Il Centro Studi e Ricerche IDOS ha pubblicato il Dossier Statistico sull’immigrazione aggiornato al 2018. Il tema caldo dell’immigrazione, fulcro di alcune policy dell’attuale governo, ha fatto molto discutere nell’ultimo anno, tanto da minare la vulnerabilità dell’argomento. Quando si sente parlare di immigrazione molto spesso si cade nella trappola della semplificazione, si parla dell’incapacità dei governi (nello specifico dell’UE) di gestire il fenomeno, delegando i singoli Stati membri a decisori in merito, si alimenta un sentimento di discriminazione e di allontanamento dello “strano” che molto spesso è covato proprio da chi ha la percezione più distorta del fenomeno, si cerca di renderlo semplice, palpabile, di trovare i motivi della fantomatica “crisi migratoria” e di risolverli con una ridicola chiacchiera da bar. Purtroppo però chi toglie il velo di Maya si trova di fronte ad un panorama fatto di storia, cultura, società, relazioni internazionali, dinamiche geopolitiche tutt’altro che facilmente comprensibili e, soprattutto, guerra. E come in ogni guerra, a subirne di più le conseguenze sono i civili, coloro che abitano le città. Nel Dossier si parla molto di rifugiati, richiedenti asilo e profughi, ma troppo poco di criminalità e organizzazioni criminali. Sempre più spesso insomma, il focus sociale si limita ad osservare la superficie del fenomeno senza indagare su cause e conseguenze: il Dossier mira proprio a semplificare la complessa e variegata lettura del fenomeno migratorio offrendo, ad un pubblico che ci si auspica possa essere il più ampio possibile, i dati aggiornati al 2018.
Il “Dossier Statistico Immigrazione”
Il Dossier raccoglie i dati statistici relativi al fenomeno migratorio dal 1991, quando la ricerca era svolta dalla Caritas italiana e dalla fondazione Migrantes. Dal 2004 è il Centro Studi e Ricerche IDOS a ricercare i dati statistici sull’immigrazione avvalendosi della collaborazioni e del sostegno di altri istituti – come l’8 per mille dall’Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, il Centro Studi “Confronti” e l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) del Dipartimento delle Pari Opportunità.
Oltre ad offrire un’esaustiva panoramica del fenomeno in Italia, il Dossier, venendo compilato annualmente, permette di confrontare in maniera efficace lo sviluppo dei flussi migratori nel corso degli anni. In questo modo è stato possibile non solo tracciare un quadro complessivo dei movimenti umanitari in tutto il mondo, ma soprattutto confrontare i dati statistici con quelli della crescita nel mercato del lavoro, la presenza di stranieri nelle scuole, il loro rapporto con la religione, il numero di respinti, di richiedenti asilo e l’impatto economico che ha l’immigrazione nel mondo del lavoro.
Un quadro generale della situazione Italiana

Dal prospetto riassuntivo del Dossier IDOS è possibile tracciare un primo quadro, aggiornato a fine 2017, dell’evoluzione del fenomeno in Italia:
- Sul totale di 60.483.973 residenti in Italia, il numero di stranieri presenti è di 5.144.440 (l’8,5% del totale della popolazione).
- Il 33,4% degli stranieri residenti si trova nell’area Nord-Ovest dell’Italia; il 24,3% risiede a Nord-Est; il 26% nel Centro Italia; solo il 16,3 % al Sud e nelle Isole.
- Per quanto riguarda la provenienza continentale, più della metà (il 50,9%) degli stranieri proviene dall’Europa; il 21,3% dall’Africa; dall’Asia il 20,5%; dall’America il 7,2%.
- Le prime cinque collettività presenti in Italia sono la Romania (1.190.091 residenti – il 23% del totale degli stranieri), seguita dall’Albania (440.465 – 8,6% del totale), Marocco (416.531 – 8,1%), Cina (290.681 – 5,7%), Ucraina (237.047 – 4,6%).
- Rispetto al totale dei migranti arrivati in Italia nel 2016, anno “record” con 181.000 sbarcati, nel 2017 gli sbarchi si sono visibilmente ridotti con 119.369 arrivati. I dati relativi al 2018 provenienti dal cruscotto statistico del Viminale indicano che i migranti sbarcati nel 2018 sono 23.370 – l’80% in meno rispetto all’anno precedente.
