Il “mostro horror” è da sempre nell’immaginario umano come rappresentazione delle proprie paure.
Il suo concetto si è evoluto nel corso degli anni andando a riflettere le inquietudini delle epoche storiche e sociali rappresentate.
Il mostro
Il genere Horror è sicuramente uno dei più fruiti dai giovani anche se buona parte dei film contemporanei mancano di un certo spessore. Nonostante ciò, il cinema Horror ha dimostrato di poter ancora dire la sua, con nuovi mezzi e modi di raccontare. Emergono sicuramente i nuovi talenti di Robert Eggers (“The witch” e “The Lighthouse”) e Jordan Peele (“Get out” e “Us”), passando per il più canonico ma comunque straordinario “Babadook”, l’atipico “Il sacrificio del cervo sacro” fino al remake, secondo me bellissimo, di “Suspiria” di Luca Guadagnino. Come tutti i generi anche l’Horror è in continua evoluzione e possiamo vedere uno dei primi step ne “Gli Uccelli” di Sir Alfred Hitchcock. Il mostro, che fino ad allora era un qualcosa di soprannaturale e terrificante, qui è rappresentato da teneri uccellini che senza un apparente motivo decidono di attaccare la popolazione. Si passa dagli anni 30 in cui dominavano Frankenstein e Dracula, figli della grande depressione che attanagliava l’America, al periodo post bomba atomica, in cui si cominciano a rappresentare creature familiari ma fortemente modificate come insetti e rettili giganti: ecco presentarsi la rivolta della natura contro l’uomo; la causa dei mali che prima si combatteva, diventa proprio l’uomo stesso. Il mostro è ancora un modo di esorcizzare le proprie paure, sconfiggendolo nel film si dà dimostrazione della propria forza, ed è per questo che il genere ha sempre avuto un grande successo. I film di mostri riflettono l’epoca in cui sono girati, infatti l’espressionismo tedesco, che ha dato vita a capolavori dell’horror come “Nosferatu” e “Il gabinetto del dottor Caligari”, rappresentava le inquietudini del popolo tedesco nel primo dopoguerra e quel malcontento che portò alla formazione del Terzo Reich.
Gli uccelli
Dopo l’incredibile successo di “Psycho” Alfred Hitchcock decide di rivoluzionare un altro genere cinematografico, l’horror e la concezione del “mostro” come simbolo delle paure e inquietudini umane. “Gli uccelli” parla della giovane e ricca Melania Daniels che passa un weekend a Bodega Bay per consegnare una coppia di pappagalli (gli inseparabili) a Mitch Brenner, un avvocato con il quale ha un rapporto piuttosto burrascoso. Sul posto cominceranno a verificarsi attacchi coordinati da parte di stormi di uccelli alla popolazione della tranquilla cittadina. La ragazza, inizialmente intenzionata a tornare a casa, affezionatasi all’uomo e alla sua sorellina, decide di restare. Hitchcock non svelerà mai il motivo degli attacchi da parte dei volatili, ma non è questo il punto focale del film. Il regista inglese decide di stravolgere la figura del mostro abbandonando i vari esseri spaventosi e di fantasia mostrando come fonte principale di pericolo degli innocui uccellini (grande passione del regista). I grandi horror non sono mai fine a sé stessi e spesso trattano temi più profondi per raccontare tratti nascosti dell’animo umano. “Gli Uccelli” in particolare scava nei rapporti e nelle relazioni umane. Le situazioni di pericolo mettono in crisi i rapporti tra i personaggi (spesso già precari) mettendone in luce le dinamiche, per esempio c’è tensione tra la madre di Mitch, gelosa del figlio, e la protagonista, la donna ha paura che possa portarle via il figlio che si occupa di lei dopo la morte del marito. I momenti di massima gelosia coincidono con gli attacchi degli uccelli, il regista ci sta comunicando che se manca l’armonia tra umani, anche la natura sarà disarmonica. Allo stesso tempo ciò causa la crisi tra i personaggi. Basti pensare ad altri film come “La cosa” in cui il mostro è solo un pretesto per mostrare i vari caratteri dei personaggi e la natura dei loro rapporti. Ma a differenza degli Horror tradizionali, in cui la vittoria umana sul mostro ristabilisce l’ordine, nel suo film Hitchcock lascia un finale aperto e ambiguo. Non c’è un vincitore, ma solo pace. Gli uccelli si fermano proprio quando i personaggi trovano coesione e armonia tra loro. Non è un caso che nel finale, in fuga nell’auto, Melania ferita sia distesa tra le braccia della madre di Mitch e che venga inquadrato un dettaglio della sua mano che le stringe il polso seguito da uno scambio di sguardi di comprensione e amore.
L’influenza del Maestro
Hitchcock è uno di quei registi, al pari di Orson Welles, di fondamentale importanza per la produzione cinematografica successiva. Si potrebbe dire che ogni film successivo ai loro capolavori quali “Quarto potere”, “Psycho” e “Gli uccelli” riprenda qualcosa da loro. Che si tratti di temi, espedienti narrativi e anche singole inquadrature, la sua influenza ha cambiato la storia del cinema. Non a caso i registi della Nouvelle Vague lo prendevano come punto di riferimento, e Truffaut dedicò un libro-intervista al suo genio. Partendo da Psycho, nel quale fa morire la protagonista a metà film, fino all’uso di situazioni ed elementi comuni resi inquietanti per mostrare i caratteri più profondi del comportamento umano, Hitchcock per primo rivoluziona il genere horror e thriller. Egli non ricerca più il fine di spaventare il pubblico ma lo induce a riflettere sulle emozioni provate durante la visione e a esorcizzare il male che si ha dentro di sé.
E come direbbe il buon Sir Alfred “per stasera è tutto, ci vediamo la prossima settimana, quando torneremo con un’altra storia. Per adesso, buonanotte”.