Noi siamo i nostri ricordi. O per meglio dire, noi siamo la nostra memoria a lungo termine. Ciò che sappiamo e quello che abbiamo vissuto può essere sempre facilmente riesumato grazie al fatto che le nostre tracce mnestiche vengono fissate nel nostro stesso cervello: le nostre esperienze lo scolpiscono, letteralmente. Pur essendo fallibile e precaria, è una delle risorse più preziose che abbiamo. E probabilmente è per questo che temiamo così tanto che un giorno qualcuno possa essere in grado di leggerci la mente.

Ognuno di noi, nel privato della propria mente, ha un caveau immenso: la propria memoria a lungo termine. In essa riponiamo, consapevolmente o meno, ogni nostra conoscenza, esperienza, ricordo… e ci dice chi siamo. In psicologia si dice rappresenti il nostro passato psicologico, ed è la chiave di volta della nostra identità. Ciò che vi è contenuto diventa praticamente indelebile, e la sua capacità di immagazzinamento è pressoché infinta, al contrario della memoria a breve termine. Anche per questo presenta numerose sfaccettature, e può essere scomposta in più parti. La prima grande distinzione che possiamo fare consiste nella divisione tra memoria procedurale e dichiarativa.

La memoria procedurale
La memoria procedurale è implicita e ha a che fare con la pratica sistematica che permette di automatizzare un certo tipo di movimento al fine di escluderlo dalla sfera della consapevolezza. Ne è un esempio il guidare: all’inizio questa pratica richiede un’attenzione costante ad ogni elemento della guida (norme stradali, dinamiche di movimento per strada, attenzione alle parti meccaniche della macchina…). Piano piano, poi, questi diventano processi automatici e la nostra attenzione può focalizzarsi esclusivamente sulla strada. Avendo a che fare con aspetti pratici, non può essere vera o falsa. Quando si guida si cambia marcia senza farci neanche più caso, è un semplice dato di fatto.
La memoria dichiarativa: semantica ed episodica
La memoria dichiarativa è invece esplicita, e concerne quel tipo di conoscenze che possono essere espresse, almeno potenzialmente. Può essere divisa ancora in due sottocategorie. La prima è la memoria episodica, che ha una connotazione spazio-temporale egoriferita. Di fatto coincide con i nostri ricordi: quando li riesumiamo diamo loro una precisa coordinata spazio-temporale, un dove e un quando. Hanno sempre a che fare con qualcosa che ci è successo: in un ricordo siamo sempre protagonisti. Questa è quella che ci da consapevolezza di noi stessi. La seconda sottocategoria è quella semantica. Questa al contrario non ha alcuna connotazione spazio-temporale e ha come referente non il soggetto, bensì il mondo. Ha a che fare con le nostre conoscenze, raccogliendo idee, concetti, significati ed elementi astratti. È un tipo di conoscenza noetica che ci da la consapevolezza di sapere.
La creazione di engrammi: le basi cellulari della memoria a lungo termine
Nel 1949 viene pubblicato “L’organizzazione del comportamento“, uno dei lavori più importanti dello psicologo canadese Donald O. Hebb. Venne qui introdotta quella che è passata alla storia come la legge dell’apprendimento hebbiano:”se un neurone A è abbastanza vicino ad un neurone B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i neuroni un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l’efficacia di A nell’eccitare B viene accresciuta“. In altre parole, due neuroni che scaricano insieme si potenziano reciprocamente (What fires together, wires together).

Nel campo della memoria possiamo dire che le esperienze passate si legano al comportamento attuale e creano delle reti neurali che si definiscono engrammi. Questi col tempo vengono a rappresentare nella nostra mente dei particolari concetti, ricordi o oggetti esterni. La cosa straordinaria è che il fatto che siano così saldamente legati permette, con l’attivazione di una sola parte dell’engramma, la scarica da parte degli altri neuroni legati insieme. Per questo in alcuni casi non ci ricordiamo qualcosa, ma anche solo un piccolo dettaglio ci permette di riesumare la conoscenza che pensavamo perduta.
La dinamicità del nostro passato psicologico
Abbiamo detto che la memoria a lungo termine rappresenta il nostro passato psicologico. Per questo i pazienti con sindromi amnesiche vivono in condizioni così tragiche. Molti hanno una scarsissima consapevolezza di sé, non hanno ricordi che li definiscano: vivono in un eterno presente, come il paziente H.M. Ma questo non significa che la memoria a lungo termine non abbia una sua dinamicità: la traccia mnestica è in continua evoluzione. Basti pensare che la sua fissazione ha una prima fase (veloce, di alcune ore), in cui l’ippocampo gioca un ruolo fondamentale, e una seconda fase (lenta, può richiedere anche anni), in cui l’ippocampo comunica con la neocorteccia. Il processo di fissazione di una memoria quasi non ha fine. Per questo il ricordo del nostro primo bacio varia a distanza di 1 minuti, 1 ora, 1 giorno, 1 mese, 1 anno o 10 anni.

Harry Potter e l’incantesimo Legilimens
La possibilità che qualcuno ci legga nella mente è un timore diffusissimo. E a ragion veduta. Per quanto detto sopra, se qualcuno potesse penetrare nella nostra mente e avere accesso alla nostra memoria a lungo termine non solo sarebbe in grado di accedere ai nostri ricordi più intimi, ma sarebbe in grado di avere una consapevolezza di noi stessi pari alla nostra. Potrebbe leggerci come un libro aperto, senza alcuna difficoltà, e averci in suo pugno. E questo era ben chiaro a J.K Rowling quando ha creato il magico mondo di Harry Potter. Due personaggi, all’interno della saga, si distinguono per quanto concerne la lettura delle menti: Lord Voldemort e Severus Piton (Snape per gli anglofili).

Il primo si contraddistingue come uno dei più grandi lettori della mente del mondo dei maghi. Il professore di pozioni invece è abile sia nella Legilimanzia, sia, soprattutto, nell’Occlumanzia, l’arte di chiudere la propria mente ai tentativi di penetrazione. Per questo è proprio lui a cercare di insegnare a Harry a impedire al suo nemico di avere libero accesso alla sua mente. E non è un caso che quando Voldemort si metterà a giocare con la psiche di Harry (ricordiamo in particolare i fatti de “L’ordine della Fenice“), il giovane mago cambi parecchio anche nel suo comportamento e nella percezione di se stesso. Così come i maghi cambiano quando vengono rinchiusi ad Azkaban, luogo dove i Dissennatori provvedono a eliminare ogni ricordo felice dalla mente dei detenuti. In poche parole, ogni alterazione significativa della propria memoria, non può che portare a un cambiamento drastico di chi siamo.