Un filologo a processo: perché il diritto di critica rischia di essere il principale imputato

Il professore emerito Luciano Canfora andrà a processo e con lui la gracile struttura del diritto di critica.

Chi lo avrebbe mai detto che l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni potesse prendersela persino Luciano Canfora, il grecista che l’ha accusata di essere una “neonazista nell’anima”? Altri lo difendono, altri lo condannano. Vediamo perché a prescindere dalle tifoserie l’unico vero pericolo resta quello di oscurare il diritto di critica.

IL RINVIO A GIUDIZIO

Un corpo fragile. La schiena curva. Cammina silenziosamente sorretto dal suo bastone. Mentre si avvia verso il Tribunale di Bari, cerca di farsi strada tra i giornalisti delle emittenti locali accorsi nella speranza che potesse rilasciare una dichiarazione. Michele Laforgia, il suo avvocato, in questa guerriglia che ha tutta l’aria di trasformarsi in una vera (e lunga) battaglia, è stato l’unico a voler affrontare microfoni ed obiettivi, talmente tanti da nascondere lo stesso Canfora, il docente emerito querelato dall’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Le motivazioni si trovano in un’aula del Liceo “Fermi”, sempre nel Capoluogo pugliese, dove il grecista ha sempre vissuto. Definì la Meloni “Neonazista nell’animo” davanti ad un folto gruppo di liceali e a favore di videocamera. Le sue dichiarazioni sono il j’accuse che potrebbero costargli 20.000 euro, quanto richiesto dagli avvocati della premier.  A sostenerlo, oltre i sindacati e le associazioni che si sono fatte trovare sotto per mostrargli vicinanza, sono anche gli studenti di tutta Italia. Ma anche in Francia, dove è partito un appello internazionale a sostegno del filologo.

IL DIRITTO DI CRITICA

Quindi tutti noi rischiamo di finire dietro le sbarre se osassimo criticare l’operato di questo Governo? La critica, essendo soggettiva, non è mirata alla pura e semplice informazione, l’oggetto critica può essere molto più vario, potendo anche riferirsi a un comportamento, a una tendenza. Qui abbiamo, invece, il Presidente del Consiglio, tra chi l’ha elogiata per la sua presa di posizione e chi l’ha derisa a tal punto da considerate che la premier pecchi di permalosità. Poiché il diritto di critica potrebbe legittimare una manifestazione di pensiero su fatti privati di persone notoriamente conosciute, non deve sfociare nella diffamazione della persona in questione. Ed è qui che non si riesce a distinguere la sottile e fumata linea tra un pensiero ed una sconsiderata opinione. La diffamazione, infatti, è considerata dalla Giurisprudenza un reato sanzionabile con pene sia civili che penali. Le 20.000 euro chieste dalla difesa ne sono la prova. Ecco che quindi c’è chi prova ad avere coraggio e a fare resistenza. Canfora, quanto meno, ci sta provando.

LE PAROLE DI CANFORA

Fu durante un’intervista che il professore emerito espresse per la prima volta le sue considerazioni in merito a questa vicenda. Eccone un estratto:

“L’espressione ‘nell’anima’ viene da Lucrezio e da un grande pensatore liberale, Tocqueville, il quale in una pagina autobiografica definisce il suo sentimento profondo di avversione verso la democrazia ‘il fondo dell’anima’ . Si tratta di una metafora colta che i letterati di varie epoche, dal grandissimo Lucrezio al non meno grande Tocqueville, hanno adoperato per parlare dei propri sentimenti remoti, quelli che Freud chiamerebbe Es. E, secondo me, potremmo usare con buon successo proprio l’espressione di Tocqueville, ‘il fondo dell’anima’”.

Canfora conclude:

“Naturalmente ognuno di noi ha un punto di partenza remoto, culturale, storico, biografico. Quindi, io non drammatizzerei come qualcuno fa questa espressione, che fa parte di un modo letterario di esprimere in sintesi e in un inciso di un discorso che ha un molto più ampio svolgimento, un dettaglio che oserei collocare nel campo dell’analisi del profondo. Quello che gli scienziati chiamano psicologia”.

 

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