La violenza è connaturata nell’uomo o possiamo farne a meno? Da Hobbes ad Arendt, ripercorriamo le tappe del pensiero a riguardo con una delle bandiere della cultura pop moderna: Grand Theft Auto.
Ogni videogioco targato Rockstar nell’immaginario comune ha una valenza maggiore rispetto agli altri. Soprattutto Grand Theft Auto, che negli anni ha finito per essere La Mecca per tutti gli appassionati del settore.Il titolo ha conquistato i cuori e le console dei videogiocatori di tutto il globo non solo da un punto di vista prettamente tecnico e artistico, poiché il marchio americano ha sempre innovato grafiche e gameplay, ma anche da un punto di vista umano e filosofico. Che cosa, in GTA, ci da quell’entusiasmo travolgente per giocare?
La fuga dalle regole fra paradosso e verosimiglianza
L’universo di GTA ha la struttura formale del romanzo storico: un contesto che permette di ricostruire fedelmente luoghi, usi e costumi dell’epoca in cui è ambientata la storia (ambito in cui Rockstar eccelle) inserendovi situazioni, fatti e personaggi fittizi. In ogni capitolo, le vicende riguardano scontri, rapporti di potere e alleanze tra clan criminali, di tutti i livelli, dal politico corrotto al delinquente di quartiere, in cui i protagonisti vengono visti scalare le gerarchie criminali che li circondano. L’immaginario contestuale è allo stesso tempo paradossale e realistico. Sappiamo benissimo che ogni crimine commesso, ogni abuso mostrato sono realtà esistenti, eppure in maniera comprensibile, ognuno di noi ne starebbe lontano. O forse no. Perché in effetti, GTA trova il suo punto di forza proprio nella fuga rivoluzionaria dalle regole, che ogni giorno siamo disposti ad accettare, o siamo obbligati a seguire per la salvaguardia della comunità. La visione della civiltà moderna deriva fortemente dalla filosofia di Thomas Hobbes, pensatore britannico vissuto tra il 1588 e il 1679, che attraverso due principali opere quali il De Cive e il Leviatano (rispettivamente pubblicati nel 1642 e 1651) ha gettato le basi per la costituzione dello Stato moderno. L’idea che sta alla base del pensiero di Hobbes è che l’uomo sia per natura violento. Lo stato di natura nella concezione hobbesiana è quello di una condizione di guerra perenne, in cui la violenza è all’ordine del giorno, in cui si uccide per primeggiare. La legge del più forte regna, pesce grande mangia pesce piccolo, Homo Homini Lupus. L’uomo a quel punto, capendo che la totale libertà è un’arma a doppio taglio, poiché se si può uccidere si può anche essere uccisi, decide di stipulare con i propri simili un contratto sociale, in cui è imposta la cessione della libertà a un potere autoritario in cambio di protezione. Ciò che quindi secondo Hobbes sta alla base della civiltà e dello Stato è la rimozione forzata della libertà, per evitare ciò che egli chiama il male maggiore, cioè la morte. Un’idea che condivide anche Freud, che in Totem e tabù e Psicologia delle masse e analisi dell’Io spiega che la civiltà è una conquista molto dolorosa, poiché la rinuncia ad azioni che per natura siamo portati a commettere genera nevrosi e inquietudine interiore. GTA alla luce di questo può essere considerata come una valvola di sfogo per ciò di cui parlano Hobbes e Freud? In effetti, il contesto realistico in cui si muove il videogioco, unito alle azioni illegali e immorali che ci è consentito commettere, costituiscono per noi videogiocatori la fuga dalle regole che ci creano inquietudine, perché in fin dei conti consideriamo, seppur inconsciamente, il semaforo rosso e il codice della strada come qualcosa di irritante e autoritario. Nel gioco, possiamo tranquillamente commettere le azioni che ogni giorno magari commetteremmo (e non si parla di rapinare una banca, ma anche ‘semplicemente’ per infrangere le regole della strada) ma che la legge, la punizione per averle infrante e il buonsenso ci impediscono di fare.
