Nell’arco di due anni circa, in Italia si è diffusa la Trap, un genere musicale all’apparenza unicamente votato alla pura ostentazione ed al nonsense. A cosa è dovuto il suo successo?
La Trap nasce come un genere musicale di nicchia, espressione musicale della vita intorno alle “traphouses”, case di spaccio diffuse nel nuovo continente. Tuttavia, a partire dai primi anni del ventunesimo secolo, la scena musicale internazionale ha offerto sempre più spazio alla Trap, consentendo agli artisti portavoce di questo genere una rapida scalata delle classifiche mondiali, fino a farla giungere anche in Italia, sopratutto a partire dal 2015. Pur allontanandosi dai testi estremamente tetri degli inizi, più che altro legati alla droga, questo genere musicale presenta temi ricorrenti, primo fra tutti il denaro, seguito da donne mercificate, beni di lusso e auto-celebrazione. Non è certamente la prima volta che, nel mondo hip hop, simili tematiche vengano trattate con nonchalance: ricordiamo il rapper 50 cent, il cui primo album, datato 2003, “Get rich or die Tryin'”, ha venduto circa 16 milioni di copie in tutto il mondo. Ma la cosa che potrebbe sorprenderci e spingerci a porci qualche domanda, prima di storcere il naso tornando sdegnati al nostro vinile di De André, è la diffusione mediatica e la rapidità con cui il fenomeno Trap si è diffuso anche in Italia. Perché una simile diffusione, perché in Italia come in America, perché un simile successo, sopratutto per i trapper più “appariscenti”?
TEMATICHE TRAP
“Parlo solo di soldi perché i miei drammi più grandi non ho nemmeno il coraggio di raccontarli”, canta Vegas Jones, all’anagrafe Matteo Privitera, in uno dei suoi brani più cupi, “Trankilo”, esemplificando così, forse, il motivo per cui le frivolezze raccontate nella maggior parte dei testi Trap hanno tanto successo, specialmente presso i più giovani. Scriveva Umberto Eco, parlando dell’edonismo moderno, sulle pagine del settimanale L’Espresso: “[…] le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono da un lato l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore […] e il consumismo…”. La perdita di importanza della morale, anzi, la sua totale decostruzione, come testimoniata da vari filosofi morali, tra cui Edgar Morin, ha fatto sì che si perdesse ogni punto di riferimento in tal senso e che, quindi, l’individuo iniziasse a costruirsi i suoi propri, relativi valori ed i trapper sono profeti di questa condizione. Che si tratti della leggerezza amichevole tipica di Ghali, dei toni già più aggressivi e sfrontati di Sfera Ebbasta o della sfacciataggine al limite del parodistico della Dark Polo Gang, i trapper inneggiano a sé stessi, come nuovi self-made men che hanno sconfitto la povertà ed incontrato una ricchezza ed una fama del tutto inaspettate. Queste icone riscuotono successo proprio perché mettono in mostra uno stile di vita a cui i giovani aspirano: privati dei valori e della forza delle idee che fino ad un secolo fa, nel bene e nel male, smuovevano i popoli, i giovani arrivano a concepire un nuovo edonismo come filosofia di vita ideale. I vestiti firmati ostentati dai nuovi idoli, il loro parlare di una vita senza regole e volta al soddisfare ogni proprio bisogno attraverso il denaro, sembra una meta certamente auspicabile in tempi in cui, se la realtà è incomprensibile e fa paura, si cerca di ignorarla, valorizzando l’apparenza.
CONTROVERSIE
Ovviamente, un fenomeno così appariscente non poteva non suscitare polemiche, specialmente alla luce di recenti avvenimenti. Dopo la tragedia del locale Lanterna Azzurra, in cui, durante un concerto di Sfera Ebbasta, diversi ragazzi hanno perso la vita assieme ad una madre, si è fatto un gran parlare di cantanti trap e di come le loro canzoni piene di riferimenti alla droga, alla vita facile ed altre promiscuità danneggino i giovani e la loro condotta. Polemiche, queste, decisamente poco inerenti alla tragedia di Corinaldo, ed altrettanto insensate se considerate alla luce di quanto appena detto. Similmente all’idea per cui i videogiochi violenti rendano violento chiunque ne fruisca, la polemica sulla cattiva influenza della musica trap ha la sua base nel nichilismo non riconosciuto che attanaglia le giovani generazioni. O per dirla con le parole di Gionata “Se tuo figlio spaccia è colpa di Sfera Ebbasta, non di tutto quello che gli manca”. La trap, pur senza avere spesso il minimo intento di denuncia e/o critica, racconta una realtà che, per quanto squallida, resta tale. Essa non plasma la realtà, la riflette ed è ingenuo pensare il contrario.
Dopo Sanremo, con il suo singolo “Rolls Royce”, anche il trapper Achille Lauro è stato interessato da accuse come l’istigazione alla tossicodipendenza e la glorificazione di uno stile di vita distruttivo. Un allarmismo dovuto alla ricerca di un capro espiatorio al quale addossare le “colpe” di una società e della direzione che essa ha intrapreso, verso il materialismo più sfrenato. Una velocissima Rolls Royce, che sfreccia sul nichilismo, verso un orizzonte tutto edonista, mentre, alla radio, suona “Rockstar“, di Sfera Ebbasta.