24 ore di sesso: ecco perché persino gli edonisti ti consiglierebbero di prenderti una pausa

Se perseguire il piacere è lo scopo di ogni essere umano, che dire di chi lo fa fino alle estreme conseguenze? Ecco la lettura che potrebbe dare l’etica edonistica della vicenda dell’uomo che ha fatto sesso per 24 ore.

donna in abito bianco sdraiato sul letto bianco

Il sesso è come la buona cucina: non se ne è mai sazi, più se ne ha e più se ne vorrebbe. Questi sono i due ingredienti della vacanza italiana di un turista tedesco e di sua moglie, protagonisti di una vicenda quantomai insolita, che ha circolato nel web tra la preoccupazione dei siti di news e i meme sparpagliati nei social media.

All’ultimo respiro

Andiamo per ordine: i due coniugi, la cui provenienza pare tedesca, hanno deciso di godersi una serena vacanza nel nostro bel Paese. Scelgono una cittadina tipica come Castel del Piano, probabilmente per ammirare le bellezze della Toscana, per giovare del clima mediterraneo (che, ultimamente, però, sembra essere quantomeno contrastato, se non sconfitto, dal cambiamento climatico) e, soprattutto, per passare del tempo insieme. Chi scrive li immagina così: una coppia affiatata, in cui i due non riescono a stare lontani l’uno dall’altra, in cui la passione non è ancora tramontata. Tutto ciò non è una mera fantasia dell’autrice, ma è confermato dal fatto che i due avrebbero fatto sesso per ben 24 ore.

Un orgasmo non basta, due nemmeno, ne vogliono sempre di più, non riescono a fermarsi. All’ultimo respiro! E l’uomo, a soli 50 anni, all’ultimo respiro rischia di arrivarci davvero fuor di metafora. Viene portato l’11 maggio all’ospedale Misemicordia di Grosseto in fin di vita, ricoverato a causa di uno schock settico, che avrebbe provocato una necrosi parziale del suo pene. Ma la storia non finisce qui: in un primo momento, rischia l’amputazione dei genitali.

La moglie aggiunge altri dettagli a questa storia del tutto fuori dagli schemi, dichiarando ai medici che i due avrebbero assunto droghe, precisamente Mdma, conosciuta come ecstasy. Secondo i più esperti (se in medicina o in sessuologia è ancora da appurare), queste ultime sarebbe state mischiate al Viagra. Forse il motto della loro vacanza sarà stato: “Vivi come se non ci fosse un domani”. Un invito a non accontentarsi dei piaceri passeggeri, ma a volerne sempre di più, a godersi la vita lasciando il segno (ma si spera, non la pelle).

Solo se procura piacere

La sventurata coppia ha, così, realizzato il sogno di molti, anche se a costo dell’integrità fisica del poveretto. Vivere in funzione del proprio piacere è uno scopo che tanti si prefiggono, ma che pochi che hanno davvero il coraggio di mettere in pratica. I moralisti saranno scandalizzati dalla storia vera raccontata nel paragrafo precedente, ma le loro critiche nulla possono contro chi gioisce a pieno della vitalità umana. Sto parlando qui degli edonisti, individui che vivono la propria vita privilegiando il costante raggiungimento dell’edonè, parola greca generalmente tradotta con “piacere”. In filosofia, le scuole socratiche sono state le prime ad aver introdotto delle etiche edonistiche. Rappresentanti di questa forma di pensiero, che richiede, però, anche uno specifico stile di vita, sono stati, nell’antichità, Aristippo di Cirene ed Epicuro, fondatori di due scuole filosofiche che hanno preso i loro nomi, la cirenaica e l’epicurea.

Se ad anni di distanza ci si chiede cosa i due penserebbero del fatto con cui questo articolo si è aperto, le risposte sarebbero totalmente discordanti tra di loro. Aristippo, di primo achitto, sarebbe portato a guardare il nostro campione e a dirgli che ha fatto proprio bene! Il benessere immediato è tutto ciò che vale la pena di conseguire e, perciò, ogni azione deve essere portata a termine solo se, nel momento esatto in cui è realizzata, essa procura piacere. La somma dei piaceri non è altro se non la felicità. Un’analisi più approfondita rivela, però, una verità più inquietante: l’uomo ora non gode più e soffre, anzi, un profondo dolore. Non si può essere felici sempre. Se la gioia è solo provvisoria, allora, è davvero frustrante dover vivere una vita alla ricerca di un singolo attimo che la renda gratificante.

L’edonismo di Aristippo è pervaso da una paura costante del fallimento, del dolore, dell’impossibilità di spiegare la tristezza. A metterne in luce le criticità interne e il pessimismo di fondo era stato già un compagno di scuola, Egesia. Tutto ciò che conta è hic et nunc, qui e ora. Il futuro non garantisce alcuna certezza. Anche i propri progetti finalizzati al raggiungimento della gratificazione personale non ci rendono mai pienamente allegri, perchè sono soggetti alle regole del fato. Il nostro amato turista tedesco ha fatto bene, quindi, ad andare a fondo quando ne ha avuto l’opportunità e a prolungare più a lungo possibile il proprio piacere, quasi a voler dilatare il presente di gioia. Chissà, poi, magari la moglie urlava “ancora, ancora, ancora…” e lui non ha proprio potuto esimersi dal regalare un momento di memorabile edonè anche alla compagna.

Una speranza per il futuro

Se per Aristippo il futuro è solo ansia e incertezze, Epicuro non se la sente proprio di dare ragione al collega. Il futuro è ciò che più determina la propria felicità, perchè niente vieta che il piacere di oggi possa essere sacrificato se in vista di un piacere maggiore che si potrebbe conseguire in un domani più o meno prossimo. Il massimo piacere è, nella dottrina epicurea, una totale assenza di dolore nel corpo e nell’anima. Quando si parla di edonè, non si intendono “i piaceri dei dissoluti o quelli delle crapule” (parole del maestro nell’Epistola a Meneceo!), quanto piuttosto una felicità che si raggiunge facendo piazza pulita delle infelicità.

Cosa dire, dunque, del nostro personaggio? Che avrebbe dovuto godersi il sesso, come altri piaceri, un po’ per volta, serbando dentro di sè la certezza che “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere“. Avrebbe dovuto interrompersi all’insorgere dei primi dolori, o quando estenuato dall’atto sessuale stesso, e prendersi una pausa. Avrebbe potuto tentare quantomeno di preservare la propria salute, promuovendo innanzitutto l’assenza di dolore nel corpo. Quanto all’anima, chissà, magari quella sarà stata veramente priva di turbamenti…

Per il futuro non si può far altro che mantenere viva una flebile speranza. Nonostante la prognosi riservata, è stata resa pubblica da parte di “La Repubblica” la notizia di un miglioramento delle condizioni dell’uomo, il quale avrebbe scongiurato l’ipotesi peggiore, quella dell’amputazione del pene. Pare, però, che, letta nell’ottica delle filosofie edonistiche, l’uomo sia condannato ad una parziale infelicità. Non potrà più, a parere dei medici, avere erezioni e rapporti per il resto della propria vita. Che quando menzionino il piacere questi filosofi non intendano quello sessuale è un dato di fatto, ma Epicuro si chiederebbe se abbia avuto senso appagarsi di un piacere tanto effimero sapendo di dover convivere con questa condanna. Sotto sotto, ne riderebbe forse un po’ anche Aristippo: all’equazione della felicità, mancherà sempre un piacere evidentemente essenziale nella vita di quest’uomo, il sesso.

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