Il prezzo della libertà simboleggiato dalla morte di Giordano Bruno e dalla vita di Faber

Quanto costa la libertà e quanto si è disposti a sacrificarla?

 

La libertà è la condizione essenziale per vivere una vita felice. Questo lo sapevano bene due uomini: Giordano Bruno e Fabrizio De Andrè, vissuti in epoche totalmente diverse ma che probabilmente avrebbero saputo di cosa parlare.

GIORDANO BRUNO, IL FILOSOFO DELLA LIBERTÀ ARSO AL ROGO PER DIFENDERLA

Il filosofo nacque nel 1548 a Nola, entrò nell’ordine dei Domenicani per potersi dedicare agli studi filosofici godendo di condizioni di sicurezza certamente privilegiate, ma ben presto iniziò a detestare l’ambiente ecclesiastico. Questo lo portò a lasciare la sua città natale per girare l’Europa, giungendo anche in Spagna per incontrare Raimondo Lullo, autore dell’ars combinatoria che consentiva di combinare concetti e crearne di nuovi.

Bruno attraverso la conoscenza di quest’opera divenne esperto di mnemotecnica, consistente in un insieme di regole per memorizzare in maniera più veloce le informazioni più complicate da ricordare.

Molte delle tesi che il pensatore espresse suscitarono l’indignazione e la preoccupazione della Chiesa.

Bruno infatti era un fervente sostenitore di Copernico, il quale aveva scardinato la credenza secondo la quale al centro del mondo celeste ci fosse la Terra, andando chiaramente a contrastare quanto sostenuto dalla Bibbia.

Inoltre il nostro filosofo della libertà era convinto che l’uomo fosse il co-creatore del mondo: il suo compito è quello di perfezionare la creazione divina.

L’uomo è materia, coincide con Dio e riesce a manipolare se stesso e tutta la creazione. Questa potenza viene affidata all’uomo dall’intelletto e dalla mano: il primo pensa e la seconda agisce. Qualunque cosa prodotta dalla manipolazione è concepita come divina.

Ne “Gli eroici furori“, dialogo con riferimenti neoplatonici, Bruno afferma che lo scopo dell’uomo è quello di diventare natura, quindi conoscerla.

Questo concetto viene spiegato con il mito di Atteone, un cacciatore dotato di armi e segugi che giunge nella foresta per cacciare e avvista un cervo. Lo segue ma si imbatte in Diana, la dea della caccia, che lo trasforma proprio nell’animale che voleva uccidere.

Atteone non è altro che la figura del filosofo, le armi sono la ragione e la fede, i segugi simboleggiano la passione che non si affievolisce mai, mentre la selva rappresenta la realtà e il cervo la verità.

Diana è esattamente la verità che trasforma il filosofo. Questa metamorfosi sta a spiegare che l’uomo diventa libero nel momento in cui si fonde con la natura.
Per questo motivo Bruno viene accusato di essere un panteista.

Un’altra tesi espressa dal filosofo, che fece andare su tutte le furie la Chiesa, riguarda la molteplicità di pianeti nei quali possono trovarsi diverse forme di vita. Per Bruno non c’è motivo di pensare che la Terra sia il pianeta privilegiato.

 

Fonte: il dito nell'occhio, associazione culturale

IL RAPPORTO OSCURO FRA GIORDANO BRUNO E LA SANTA CHIESA ROMANA

È importante dedicare un paragrafo all’esamina dei rapporti fra il cosiddetto “filosofo della libertà” e la Santa Chiesa Romana.
Giordano Bruno era convinto che la filosofia fosse di gran lunga preferibile alle classiche confessioni religiose.
Cristianesimo, Islam ed ebraismo sono semplicemente un insieme di precetti e regole istituite per tenere al proprio posto il popolo, favorendo il potere dei potenti.
Il sapere filosofico invece è un altro tipo di religione, quella dei dotti e dei sapienti, che consegna il potere ai poeti, filosofi, artisti e pensatori.
Questa è la soluzione giusta per permettere una corretta amministrazione della città, un po’ alla stregua di ciò che proponeva Platone nella sua opera “La Repubblica”.

