Bowie è il superuomo? Vediamo come ha affermato la filosofia nietzschana nella sua musica

Nel film “Moonage Daydream”, Bowie sogna ad occhi aperti e si fa portavoce dello spirito dionisiaco.


Nel documentario di Brett Morgen, Bowie viene ritratto come un artista capace di esprimere l’essenza stessa della vita. Il caos è la regola dell’esistenza, non l’eccezione: con spirito nietzschano, va accettato e sublimato.

DIO È MORTO

A chi gli rivolgeva domande circa le sue credenze, David Bowie rispondeva che il martedì poteva dichiararsi buddhista ed il venerdì successivo autodefinirsi nietzschano. Sicuramente una certa fascinazione nei confronti di Friedrich Nietzsche permase per tutta la sua vita ed è proprio con un riferimento al filosofo tedesco che si apre la pellicola di Brett Morgen “Moonage Daydream”: Bowie era ossessionato dal proclama nietzschano “Dio è morto”. Scriveva nel 2002:

All’alba del XX secolo, Friedrich Nietzsche proclamò che Dio era morto e che l’uomo lo aveva ucciso. Ciò creò l’arroganza negli uomini che essi stessi fossero Dio. Ma nelle vesti di Dio, l’uomo produsse solo disastri. Questo portò a una terrificante conclusione: se non potevamo prendere il posto di Dio, come avremmo potuto riempire lo spazio che si era creato dentro di noi?”

All’inizio del film, quello spazio a cui Bowie si riferisce, presente in ciascuno di noi, viene rappresentato con una sequenza interamente in bianco e nero: sulla grigia e silenziosa superficie lunare, appare il teschio di un astronauta e, accanto a lui, una bambina che lo fissa. È questo vuoto in bianco e nero, inquietante e inospitale, lo spazio in cui ci ritroviamo. L’uomo ha ucciso Dio e poi ha distrutto tutto il resto. Che fare? Come vivere?

COPRIRE IL VUOTO CON UNA PENNELLATA DI COLORE

Se Dio è morto, non esistono più punti di riferimento e nella cultura occidentale si impone il vuoto. Il nichilismo di Nietzsche rompe la tavola dei valori in modo drastico. Per questa ragione è definito, accanto a Marx e Freud, uno dei maestri del sospetto. L’annuncio della morte di Dio arriva sulla Terra tramite la voce di Zarathustra, come racconta Nietzsche nella sua opera “Così parlò Zarathustra”. Nessuno crede al profeta nietzschano che, come un pazzo, urla alla folla: “Vi scongiuro, rimanete fedeli alla terra!”, senza però essere ascoltato. Bowie, invece, raccoglie il grido di Zarathustra e lo fa proprio, forse diventando anch’egli una sorta di profeta. Sono molti, negli anni Settanta e Ottanta, a riconoscerlo come portatore di un messaggio veramente inedito, originale, coraggioso, non solo perché trasgressivo ma, soprattutto, perché capace di dare voce a ciò che prima era rimasto muto. L’uomo ha sì prodotto disastri e devastazioni, ma ora, in un mondo così sfaccettato, chi, se non un nuovo Zarathustra può offrire una nuova visione, per rompere nuovamente quei tabù e rovesciare quei valori che già una volta non era bastato dissacrare? E allora il film entra nel vivo: al vuoto iniziale si sovrappongono, le une dopo le altre, le immagini psichedeliche, vivaci e brillanti degli anni in cui Bowie ha fatto della propria avanguardia la chiave del suo successo. Se la vita è caos, non resta che danzare, non resta che cantare, dipingere, fare cinema e teatro. Bowie non si rassegnò mai a una sola forma artistica, anzi, impose sempre a se stesso di trovare nuove chiavi per aprire varchi che gli permettessero di esprimere ciò che aveva dentro. Al caos e al vuoto, posso sovrapporre stelle, make-up irriverenti, chitarre elettriche e nuove sonorità. Ecco lo spirito dionisiaco, quello con cui Nietzsche, nella sua opera “La nascita della tragedia”, affermava la vita e dichiarava fedeltà alla terra e al divenire costante delle cose. L’opposto di questo approccio, ossia lo spirito apollineo, aveva dominato la cultura occidentale da Socrate in poi, atrofizzando l’uomo e imponendogli una rigida morale da schiavo, tramite la quale diveniva un membro del gregge, dedito alla forma e all’ordine, negazionista del caos e, perciò, della vita. Bowie comprende questo punto, lo fa suo, lo sconvolge: se l’uomo continua a cambiare, se fa parte di un flusso incessante, allora perché pretendere di tracciare confini, di dare forma a ciò che di fatto una forma non ha?

