In “Mass Effect 3” una delle missioni del Comandante Shepard, protagonista e personaggio direttamente controllabile del gioco, prevede che voli verso Rannoch, il pianeta natale dei Quarian, per salvare dai Geth l’Ammiraglio Koris. Arrivati a destinazione, tuttavia, Koris supplica Shepard di salvare il suo piccolo equipaggio di civili. Facendo ciò che chiede, Koris morirà permettendo al suo equipaggio di sopravvivere. Rimanendo invece fedeli al piano originale i civili moriranno ma Koris continuerà a vivere e potrà salvare molte più vite nella guerra contro i Razziatori.
Giocare una dottrina filosofica
Il tema della legittimità di sacrificare pochi per salvare molti è un argomento talmente riconoscibile che potreste già conoscere l’archetipo filosofico: il problema del carrello ferroviario. Nella versione originale, formulata da Philippa Ruth Foot, un autista conduce un tram capace solo di cambiare rotaia (tramite deviatoio), senza la possibilità di frenare. Sul binario percorso si trovano cinque persone legate e incapaci di muoversi e il tram è diretto verso di loro. Tra il tram e le persone legate si diparte un secondo binario parallelo, sul quale si trova “solo” una persona legata e impossibilitata a muoversi. L’autista nei pressi del deviatoio si trova di fronte un’alternativa che comporta due sole opzioni: lasciare che il tram prosegua dritto la sua corsa, uccidendo le cinque persone, oppure azionare lo scambio e ucciderne una sola. Scegliendo di uccidere il singolo si compirebbe un’azione volontaria, e ci sarebbe quindi una responsabilità diretta nella sua morte, pur scegliendo razionalmente il male minore, mentre nell’altro caso si lascerebbe semplicemente avvenire il disastro senza sentirsi coinvolti in prima persona. Questo esempio viene utilizzato spesso nelle discussioni sull’utilitarismo, dottrina filosofica di natura etica per la quale è “bene” ciò che aumenta la felicità degli esseri sensibili. Si definisce perciò utilità la misura della felicità di un essere sensibile. Nella sua formulazione più famosa, ovvero quella di J. Bentham (1748-1832), l’etica, nell’esigenza di superare il limite egoistico nella concezione dell’utile, viene impostandosi su un principio quantitativo riassumibile nella formula secondo cui ‘il bene è la maggior felicità del maggior numero’. Così, attraverso “Mass Effect 3” ci viene data la possibilità di “giocare” un’intera dottrina filosofica.
Premeresti il pulsante?
Infatti, i videogiochi e le esperienze videoludiche sono formati ideali per “vivere” uno degli strumenti preferiti dai filosofi: l’esperimento mentale. Nel loro presentare scenari controfattuali (i classici “cosa sarebbe successo se”), permettono al giocatore di osservare e spesso condizionare ciò che accadrà in seguito. Certo, giocare la versione videoludica del problema del carrello ferroviario non è uguale al discuterne all’interno di un’aula ma è indubbiamente un ottimo metodo. Infatti, quando si tratta di esperimenti mentali i videogiochi hanno diversi vantaggi rispetto al tradizionale formato scritto o parlato. Contestualizzano la questione filosofica all’interno di una narrativa più ampia, costringono il giocatore a vederne le conseguenze e, richiedendo un’interazione, prevedono che il giocatore agisca in prima persona. Nella sicurezza di un’aula è semplice dire al vostro insegnante che tirereste la leva per cambiare la direzione del treno. È meno semplice, invece, premere il pulsante che porta il vostro personalissimo Comandante Shepard a condannare a morte un gruppo di Quarian innocenti e vedere poi le conseguenze rappresentate dall’Ammiraglio Koris ormai in salvo che cerca di contattare l’equipaggio che avete appena condannato.
“Videogames make you smart”
Immersione e interazione: questi sono i due elementi che caratterizzano le nostre esperienze di gioco e che definiscono i termini del rapporto che noi, esseri umani, abbiamo con la realtà. Rapporto che, a ben vedere, rappresenta il punto di partenza di ogni processo di ricerca filosofica. È dunque possibile una filosofia spiegata con i videogame? Sì: questa è l’idea venuta al gruppo californiano “Napkin Note Productions”: “video games make you smart” è il loro slogan. E così vediamo lo stile di Zelda impiegato per spiegare il mito della caverna di Platone, o Mega Man che espone i limiti della scienza secondo Nietzsche. Per non parlare della magistrale lezione di Mario Bros su temi marxiani come la teoria del plusvalore, della produzione industriale e dell’alienazione, fino ad arrivare alla profetica annunciazione della rivoluzione proletaria. Grafica a 8 bit, musichetta in midi, voce narrante con accento british non privo di ironia, e una disarmante facilità e chiarezza nello spiegare temi delicati e complessi come la “banalità del male” della Arendt. “8-bit philosophy”: questo è il nome del loro progetto. Una serie di episodi, visibili sul sito dedicato o Youtube, che suggeriscono come la filosofia, oggi, per arrivare ai più, necessiti anche di un supporto come quello videoludico. Perché ogni qualvolta il processo di ricerca filosofico e di interrogazione si ripiega su di sé chiudendosi in una dimensione specialistica, protetto da barriere gergali, ogni qualvolta si interrompe il collegamento con quanto di esterno dà vita a tali processi esplorativi, essi si isteriliscono, si prosciugano nel loro buono e bel compiacimento, ma ormai defunti.
Tommaso Ropelato