L’immigrazione nel mondo
Nel panorama mondiale il fenomeno, al contrario, vede un costante e progressivo aumento degli spostamenti forzati. Spostamenti che avvengono per di più (l’86%) dalle nazione del “sud” del pianeta. Secondo le stime delle Nazioni Unite nel 2017 i migranti sono 258 milioni (questo numero ricomprende chiunque si sposti nel mondo, anche per motivi economici o lavorativi). La loro età media è di 39,2 anni e la maggior parte di loro (83,8 milioni) si trovano in Europa, in Asia sono 74,5 milioni e nel continente americano 66,8 milioni.
Se nel 1997 il numero mondiale di migranti forzati (cioè coloro che si spostano per cause di forza maggiore, non per volontà) era di 33,9 milioni, 20 anni dopo sono più che raddoppiati: 68,5 milioni nel 2017. Di questi quasi 20 milioni sono i rifugiati di cui sentiamo parlare prevalentemente grazie ad UNHCR, l’ufficio delle Nazioni Unite che si occupa del sostegno ai rifugiati, il resto sono prevalentemente sfollati (di questi parleremo più avanti).
Le prime nazionalità in emigrazione sono, in ordine, l’India (16,6 milioni), il Messico (13 milioni), la Russia (10,6 milioni), Cina (10 milioni), Bangladesh (7,5 milioni), Siria (6,9 milioni).
Dato interessante riguarda la differenza tra immigrati ed emigrati per continente.
in Europa nel 2017 sono registrati 83 milioni di immigrati mentre il numero di emigrati nello stesso anno è di 65 milioni. In Africa si registrano invece 24 milioni di immigrati (ragionevole supporre che si tratti prevalentemente di migrazione interna agli Stati) e 36 milioni di emigrati nel resto del mondo. Considerando che la popolazione Europea è 2 terzi di quella Africana (827 milioni dell’Europa contro 1,2 miliardi dell’Africa) è significativo che siano più del doppio gli emigrati dall’Europa rispetto a quelli dell’Africa (65 milioni contro 36); di conseguenza se proprio deve essere usato il termine “invasione” sembrerebbe che questa provenga dall’Europa piuttosto che dall’Africa.
Analizzando nel dettaglio la situazione dell’Italia si può notare che il numero degli italiani all’estero è vicino a quello degli stranieri che stanziano in Italia (5.114.469 italiani all’estero; 5.144.440 stranieri residenti in Italia). In controtendenza con il dato dei migranti stranieri però, in quanto il numero di italiani emigrati è aumentato nel 2017 del 2,8% rispetto all’anno precedente; nel 2017 in 87.869 si sono iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).
Per quanto riguarda le regioni, la Sicilia è la prima per il numero di italiani all’estero (774.471), seguita da Campania (495.890), Lombardia (473.022) e Lazio (450.847).
Quali sono le mete degli italiani all’estero?
Il 54,2% resta in Europa mentre il 40,2% raggiunge le coste dell’America Settentrionale (2.056.607); le nazioni con più italiani residenti sono l’Argentina (819.000), la Germania (743.000), Svizzera (614.000), Brasile (415.000), Francia (413.000), Regno Unito (303.000)

Da dove provengono i migranti?
Per quanto riguarda i rifugiati, sul totale di quasi 20 milioni 6,3 provengono dalla Siria; 2,6 dall’Afghanistan e 2,4 dal Sud Sudan.
I richiedenti asilo (3 milioni) sono originari prevalentemente dell’Afghanistan (più del 10%) seguiti dai 270 mila dell’Iraq e dai quasi 150 mila del Venezuela (paese che negli ultimi anni sta affrontando una dura crisi governativa); al quarto posto la Siria con 146 mila migranti per richieste di asilo.
Ma il dato più preoccupante e più spesso sottovalutato è rappresentato dagli sfollati che si spostano all’interno dei confini nazionali: quasi 40 milioni in tutto il mondo. Le cause che conducono allo sfollamento sono principalmente conflitti (nel 2017 sono il 39% dei casi) o catastrofi (il restante 61%). I 5 paesi più colpiti sono, in ordine: Cina, Filippine, Siria, Rep. Dem. del Congo, Cuba.
La distorta situazione dell’Italia
Come si è visto in precedenza, in Italia gli sbarchi si sono ridotti notevolmente negli ultimi 2 anni (dai 181.000 sbarchi del 2016 ai 23.000 del 2018). Molti scelgono di utilizzare l’Italia solo come trampolino di lancio verso l’Europa mentre la maggior parte sceglie di fare richiesta per ottenere la residenza in territorio italiano.

