Nelle feste adolescenziali, l’alcool viene utilizzato per mettere a tacere la nostra razionalità, ma in questo modo possiamo dire di essere più liberi nell’esprimere noi stessi?
L’uso dell’alcool tra i giovani è molto diffuso, ed è interessante notare che non viene particolarmente usato perché “è buono” ma più che altro come uno strumento per raggiungere quella libidine data dall’irrazionalità.
L’alcool come strumento di fuga
Molto spesso nelle feste adolescenziali, si accompagnano i festeggiamenti con musica e con bevande alcoliche, le quali si prestano a noi molto bene per una riflessione filosofica e sociologica. Infatti è interessante capire sia cosa spinga i giovani a bere, molto spesso anche all’eccesso, sia a cercare di svelare anche tutto “l’alone di mistero” attorno a questa sostanza magica. Prima di tutto non si può cadere nella convinzione comune che durante una festa sia necessario bere, credendo quindi che solo adeguandoci agli altri e allo stile della festa ci si possa divertire. Infatti noi non beviamo perché vediamo gli altri bere, ma piuttosto perché siamo noi che lo vogliamo e questa scelta non deriva dall’aspetto conviviale della festa, ma unicamente dalla nostra volontà di bere. Questo punto molto sottile, si basa sul fatto che quando vediamo gli altri bere, noi non siamo invogliati da questi a bere, ma bensì dall’effetto che l’alcool ha su di loro. Quindi, in ultima analisi, noi vogliamo bere solo per le proprietà che l’alcool possiede e che vediamo già realizzate nei nostri amici. Infatti questa sostanza, viene apprezzata per la sua caratteristica biologica di essere un inibitore delle facoltà razionali e di quelle di percezione della realtà circostante, ed è proprio per questo che viene utilizzato come uno “strumento di fuga dalla realtà.”
La rivalutazione dell’irrazionale
Il filosofo Nietzsche, nella sua opera “la nascita della tragedia”, esprime il suo pensiero riguardo il rapporto nell’arte tra spirito apollineo, rappresentante della razionalità (incarnata nella figura di Socrate) e spirito dionisiaco, rappresentante dell’ebbrezza e del sogno. Trasportando il suo pensiero ad oggi, possiamo comprendere come il filosofo, considererebbe le feste di oggi. Nietzsche ritiene che “lo spirito socratico” o apollineo, sia affermando il primato dell’intelletto sul corpo, sia attraverso il suo moralismo, abbia soffocato l’uomo. Da qui deriva la rivalutazione dello spirito dionisiaco, ovvero quell’impulso che ci consente di avere un rapporto molto stretto con il caos dell’esistenza, nella gioia di vivere, forza e volontà di potenza.
“Ecco che (con lo spirito dionisiaco) lo schiavo è libero, ecco che tutti infrangono le rigide, nemiche barriere, che il bisogno, l’arbitrio, o “la moda insolente ha piantato tra gli uomini.” ( la nascita della tragedia)
Questo è il motivo di fondo per il quale si beve, si cerca di fuggire dalla realtà, dai suoi limiti e dalle sue regole, perché per quella sera si può essere chiunque, ma questa “strada aperta” si può raggiungere solo mettendo a tacere lo spirito apollineo, quindi la razionalità.

Perdere la nostra identità
Questa possibilità che l’alcool ci offre per eliminare le nostre “maschere sociali”, si inserisce però in un problema più ampio e complesso. Infatti eliminando ogni freno della razionalità, corriamo nel rischio di perdere la nostra identità, difatti anche se è vero che mettendo a tacere la nostra razionalità mettiamo in evidenza la nostra vera essenza, è anche vero che la stessa razionalità è una caratteristica fondamentale che fa parte di noi e anche della nostra essenza. Attraverso un paragone, possiamo dire che la nostra essenza sia come l’impalcatura di un edificio, mentre la nostra razionalità rappresenta tutti gli oggetti all’interno dell’edificio. Di conseguenza, dovendo considerare la struttura in maniera unitaria e quindi non potendo scindere la nostra essenza con la nostra razionalità, negando la ragione neghiamo anche la nostra essenza, quindi noi stessi. In conclusione bere non è un’opportunità per “spogliarci” delle convenzioni sociali ed essere liberi di esprimere noi stessi, ma al contrario offusca noi stessi e la nostra personalità, determinata anche dalla ragione.