La natura della violenza secondo Arendt e Agostino. Il valore della scelta
Dobbiamo dare per buono ciò che sosteneva Hobbes? Ovvero che l’uomo sia per natura lupus per gli altri uomini? In effetti non c’è traccia storica di uno ‘stato di natura’. Prima dello stato moderno, sin dai tempi del paleolitico, la società era organizzata diversamente, ma non faceva a meno di avere gerarchie e ruoli. Non esisterebbe dunque storicamente un momento in cui siamo passati dallo stato di natura alla civiltà, anzi: la civiltà E’ lo stato di natura. Ma se l’uomo è per natura buono e socievole, come già sosteneva Aristotele, allora perché commettiamo violenza? Perché ci piace giocare a GTA? Hannah Arendt, nel celebre saggio Sulla violenza, scrive: ””La violenza è per natura strumentale, e come tutti i mezzi, ha sempre bisogno di una guida e di una giustificazione per giungere al fine che persegue. E ciò che ha bisogno di una giustificazione non può essere la sostanza di niente”. La violenza dunque, non è, come sosteneva Hobbes, sostanziale nell’uomo, non è costitutiva, ma è uno strumento. Ogni strumento per avere senso ha bisogno di essere usato, quindi la violenza esiste nel momento in cui c’è un individuo che la pratica, che agisce, non esiste in generale, non è una sostanza, ma un’azione. L’impulso ad agire violentemente è sicuramente costitutivo dell’essere umano, ma a quel punto subentra la ragione a frenare o ad assecondare tale impulso. Deve esserci una scelta cosciente, che ci dica che la violenza è in quel caso la strada più efficace. Agostino da Ippona ebbe la grande intuizione di definire l’origine del male a partire dal libero arbitrio. Ammesso che il male è assenza di bene, e quindi mancanza di sostanza, l’uomo può anche non essere malvagio per natura, ma il libero arbitrio gli permette di allontanarsi persino dalla nostra sostanziale necessità. Il leone non può fare a meno di combattere per il primato nel branco, perché non sceglie. Stando a questa visione del mondo, la violenza è una scelta, non è necessariamente parte dell’uomo, e in GTA troviamo il salvacondotto che cerchiamo, ovvero poter scegliere contrariamente a quelle che sono le regole e le imposizioni.
La distruzione della responsabilità.
Scegliendo ci assumiamo certamente delle responsabilità. La responsabilità è molto difficile da definire. Secondo Hobbes sarebbe un’astrazione coercitiva per la punizione ad eventuali trasgressioni, per Emmanuel Levinas, che non a caso definisce l’etica ‘filosofia prima’, la responsabilità è un fattore capitale nell’esistenza umana, tanto da suggerire l’idea di una responsabilità esistenziale per cui ogni uomo è responsabile per il male nel mondo, anche per quello non commesso da lui. Sono idee estreme, ma nemmeno troppo lontane da noi. Immaginiamo la massa di notizie che ci arrivano ogni giorno. Tutti fatti che calzerebbero alla perfezione in una sceneggiatura di GTA. Ebbene, questo rivoluzionario titolo, da al videogiocatore di assecondare l’impulso violento contro persone, oggetti e ambiente (esistono missioni in cui l’obbiettivo è l’affondamento di una nave o l’incendio di edifici) in totale libertà, e soprattutto senza che sopraggiunga mai il senso di responsabilità. Il giocatore è libero di scegliere, e la scelta violenta si paga solamente nel gioco, dove ovviamente vigono regole diverse dal reale. Se si muore in GTA, si paga semplicemente una piccola retta all’ospedale cittadino per venire riportati in vita, e si può iniziare da capo, senza alcun malus. La mancanza totale di una reale punizione, di una vera e propria responsabilità per il male commesso, ci da la fuga dalla realtà che quotidianamente cerchiamo, e soprattutto lo sfogo a quell’inspiegabile fascino che proviamo di fronte al male. Un azione attiva, come la definisce Arendt, ma senza sensi di colpa. E’ questo che quindi GTA offre, è questo in cui ci vogliamo rifugiare, perché nessuno è il cattivo, ma forse tutti vorremmo esserlo.
Marco Braconi.