BOWIE COME WAGNER

Friedrich Nietzsche si riferiva al dionisiaco pensando alla musica di Richard Wagner: ascoltando le sue sinfonie, avvertiva quella potenza che non trovava altrove, quella forza vitale che nella sua opera “La nascita della Tragedia” aveva definito come esaltazione creatrice, capace di trasmettere l’istinto, di partecipare al divenire, di comunicare l’ebbrezza e l’esaltazione per la vita che lo spirito apollineo era incapace di incarnare. Sotto lo sguardo del regista Brett Morgen, Bowie, quasi come un Wagner nel pieno delle energie, dimostra tutta la sua capacità creativa e, accettando il vuoto e il caos dell’esistenza, ne afferma tutti gli aspetti tramite la propria arte, che si fa portatrice di un messaggio nuovo. L’arte è in grado di trasmettere la transitorietà della vita, che è sempre mutamento. Lo stesso Bowie in “Changes” cantava:

Pretty soon you’re gonna get a little older, time may change me, but I can’t trace time, I said that time may change me, but I can’t trace time

Lo spirito dionisiaco che si rivela in Bowie non è dato unicamente dal suo lato trasgressivo: non è necessario richiamarsi a uno stile di vita dissoluto e dedito esclusivamente ai piaceri per seguire la filosofia nietzschana. Le debolezze e le fragilità umane sono parte di quella terra a cui lo stesso Zarathustra implorava di rimanere fedeli. Sono anche le debolezze e le fragilità profonde di Bowie, di un artista dall’infanzia difficile e dalla tormentata personalità. Ecco che la potenza creatrice dell’arte sta anche nella sua capacità di superare l’uomo stesso, non per negarne o dimenticarne i limiti ma, al contrario, per affermarli e oltrepassarli grazie alla voce e alle idee di un artista poliedrico e insaziabile. Nel film, il regista non nasconde mai allo spettatore il lato più oscuro di Bowie e mostra la sua arte di avanguardia in tutti i suoi aspetti. Un’arte che, tra le altre cose, si proponeva di riflettere le debolezze di un’intera generazione. Il dolore e la sofferenza non sono soltanto stati da affermare e oltrepassare, bensì i requisiti necessari per gridare alla potenza creatrice ed esaltare la vita.

IL CULTO DELLA VITA

Nella seconda metà del Novecento, la profezia di Zarathustra sembra più che mai essersi realizzata: sono scomparsi i valori, le certezze, la tradizione, la fede. L’uomo vecchio non c’è più e ciò provoca un senso di vertigine e di smarrimento che si rivela in quella che Bowie definisce “sensazione del frammento”. Al di là di ogni struttura metafisica data, comunque, è la libera progettazione della propria esistenza che Bowie vuole comunicare e trasmettere. Il vuoto proietta sì un’ombra dentro di noi, ma è anche e soprattutto mare aperto di possibilità. Di fronte al caos dell’esistenza, è il superuomo colui che mantiene la giusta postura, tale da oltrepassare lo stato di sofferenza ed affermare con spirito dionisiaco la propria esistenza. Si tratta di un uomo che in qualche modo si reinventa continuamente, che sa manifestare la propria volontà di potenza. Con la sua Opera “La Gaia Scienza”, Nietzsche esprime la sua dottrina del saper vivere, che si sostanzia nella capacità di prendere atto della morte di Dio e della perdita delle certezze, nella forza di dire di sì alla vita con spirito dionisiaco, ridendo gaiamente, nella proiezione all’avvenire e nell’apertura al continuo mutamento, per creare nuovi valori. Si tratta di una accettazione piena, totale e pervasiva, della vita. Lo stesso Bowie, in alcuni passaggi della pellicola, ci tiene a comunicare il suo culto nei confronti dell’esistenza: “Enjoy the process to make a dream come true”, ripete più volte. Questo godersi la vita non è mai passivo abbandono ai piaceri, anzi, è sempre un lavoro, che richiede concentrazione e pratica e alla cui base si trova un atteggiamento di apertura e di curiosità verso l’incerto domani. Si tratta della volontà di vivere, intima essenza dell’esistenza, spinta a divenire se stessi, al di là di ogni piano prestabilito e “al di là del bene e del male”, per dirla con il filosofo tedesco. Come ha scritto Nietzsche nell’opera “La volontà di potenza”:

“Se anche un’unica volta la nostra anima ha vibrato e risuonato come una corda per la felicità, a determinare questo unico evento hanno concorso tutte le eternità – e in quell’unico attimo in cui dicemmo sì, l’eternità intera fu approvata, redenta, giustificata e affermata”.

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