno a queste sei parole ruota tutto il senso della canzone. Duncan non solo urla al mondo il dolore, ma basa la definizione dell’amore stesso sulla metafora ‘passione-gioco d’azzardo‘. Amare qualcuno che non ricambia è come cadere preda della slot machine. Dopo un certo tempo ne diventi completamente dipendente senza rendertene conto, come un bambino di provincia che si ritrova davanti al fascino di un luminoso casinò di città.
E nonostante si percepisca la perdizione, nonostante si veda la fine prima ancora che cominci, si continua ancora e ancora, impossibilitati a fermarsi. E quando si perde non si fa altro che cercare un modo per tornare a giocare, esattamente come accade quando un amore finisce. L’unica soluzione sarebbe dire stop e andare avanti con la propria vita, imporsi di scendere da quelle montagne russe. Ma smettere di cadere per una dipendenza è più difficile di quanto sembri.
Quando Svevo e Laurence si incontrano
Questo lo sa molto bene Zeno Cosini, il protagonista dell’omonimo romanzo di Italo Svevo ‘La Coscienza di Zeno’. Zeno è un uomo che, nonostante i tentativi ripetuti ed i buoni propositi, non riesce a lasciar andare la sua ‘ultima sigaretta‘, diventata ironicamente nel corso del romanzo u.s. Ogni volta che si decide a smettere, si promette di gustarsi un ultimo tiro. Anche durante la malattia, e a seguito del proclamato odio per il fumo, Zeno continua a fumare e a non poter fare a meno di quell’oggetto che Zeno in prima persona sa non essere per nulla innocente.
Ma la fine che Zeno è cosciente di vedere all’orizzonte non fa che aumentare la sua voglia di fumare. Insomma, un po’ come il protagonista della canzone olandese, Zeno continua imperterrito a farsi del male nel tentativo di proteggersi dalla realtà che lo circonda. Perché il fumo è in realtà solo un velo che cela la reale dipendenza del personaggio: quella per l’inettitudine. Zeno usa le sigarette come scusa per giustificare a se stesso di non essere in grado di realizzare un obiettivo. Il fumo è il salvagente del protagonista, che lo tiene a galla nello smarrimento che si è creato intorno.
Smarrimento, perdizione, dipendenza e perdita… tutti temi che possiamo ritrovare in ambedue gli scritti. Sebbene parlino di temi differenti, a distanza di anni continua a ritornare questo soggetto immortale dell’inettitudine e dell’impossibilità umana di fronte a non altro se non noi stessi. Nonostante la coscienza di perdere, continuiamo a rimanere assuefatti dalla non retta via, per paura di smarrire noi stessi altrimenti. Il dettaglio che paiamo non cogliere è che, però, è solo così facendo che lo smarrimento ha effettivamente inizio.