“Euphoria” e Galimberti ci mostrano come l’amore sia in grado di degenerare

Uno specchio dell’amore nella società attuale. 

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Amore apre un innumerevole vortice di significati che lo hanno da sempre contraddistinto. Nella serie Euphoria riusciamo a scorgerne alcune delle sue forme più regressive e sempre più comuni. 

Denaro e possesso

 Andiamo subito al punto: Euphoria è un viaggio all’interno della dipendenza dalle droghe, della quale sono vittime gli adolescenti e non solo. Ma non è questo il punto sui cui ruota il seguente articolo. Euphoria ha anche altre storie da raccontare, frequenti quanto (se non di più) quella della protagonista, tossicodipendente, Rue. La serie dipinge quelle che Galimberti chiamerebbe le degenerazioni dell’amore, vecchie quanto la storia dell’uomo, ma ancora ben vive e pulsanti. 

Ne troviamo tracce nella vita di Kat, nella relazione di Maddy e Nate, così come nelle scelte del padre di quest’ultimo, Cal. Due degradazioni che Eros (o Amore), tanto piacevole quanto potente, può assumere: riassumibili con le parole denaro e possesso. Siamo abituati a considerare il sesso (una manifestazione dell’amore) sporco, come il denaro, d’altronde. E non è un caso che troviamo i due accoppiarsi spesso. La possessione, invece, è addirittura considerata talvolta sintomo di affetto verso l’altro. Ma l’amore, quando lo si stringe troppo, rischia di soffocare (come Maddy).

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Storie senza persone 

Il denaro entra prepotentemente nella serie tramite i video pornografici con i quali Kat cerca un riscatto sociale, tramite la prostituzione alla quale Cal attinge per esprimere il suo lato omosessuale nascosto. Relazioni e sentimenti che diventano merce. Persone che perdono ciò che li contraddistingue (l’individualità) piuttosto che rischiare di metterla in gioco. Significa non concedersi all’amore per evitarne i lati più spinosi, non dare se stessi per evitare di perdersi, senza accorgersi che ci si è già persi. Così Kat mostra il proprio corpo senza mostrare la propria intimità,  simboleggiando quel circolo fra denaro e sporcizia al quale abbiamo legato erroneamente il sesso. Così Cal deve recitare la parte di padre modello in pubblico e contemporaneamente nascondere i filmati delle sue “scappatelle”. 

Se per Galimberti Amore è un incontro “con l’altra parte di noi stessi”, che può emergere solo avendo il coraggio di lasciarsi andare al compagno o alla compagna, significa che abbiamo legato tanto a lui quanto al sesso caratteristiche che non appartengono loro: impersonalità e… possesso.  

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Un finto controllo

Maddy e Nate sembrano una coppia speciale. Nonostante tantissimi problemi, alla fine sembrano fatti l’uno per l’altra. In realtà, sono l’esempio di relazioni sempre più frequenti in grado di invadere i limiti dell’altro: non per poterlo conoscere, non per poterne apprezzare pregi e difetti, ma per esercitarne controllo. E non è un caso che sia stata spesso la violenza lo sbocco di questo rapporto. 

Galimberti cita Nietzsche quando dice che l’amore come possesso non è altro che “il desiderio di potenza assoluto su di una persona”: avere controllo su qualcun altro porta ad accrescere la stima che si ha di sé, significa tentare di colmare il proprio vuoto interiore, scambiando per intimità quello che in realtà si chiama egoismo. Che di per sé, cercare di ricomporre le proprie fratture non è sbagliato, anzi: per Platone, Eros rappresenta il tentativo di recuperare ciò che manca, di riconnettersi alla vita e al proprio sé in maniera più profonda rispetto alla quotidianità. Ma Nate usa la relazione per allontanarsi dagli abissi di se stesso, nutrendo più l’immagine che dà di sé piuttosto che lasciare che emerga la propria interiorità. Così cerca di difendere quell’io che si è costruito per apparenza (il figo sportivo della scuola), per poi esplodere quando le cose sfuggono di mano: come la sua, che lascia un’impronta viola e dolorante sul collo di Maddy.

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Il coraggio di aprirsi 

Alla fine, notiamo che esiste un filo conduttore fra tutte queste storie: il tentativo di proteggere la propria intimità per evitare di compromettersi, di esporsi facendosi del male. É lo sforzo di rendere freddo e impersonale un demone come Amore che chiama a sé i nostri lati più nascosti, che ci chiede in sacrificio un po’ di sicurezza e stabilità in cambio di sprazzi di felicità. 

Se Eros è il coraggio di aprirsi alle profondità di se stessi tramite l’incontro con l’altro, il possesso è il tentativo di frenare questo processo. Perché tutto ciò che tenta di bloccare e ingabbiare questo flusso impedisce l’apertura, la rinascita, che è quello che Amore vuole da noi: un viaggio nell’altro dove scoprire nuovi lati di se stessi, grazie ai quali riconnettersi alla vita in maniera nuova, diversa. Scrive Galimberti:

“Amore è solo la chiave che ci apre le porte della nostra vita emotiva di cui ci illudiamo di avere il controllo, mentre essa, ingannando la nostra illusione, ci porta per vie e devianze dove, a nostra insaputa, scorre, in modo tortuoso e contraddittorio, la vitalità della nostra esistenza”. 

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