Vino, tordi e moti rivoluzionari: ecco quattro aneddoti che non conoscevate su Giosuè Carducci

Ecco a voi il famoso poeta delle Odi Barbare come non lo avevate mai immaginato.
Le poesie di Giosuè Carducci sono famose in tutto il mondo ma, come ogni artista, anche lui prima di essere uno scrittore è stato un uomo, e prima ancora un bambino e un adolescente. Conosciamolo insieme e, con lui, la sua amata Maremma.

Tra cultura classica e cultura popolare

La nebbia a gl’irti colli

Piovigginando sale

E sotto il maestrale

Urla e biancheggia il mar;

La poesia è nota anche ai muri e ai banchi di scuola: San Martino scritta da Giosuè Carducci nel 1883 e presente nella raccolta Rime Nuove del 1887. Poesia che rammenta un quadro impressionistico, ci porta all’interno di un autunno maremmano tutto interiorizzato dal poeta, tra il minaccioso clima e la vita e il vino che scaldano le vie del borgo. Ed è proprio l’ultima parte quella che ci interessa, perché molte delle poesie di Carducci sono strettamente legate al borgo dov’è cresciuto, immerso in una cultura classica, voluta dal padre, e una cultura più popolare, fatta di feste, tordi, stufati e ricette: quella di Bolgheri e Castagneto – dal 1907 Carducci, in onore del poeta.

Mi è sempre piaciuto che de poeti si schiudesse, attraverso aneddoti, la loro natura umana e si scoprisse che, prima che essere artisti, fossero uomini o donne comuni, con una vita quotidiana, vizi e virtù compresi.

E dunque, eccovi quattro cose che non sapevate su Giosuè Carducci.

1. Giosue senza accento

La prima cosa curiosa che si sa sul conto di Giosuè Carducci è che preferiva esser chiamato Giosue, senza accento; quindi, per correttezza nei suoi confronti da qui in poi sarà Giosue.

Nell’autunno del 1838 arrivò a Bolgheri, luogo famoso soprattutto per il suo vino – che Giosue conosceva molto bene –, Michele Carducci, il nuovo medico condotto, accompagnato da tutta la famiglia. Giosue conosceva l’Iliade, I Promessi Sposi, la Gerusalemme e l’Eneide e, contemporaneamente, amava con tutto se stesso quella vita semplice e pura tra le lucertole, il sole, il mare e i falchetti.

Un’altra mia contentezza d’alzarmi la mattina avanti al sole per menare a bere i cavalli. Che felicità a trovarmi a quell’ora fra i robusti villanzoni e i butteri”.

Ma quelle fughe lontane dai rimproveri del padre non rimanevano impunite: una mattina, tornando dalle peregrinazioni mattutine, si ritrovò con il suo amato falchetto sgozzato e il suo lupacchiotto venduto. Un padre severo il nostro Michele Carducci.

2. Tre giorni di lavori forzati

Giosue, era chiaro a tutti, era portato soprattutto per il mondo delle lettere, il suo futuro lo avrebbe confermato. Ora, nell’autunno del 1845 contrasse la malaria e nella primavera del 1846 venne mandato da Bolgheri a Castagneto (esattamente 13 km separano i due borghi) a “cambiare aria” per la convalescenza. Quando tornò a Bolgheri dal soggiorno castagnetano di vita paesana, la sua voglia di studiare era di gran lunga diminuita e il severo Michele, per fargli capire cosa significasse la fatica vera, lo mandò a imparare il mestiere del muratore dal Bombo. Dopo appena tre giorni Giosue venne riconsegnato a casa con queste parole: “Sor dottore, dia retta a me, faccia studia’ ‘r su figliolo. Nello studio una pole fallì, sentisse come dà di poesia: ma a lavora’ un è bono, un c’è niente da fa’!”

3. Tra moti rivoluzionari…

A tal punto legato alla vita del borgo, di Castagneto e Bolgheri, Giosue e Michele Carducci furono in prima fila anche nelle proteste e nei moti rivoluzionari che venivano allestiti per la concessione delle preselle per allivellamento. Le preselle erano e sono pezzi di terra per cui si richiedeva l’uso esclusivo dietro pagamento (concessione a livello, appunto). I castagnetani trovarono dalla loro i Carducci e Giosue, coi suoi coetanei eresse un albero della libertà sulla cui cima posero lo stemma del Conte a cui diedero fuoco.

Impaurito dai moti castagnetani, il granduca Leopoldo mandò una lettera al Conte in cui chiedeva la concessione delle preselle: finalmente nel 1848 queste furono concesse.

4. … e il buon cibo

Ma ciò che maggiormente richiamava Giosue a casa propria era il buon cibo e il buon vino: al dottor Augusto Murri, medico bolognese e suo amico che lo rimproverava per gli eccessi gastronomici, il poeta rispondeva: “Caro dottore, lei parla così perché in Maremma non c’è mai stato. Venga con me una volta sola a Castagneto!”  Tra le maccheronate di San Meo (24 agosto) e la ribotta a base di tordi ripieni in modi fantasiosi del 1885, Carducci lascia e cuore e stomaco tra le mura di questi palazzi e nelle sue poesie.

 

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