Emiliano Zapata è stato un rivoluzionario messicano.

Ucciso per le sue idee, ancora oggi Zapata è una figura centrale nella storia della rivoluzione messicana.
La Rivoluzione Messicana
La Rivoluzione Messicana fu movimento armato iniziato nel 1910 per porre fine alla dittatura militare del presidente Porfirio Díaz, e terminato con la promulgazione della costituzione politica degli Stati Uniti Messicani nel 1917, anche se gli scontri armati si siano protratti sino al 1920.
Durante i 35 anni del comando di Porfiriato (dal 1876 al 1911), il Messico registrò una buona crescita economica e una stabilità politica.
Tali risultati, però, furono raggiunti con alti costi economici e sociali pagati dagli stati sociali meno favoriti e dall’opposizione al regime.
Proprio dall’opposizione al regime di Díaz si crearono le origini della Rivoluzione, con le elezioni presidenziali in Messico del 1910, miccia dello scoppio della ribellione.
La Rivoluzione iniziò da elementi dell’élite progressista messicana contro Díaz, e guidati da Francisco Madero e appoggiati militarmente da Pascual Orozco e Pancho Villa.
In Messico vi erano circa 15 milioni di persone.
12 milioni di queste erano peones, braccianti che conducevano una vita difficile fatta di sfruttamento e soprusi.
La rivoluzione si estese alla classe media, ai contadini e alle altre classi lavoratrici coinvolgendo presto tutta la nazione.
Nelle elezioni straordinarie tenute in Messico del 1911, Madero fu eletto con una maggioranza schiacciante come nuovo presidente ed entrò in carica il a novembre.
Dopo la sua uccisione, i gruppi rivoluzionari guidati da Emiliano Zapata occuparono la capitale e sconfissero Victoriano Huerta, generale messicano e causa dell’omicidio di Madero.
Il conflitto armato messicano è spesso considerato il più importante evento sociopolitico avvenuto in Messico e uno dei più grandi sconvolgimenti del XX secolo.
L’evento portò ad un importante programma di riforma dell’organizzazione sociale e si creò il regime politico che per decenni, fino al 2000, guidò il Messico, con riforme economiche liberiste, già iniziate negli anni ‘80.

Emiliano Zapata e la sua lotta
Emiliano Zapata Salazar (Anenecuilco, 8 agosto 1879 – Chinameca, 10 aprile 1919) è stato un rivoluzionario, anarchico, generale e guerrigliero messicano.
Zapata ha rivestito un ruolo centrale nella rivoluzione messicana e della storia del Messico.
L’esordio in politica avviene nel 1909 quando venne eletto sindaco di Anenecuilco.
Zapata appoggiò il candidato dell’opposizione, Patricio Leyva, a ruolo di governatore.
Ma sconfitta del candidato appoggiato da Zapata provocò ad Anenecuilco dure rappresaglie e perdite di terre.
Nel 1910, dopo vari tentativi di risolvere i problemi circa la ridistribuzione delle terre per via legale e istituzionale, Zapata e i suoi cominciarono a occupare e a ridistribuire terre alla popolazione.
Verso la fine del 1910, Zapata iniziò la lotta armata, diventando capo e simbolo della rivoluzione del Sud.
Nel 1911 Emiliano Zapata si confrontò con Francis, Zapata lanciò il Piano di Ayala nella quale erano scritti i suoi principali obiettivi.
Questi riguardavano la ridistribuzione di terre ai contadini nullatenenti, l’espropriazione di latifondi e la nazionalizzazione delle risorse.
Ebbe così inizio una guerra lunga e difficile, prima contro Madero e poi contro altri leader.
Il 15 luglio del 1913, grazie anche alle vittorie di Pancho Villa al nord, Emiliano Zapata costrinse alla fuga Huerta, ancora oggi considerata figura negativa nella storia della rivoluzione.
Le truppe contadine di Villa e Zapata entrarono a Città del Messico inalberando i vessilli della Vergine di Guadalupe, patrona dei popoli indigeni e, in quei giorni, Zapata rifiutò di sedersi sulla poltrona presidenziale dichiarando:
“Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”.
Nel 1915 giovani intellettuali, studenti arrivati da Città del Messico e zapatisti distribuirono terre e promulgarono le leggi per restituire il potere al popolo.
La Comune di Morelos, un’esperienza di democrazia, rappresentò l’apice della rivoluzione zapatista.
Ma l’esperimento zapatista fu di breve durata.
Dopo la sconfitta, Zapata si concentrò sul sud del Messico dove proseguì la guerriglia fino al 10 aprile 1919 quando fu attirato in un’imboscata e assassinato.
La violenza come arma
La violenza come arma contro un potere scomode o idee troppo rivoluzionarie è spesso l’arma più usata.
Che Guevara, Martin Luther King, John Kennedy sono solo alcuni dei nomi che ci ricordano come spesso le idee considerate pericolose per una parte della società vengano stroncate con la violenza più brutale: l’omicidio.
Ecco che quindi le uccisioni entrano a far parte di una vita politica che dovrebbe valorizzare le idee e le innovazioni del pensiero, e non la violenza dell’omicidio che non prevede un confronto ma solo un’eliminazione del “problema” alla radice.
Spesso, quando l’uomo non sa come agire uccide il suo rivale, ma è forse questa la politica?