Un concetto antico come la pleonexia spiegato attraverso le modernissime rivolte anti-restrizioni

Considerazioni sulle recenti rivolte contro le misure anti-Covid presenti nel nuovo DPCM, attraverso il concetto di pleonexia e l’ideologia Trasimachiana della giustizia come “utile del più forte”.

Ayman Rashdan Wong on Twitter: "Tapi tiba2 bom meletup menyebabkan kekecohan, polis menembak ke arah buruh, menyebabkan seorang terbunuh.… "

L’attuazione d’una rivolta parte tendenzialmente dal desiderio di manifestare il proprio dissenso per quanto concerne determinate scelte prese dalla classe governante a discapito di quella popolare, ma l’attuazione di tale atto di sollevamento è molto spesso associata, e di fatto è così, ad atti di vandalismo totalmente fuori dal contesto della rivolta in questione. E’ nostro interesse in questa sede indagare su quelli che sono i motivi, nella loro natura filosofica, che spingono l’uomo ad attuare tale “ingiustizia” nella “giustizia”.

Le rivolte contro il DPCM

Il 24 Ottobre è stato firmato dal presidente del consiglio Giuseppe Conte il nuovo DPCM, il quale prevede ulteriori restrizioni in linea generale, al fine di trattenere ulteriormente i contagi all’interno della penisola. L’accoglienza di tale provvedimento è stata disastrosa, aprendo a rivolte, sopratutto nelle città di Milano Napoli e Torino, da parte delle classi mercantili e non, contro le ancora più severe limitazioni per quanto riguardo le attività di commercio, specialmente quelle di ristorazione. Condicio sine qua non d’una rivolta degna di tale nome è l’intrinseco vandalismo da cui essa è trascinata, basti pensare alle molto più pesanti rivolte avvenute in America nei mesi scorsi, e la conseguente “messa a fuoco” della città. Sfruttando il momento di “crisi legislativa”, senza dilungarmi troppo sui recenti fatti di cronaca, alcuni “cittadini” hanno distrutto e rubato da differenti imprese commerciali, accostando a queste riprovevoli pratiche ulteriori manifestazioni di assoluto vandalismo. Effettuata tale contestualizzazione è mia cura specificare in che modo tali fatti siano collegati alla “pleonexia” e in che modo questa si presenti come risposta a tali atteggiamenti.

La “pleonexia”

Nello stato di natura e quindi nella sua legge e nella sua essenza, secondo filosofi quale Ippia e il Trasimaco Platonico è presente la pleonexia, che possiamo tradurre sommariamente come l’avidità propria dell’uomo. Secondo Ippia le leggi statali sono una convenzione attua dal più debole al fine di proteggersi dal più forte, ovvero colui che tramite la pleonexia ottiene senza scrupoli e a discapito degli altri ciò che gli è utile. E tale attività di sopraffazione è assolutamente, nello stato di natura, lecita se non addirittura giusta, in quanto manifestazione di forza da parte di chi può compierla, e dunque secondo Ippia maggiormente dedito al comando. Per il sofista Trasimaco invece la giustizia è direttamente l’utile del più forte, ovvero questa stessa sopraffazione applicata in senso legislativo, da uno stato aristocratico avremo leggi che tendono a mantenere tale potere aristocratico e via discorrendo. Sostanzialmente il quadro che ci appare in questa istanza è quello in cui il più forte, a discapito del più debole, è assolutamente legittimato a compiere “ingiustizia” per ottenere quanto necessita, ed è proprio da questa affermazione che trarremo a breve la nostra conclusione, collegata alle rivolte precedentemente trattate.

Viaggi di Platone in Sicilia - Wikiwand

 

La maschera della rivolta

Il collegamento tra pleonexia e rivolta diventa a questo punto chiaro, tale condizione umana altro non è che il vero volto celatosi dietro la maschera della rivolta ideologica. Rifacendoci alla considerazione Platonica che afferma che la maggioranza umana non è perfettamente dedita all’utilizzo della ragione, e conseguenzialmente orientata a compiere ingiustizia, tale maggioranza, che con spirito democratico possiamo affermare assolutamente rappresentativa dell’uomo “in toto”, altro non fa che compiere a sè utili ingiustizie con la valida scusa dell’associazione rivoltosa. Approfittando della crisi che una rivolta produce, e della probabile impunibilità delle sue azioni,  dato chesecondo la filosofia Platonica l’uomo potendone non ricevere conseguenze commetterebbe sempre ingiustizia, questa parte della civiltà avversa al senso generale di etica, compie atti criminali al fine di quanto loro utile, allo scopo d’un effimero arricchimento ai danni di chi non ha colpa. Il commettere male attraverso un gesto che cerca invece il bene, altro non è che la più bieca dimostrazione di quante la vera rivolta vada attuata interiormente, e di come la natura stessa dell’uomo che non conosce la ragione sia intrinsecamente propensa al male. Se ad ogni rivolta fosse associata una rivoluzione interna della propria coscienza nel viver con gli altri, e se invece del proprio bene si cercasse il bene generale, i motivi di protesta sarebbero sempre meno. Non è forte un uomo che dall’altrui male trae il suo bene, ma è degno d’esser tale un uomo che dal suo bene combatte l’altrui male.

 

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