Bruno considera fondamentale avere tolleranza per chiunque, ma l’istituzione ecclesiastica non si trova esattamente d’accordo.

Sostenere con vigore le proprie credenze porta il filosofo ad essere condannato a morte.
È definito eretico, scandaloso e traditore.

Viene lui proposto di abiurare, di fare un passo indietro per evitare una morte annunciata pronta a compiersi…
Giordano Bruno non indietreggia di un millimetro, perché non è disposto a sacrificare la sua libertà di pensiero per nulla al mondo, neanche per salvarsi da un destino crudele.

“ Non devo né voglio pentirmi, non ho di che pentirmi e non so di che cosa mi debba pentire.”

Questa la risposta che il filosofo diede a chi gli suggerì di abiurare.
La convinzione di non doversi redimere gli costò la vita: venne arso vivo a Campo de’ Fiori il 17 febbraio del 1600.

“ La libertà di pensiero è più forte della tracotanza del potere.”

Questo, del resto, è il modus vivendi di un vero filosofo, di uno schiavo del sapere e non delle istituzioni.

FABRIZIO DE ANDRÈ E L’INNO ALLA LIBERTÀ DEL  “SUONATORE JONES”

Quando parliamo del grande cantautore Fabrizio De André, il primo aggettivo che ci viene in mente per definirlo è proprio quello di “libero”.

Anche conosciuto come il poeta degli sconfitti e il cantautore degli emarginati, l’immenso Faber ci ha lasciato in eredità dei brani che narrano storie di personaggi alle volte sfortunati e incompresi, criticando la morale del suo tempo.

C’è però un d0lcissimo brano che si intitola “Il suonatore Jones”, posto a conclusione dell’album “Non all’amore non al denaro né al cielo”, nel quale il cantautore ci racconta la storia di un musicista che vive ardentemente e con passione la vita che ha scelto.

Jones è infatti un uomo che decide spontaneamente di rinunciare alle sue ricchezze e al suo lavoro di coltivatore di terre per potersi dedicare totalmente alla sua musica.

Questa scelta lo porta a vivere in uno stato di grande povertà, ma al momento di salutare per sempre la vita terrena si compiace di non aver avuto alcun rimpianto.

” Libertà l’ho vista svegliarsi
Ogni volta che ho suonato
Per un fruscio di ragazze
A un ballo
Per un compagno ubriaco “.

Jones prova un senso di libertà solamente quando si trova a suonare nelle piazze, quindi si domanda quale sia il senso di continuare a coltivare la terra, vivendo una vita infelice e priva di soddisfazione.

” Finii con i campi alle ortiche
Finii con un flauto spezzato
E un ridere rauco
E ricordi tanti
E nemmeno un rimpianto “.

Con la conclusione di questa dolce e malinconica storia, riconosciamo la fortuna di poter decidere della nostra vita perché nati dalla parte giusta e fortunata del mondo.

In un’epoca come quella del filosofo Giordano Bruno non era affatto possibile esprimere le proprie idee liberamente senza andare incontro a pesantissime conseguenze.

Oggi fortunatamente in Italia abbiamo la possibilità di opporci quando non condividiamo le decisioni prese dai politici che governano il nostro Paese e abbiamo il dovere di farlo, grazie alla nostra Costituzione che tutela il diritto di espressione.

Onoriamo ogni giorno la possibilità che abbiamo e facciamo sentire sempre le nostre voci…

La libertà non è star sopra un albero,

non è neanche il volo di un moscone,

Libertà non è uno spazio libero,

Libertà è partecipazione!

Aveva proprio ragione Giorgio Gaber, pensatore e cantautore visionario.

Buon esercizio di libertà, ne abbiamo davvero bisogno.

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