Che il mondo sia costituito da atomi, salvo complottismo da bar, lo abbiamo accettato tutti. La realtà non è come si mostra ai nostri sensi, richiede un’indagine che vada oltre le nostre capacità percettive. Allo stesso modo con cui osserviamo la Natura, se dall’alto di un aereo contemplassimo una fiumana immensa di persone, verremmo ingannati beffardamente dalla nostra vista. La Società umana non è un tutt’uno indivisibile. Anzi, esattamente come in Natura, noi singoli siamo delle parti infinitesimali di un tutto, distinguibili e perfettamente concepibili al di fuori di esso. E per capirlo non si può restare comodamente su un aereo, o vivere tra le nuvole. Serve scendere a livello della materia, toccarla e non più solo contemplarla, dissezionarla ed analizzarla. Più o meno è così che si è affermato l’Atomismo, sia sul piano delle Scienze Naturali, che sul piano Politico.
La nascita dell’Atomismo
L’Atomismo nasce in Grecia dalle menti di Leucippo e Democrito, ma non trova una società che lo potesse accogliere. Democrito viene addirittura deriso da Aristotele: il mondo greco per sua stessa struttura non era pronto ad accettare che la materia non fosse una, ma molteplice. Occorre attendere il Rinascimento: la teoria, viaggiando fuori dalla Scolastica, si diffonde e incontra terreno fertile nel nuovo metodo scientifico. Ma di “metodi scientifici” la scienza ne ha proposti tanti, non sempre felici: uno solo però forse è quello che recide prepotentemente con l’egemonia aristotelica. Il metodo di Cartesio.
Cartesio e il Discorso sul Metodo
Siamo nel 1637: Cartesio pubblica il Discorso sul Metodo. Si assiste d’ora in poi, in Europa, ad una vera e propria rivoluzione filosofica che scardina in poco più di un secolo ogni traccia di Aristotele, che la faceva da padrone nelle Università. Per i Greci l’individuo si dava solo a partire da ciò in cui era ricompreso, ossia a partire dalla polis: non esisteva l’individuo se non si dava un intero a lui preposto. Cartesio ascolta i greci, li studia, sorride, ringrazia, e si volta dall’altra parte. È dall’introspezione dell’individuo, dal dubbio iperbolico, dalla ricerca interiore e dall’esperienza personale che si ricava il tutto. Solo dalla certezza della propria esistenza tramite pensiero si può giungere alla comprensione dell’esistenza di Dio, delle leggi del moto e del mondo intero. L’esistenza di un ordine si comprende e si deduce solo riconoscendo prima se stessi, poi la propria imperfezione, poi la perfezione di Dio, e infine l’infallibilità della ragione. È la nascita del pensiero moderno.
Hobbes e l’atomismo nella società
Thomas Hobbes, contemporaneo di Cartesio, applicherà una delle regole del metodo alla propria riflessione politica. Secondo Descartes un problema andava scomposto nelle sue parti più minute, sorridendo, di fatto, agli atomisti. Hobbes prende la regola, la postula all’analisi politica della società e individua nel singolo la sua problematicità: tutti tendiamo all’autoconservazione. Non c’è ragione che tenga a freno il conatus, l’energia vitale, anzi, la ragione ne è strumento. La società è un compromesso tra individui per non vivere sotto il costante gioco della morte. È l’atomismo della società moderna e contemporanea: tanti atomi si aggregano e formano la materia, tanti uomini si uniscono e formano la società. Tramonta l’ideale di una società armoniosa ed organicistica, nasce il contrasto tra pubblico e privato, si dissolve Kallipolis, lo Stato Ideale di Platone. Freud, che apprezzerà moltissimo sia Cartesio che Hobbes, dirà, nel XX secolo, che la società, per l’uomo, è il male minore. Altro che il bene e la bellezza di Kallipolis: di bello, nella società, non c’è nulla se non la relativa sicurezza che può fornire agli individui.
L’eredità di Cartesio ed Hobbes
Ed oggi? Oggi siamo ancora in piena modernità, che lo si voglia o no: nessun nuovo Cartesio ha appunato una tale rivoluzione. Siamo ancora hobbesiani: malsopportiamo le costrizioni sociali, viviamo dell’Io e della nostra opinione e da essa forgiamo il nostro mondo, tanto vivido quanto distorto. Il simbolo della nostra società è diventato il selfie, nel Rinascimento nasceva il genere pittorico dell’autoritratto, non è cambiato molto, solo i pixel al posto delle pennellate. Porre l’Io e la ragione individuale come fondamento di un sistema universale si è rivelato, con buona pace per Cartesio, fallimentare: l’Io pensante è atomistico, convive con obiettivi particolari, e non tutti pensiamo e agiamo allo stesso modo. Il sistema che Descartes voleva mostrare come universale è crollato proprio perchè instabili e precarie ne erano le fondamenta: finchè ci si baserà sull’Io vivremo sempre nel campo delle opinioni, e l’unica rappresentazione realistica che forse potremo ottenere del mondo sarà il nostro volto in un autoscatto. Che questo sia un bene od un male, poi, spetta all’opinione di ciascuno deciderlo.