Il negazionismo attraverso l’egocentrismo della paura: temiamo solo ciò che affrontiamo

Riflessioni sulla natura del negazionismo, attraverso il concetto di egocentrismo della paura e il trattato de la “Critica della ragione pura” di Immanuel Kant.

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Alle prese con l’attuale pandemia di COVID-19, l’Italia, così come il mondo in toto, ha avuto l’ennesima occasione per manifestarsi in alcuni dei suoi aspetti più beceri, quello del negazionismo. Per quanto ogni corrente di pensiero sia valida, almeno fin quando questa rimanga ferma sul suo piano ideologico e non pratico, e la libertà di pensiero sia uno dei nostri diritti fondamentali, talvolta l’abuso di pensiero in ambienti che non ci competono può avere risultati decisamente deleteri. Questo è il caso del negazionismo del covid, una lotta ideologica contro un male assolutamente pratico, un Don Quijote dell’analfabetismo funzionale che carica dei mulini a vento che tanto ricordano delle antenne 5G.

Il Negazionismo

Il Negazionismo è una corrente pseudostorica o pseudoscientifica, che consiste in un atteggiamento storico politico, o per l’appunto scientifico, il quale nega contro ogni evidenza il fatto preso in questione, utilizzando fini ideologico-politici. Le nature di tale attitudine sono molteplici, e su tutte quella del complottismo la fa da padrona. Dietro a fenomeni di natura negativa, quale può essere appunto una pandemia, si ci scaglia arditamente con il tentativo di smascherare presunti poteri forti che tramite tali danni su larga scala traggono arricchimento e maggiore controllo sulla popolazione. Ma dietro a quelle che per chiunque possa vantare nella sua libreria almeno due volumi sembrano fiabe, si nasconde come detto pocanzi una realtà decisamente più “privata”. Di questi termini si potrebbe dibattere molto più di quanto mi è concesso in queste righe, si potrebbe riflettere sul come intraprendere una forma di ribellione fantasiosa faccia stare più serena la coscienza di chi non ha il coraggio di ribellarsi ai veri nemici e problemi che ci affliggono, di come tale atteggiamento sia rappresentazione pura e triste d’un livello di istruzione non sufficiente, e via discorrendo. In questa sede è però nostro interesse soffermarci sul come siamo più inclini a sottovalutare quei mali che non ci tangono direttamente.

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La Critica della ragione pura

Analogamente ai molteplici spunti di riflessione offerti dal negazionismo, della “Critica della ragione pura” si potrebbe trattare a non finire. Il piccolissimo spezzone che ci interessa al fine della nostra discussione è però sicuramente più breve, Nella “Critica della ragione pura” Kant aveva trattato della giustificazione dei giudizi scientifici ridando fondamento teorico al rapporto di causa-effetto in virtù del quale la natura arrivava a presentarsi a noi determinata secondo necessità. L’uomo dunque, se agente sulla natura, si sottopone automaticamente a leggi casuali. Questo però inizia a mutare all’interno della “Critica della ragione pratica”, là dove l’uomo, agendo moralmente, tende ad acquisire una crescente libertà. Sunto Kantiano di tale incontro di condizioni è “Giudizio riflettente”, che va a manifestarsi appunto come soggetto che riflette la sua realtà interna su quella esterna. Su questo ultimo punto potremmo dunque intendere che il precedentemente trattato negazionismo altro non è che il riflesso di paure interne, dunque potenzialmente irrazionali, manifestatosi all’esterno nella sua forma più pura. Temendo io che il mondo possa essere così fuori dalla mia portata e dal mio controllo, inizio a visionare tale paura in modo reale, concreto, diventando vittima della mia irrazionalità, e vedendo la stessa in ciò che dovrebbe invece essere razionale.

L’egocentrismo della paura

Ma se abbiamo grossolanamente tentato di dare una spiegazione a questa corrente negazionista che sembra farsi sempre più forte e presente, come spiegarci una così forte noncuranza dei fatti così palesi? Il virus c’è, ed ha tolto la vita a migliaia di persone, com’è possibile che si possa negare addirittura questo? La risposta è semplice, noi temiamo soltanto ciò che ci affligge direttamente. Così come Krebs affermava che noi possiamo conoscere soltanto in virtù d’un qualcosa di giù conosciuto, ad esempio conoscere il mare tramite l’acqua e via discorrendo, è possibile immaginare che possiamo anche temere solo ciò che ci ha già fatto del male. A farci paura non è la cosa in se, ma il nostro rapporto con la cosa, noi non temiamo effettivamente il cane, ma che rapportandosi con noi il cane possa morderci. E’ così come chi non è mai stato morso non ha alcun problema a passare vicino ad un cane indipendentemente la stazza dello stesso, così chi non ha mai sofferto a causa del virus non si fa alcun problema a girare tra la gente privo di mascherina o qualsivoglia precauzione. Riusciamo ad esser poco saggi anche nel timore, arrivando a temere il male quando questo è alla porta, e ripudiandolo finché questo non suoni effettivamente il campanello. Ci è più facile per assurdo attaccare un nemico immaginario che difenderci da un male concreto che ci troviamo ad affrontare, e questo perché là dove la realtà sembra essere troppo opprimente l’uomo preferisce rifugiarsi nella fantasia, e combattere fieramente un nemico inesistete, piuttosto che farsi sufficiente coraggio al fine di poter denunciare realmente il male più grande, che spesso è assolutamente visibile.

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