‘Io e la mia ossessione’: un programma che potrebbero condurre Capitan Uncino e Emma Bovary

Ossessione è qualcosa di maggiore di passione, di più malato ed incombente. Ossessione indica una continua e spasmodica ricerca di un qualcosa che si vuole avere ad ogni costo e che quasi si sente già come proprio. Può trattarsi di una persona, di un oggetto, o di una ‘figura mentale’ suggerisce anche il dizionario Treccani. I motivi, così come gli oggetti, possono essere poi molti: dall’amore, anche se in una forma assolutamente errata e mal compresa, la vendetta, il desiderio di conquista…

L’ossessione raramente porta a qualcosa di buono. Al contrario è spesso pericolosa e fatale

Proprio perché si tratta di un tema molto versatile e, a suo modo, affascinante (permette infatti di andare ad indagare maggiormente nella parte oscura della psiche umana), è un soggetto molto amato nelle opere di ogni sorta. Dalla letteratura al cinema, dai fumetti ai cartoni animati… avere un protagonista -o un villain- preda delle propria ossessione ha fatto gola a molti. Esempi sono infatti la storia dell’eterno bambino Peter Pan, o il romanzo francese ‘Madame Bovary’.

 

Capitan Uncino e il coccodrillo

In ‘Peter Pan’ quasi tutti i personaggi rincorrono un’ossessione. Peter, per esempio, non vorrebbe mai crescere e diventare adulto. Ogni sua azione è volta a rimanere quell’eterno bambino quale è. Neanche l’amore per Wendy riesce a fargli cambiare idea, tanto che la ragazza si rende conto dell’assurdità della situazione e decide di crescere come è naturale che sia, abbandonando Peter sull’Isola che non c’è. Ma ancora peggiore di Peter è la sua nemesi: Capitan Uncino.

Uncino è il capitano dei pirati che scorrazzano tranquilli nei mari dell’isola alla seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino. Accompagnato dalla sua ciurma e dal suo fedele sottoposto Spugna, cerca in ogni modo possibile la vendetta sull’eterno bambino. Peter Pan, durante uno scontro, gli aveva infatti tagliato la mano e l’aveva gettata in pasto ad un coccodrillo che, da allora, non ha altro desiderio che terminare il suo banchetto. Questo dettaglio, se ci si pensa, fa anche dell’animale una preda dell’ossessione. Preceduto dal ticchettio della sveglia che aveva mangiato insieme alla mano, il coccodrillo segue costantemente la Jolly Roger, cedendo anch’esso al suo immenso desiderio di mangiare il capitano dei pirati.

Capitan Uncino che scappa dal coccodrillo

Ma tornando ad Uncino, questa ossessione per Peter Pan è l’unico motore che guida il capitano. Le scorribande, i rapimenti e tutte le azioni ignobili che compie con la sua ciurma sono indirizzate alla cattura e allo scontro con Peter. Non è più questione di malefatte in pieno stile piratesco, bensì una lotta personale con il proprio aguzzino. Come la maggior parte delle ossessioni, anche questa non porta a nulla di buono per l’ossessionato. Alla fine infatti Uncino, in un disperato tentativo di compiere quella famigerata vendetta, cade in mare e si condanna così ad una fuga continua dal famigerato coccodrillo. Che esso sia la punizione per la sua ricerca ossessionata? Forse anche in ‘Peter Pan’ funziona la legge del contrappasso di Dante: un’ossessione per un’ossessione.

 

Emma Bovary ed il sogno romantico

Ma anche Emma Bovary aveva un sogno. Forse infantile. Forse incomprensibile. O forse anche fin troppo desiderabile. Emma non si era mai accontentata della sua vita di provincia, per quanto borghese potesse essere. Emma voleva castelli, un cavaliere senza macchia che la salvasse dal drago. Emma voleva l’avventura, la bellezza, il sublime. Emma viveva con occhi romantici un mondo fin troppo quotidiano. Un marito semplice, uno fra tanti. Non un uomo che ti porta in carrozza per le strade della città tutta la notte percorrendo ogni via. Bensì un uomo che a scuola era il figlio del contadino, con il cappello buffo e differente. Forse un bel sogno, sì. Ma un bel sogno che per Emma Bovary altro non è diventato che una opprimente e fatale ossessione.

Charles Bovary sul letto di morte della moglie in un’illustrazione di Charles Léandre

Emma è la protagonista del romanzo ‘Madame Bovary’ di Flaubert, una delle più grandi opere realiste della letteratura mondiale. La protagonista è appunto Emma, una giovane sposata al medico Charles, un benestante di provincia con un carattere quotidiano ed eccessivamente nella norma. Nonostante le attenzioni che il marito le riserva, questo per Emma non è abbastanza. La ragazza è infatti cresciuta leggendo libri Romantici, con eroi che combattono la noia con l’avventura, figure che ricercano il sublime in ogni dove e che di certo non vivevano una monotona vita in campagna. Questa scontentezza si rivela in una vera e propria ossessione per un’esistenza romantica, che porta la protagonista a commettere adulterio e, alla fine, ad avvelenarsi. Piuttosto che una vita all’insegna della Noia, Emma sceglie una morte penosa.

Una convulsione l’abbatté sul letto, tutti le si fecero vicini. Emma aveva cessato di esistere.

Così termina non la vita, ma l’esistenza della donna. Frasi brevi e quasi sbrigative, non proprio nel solito stile del romanziere. Emma non solo cessa di vivere, ma addirittura di esistere. Questo è quello a cui l’ossessione l’ha portata: un essere inesistente, un fantoccio preda dei propri sogni distruttori che sovrastano la realtà e la dominano, tanto da divenire insopportabili se assenti. Una lezione cruda e pesante che insegna l’importanza della pur sottile linea tra finzione e realtà, tra progetto e malattia, tra sogno ed ossessione.

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