Nel Dossier vengono illustrate le regioni italiane con la percentuale di migranti residenti sul totale di 5.144.440 stranieri in Italia:
- La maggior parte degli stranieri è concentrata nelle zone del Nord Italia (2.952.644 – 57,4%).
Solo in Lombardia al 2017 risiedono 1.153.835 stranieri (il 22,4% del totale). In Veneto sono 487.893 (9,5%). L’Emilia Romagna ospita 535.974 (10,4%). - Nelle zone del Centro Italia sono registrati 1.319.692 (25,7%) stranieri.
Di questi 679.474 nel Lazio (il 13,2% del totale). In Toscana sono 408.463 (7,9%). - Nel Sud Italia sono 624.866 (12,1%).
Gran parte di questi si trova in Campania (5% del totale) - Il numero più esiguo si riscontra nelle Isole con 247.238 (4,8%).
In Sicilia sono appena il 3,8% del totale. In Sardegna l’1,1%.
Le nazionalità di provenienza vedono al primo posto il continente Europeo con 2.620.257 residenti stranieri (di cui 1.562.147 provenienti dall’UE). A seguire gli immigrati provenienti dal continente Africano con 1.096.089 stranieri residenti, seguito immediatamente dall’Asia con 1.053.838 stranieri. Gli stranieri residenti in Italia provenienti dall’America sono 371.354 (di questi però solo lo 0,3% proviene da Canada o USA). Dall’Oceania (prevalentemente dall’Australia) sono registrati 2.170 residenti stranieri. Il totale dei residenti stranieri è di 5.144.440.
Il lato “criminale” dell’immigrazione
Stando ai dati del Dossier emerge che nel totale delle denunce presentate nell’arco temporale che va dal 2005 al 2016 circa 1 su 3 è a carico di stranieri, un trend che si configura comunque in diminuzione (si passa dal massimo di 35,1% di denunce a carico di stranieri del 2007 al 29,2% del 2016).
Ma i dati forniscono un’indicazione ancora più significativa rispetto alla configurazione delle denunce con autore noto per regione. Si evince dal Dossier che sul totale delle denunce relativo al 2016 (895.228 denunce) quelle a carico di stranieri sono registrate per più della metà nel Nord Italia (tra Nord-Ovest e Nord-Est sono state presentate 145.572 denunce a carico di stranieri). Solo in Lombardia su circa 120.000 denunce, 51.000 sono a carico di stranieri. Nel Centro questo trend è confermato con il 35,9% delle denunce riguardanti stranieri; stupisce invece la percentuale riguardante le Isole e il Sud Italia con rispettivamente il 14,0% e il 15,0% delle denunce a carico di cittadini non italiani.
E le organizzazioni mafiose?
Questi dati testimoniano come le collettività straniere agiscano più “liberamente” in quelle regioni in cui la presenza della criminalità organizzata è meno intensa. A questo punto viene da interrogarsi su quanto il ruolo delle organizzazioni mafiose sia correlato con tali numeri. Nel dossier non viene mai fatto alcun riferimento al ruolo della criminalità organizzata nella gestione e manipolazione dei flussi migratori. Eppure sappiamo che la maggiore percentuale degli immigrati transita per le zone più “famigerate” per il ruolo delle mafie: Sicilia, Campania, Calabria, Puglia. È strano notare che non viene mai fatta menzione dell’influenza che Mafia, Camorra ma soprattutto ‘Ndrangheta esercitano nel controllo dei traffici. Piuttosto risulterebbe quantomeno anormale che tali organizzazioni non si interessino del fenomeno, considerando la manodopera e il giro di denaro che riguarda i trafficanti.
Il fatto che la maggior parte delle denunce sia registrata nel Nord Italia e che, al contrario, in Sicilia il 92% degli arresti per spaccio sia a carico di cittadini italiani (in Calabria sono il 95%, in Puglia il 90%),fa pensare che ci sia un collegamento tra l’assenza di malavita straniera in queste regioni e la proliferazione di questa in aree invece meno note per la presenza delle organizzazioni mafiose.
A rafforzare questa ipotesi sono i dati sulle nazionalità dei denunciati stranieri: al primo posto la Romania con 48.363 denunciati, seguito dal Marocco (40.798 denunce), dall’Albania (24.107), Tunisia (17.660), Nigeria (10.656), Senegal (20.360). Sono presenti 4 paesi africani tra le prime sei collettività. Se confrontiamo questi dati con le percentuali di stranieri arrestati per spaccio di droga nel Nord Italia emerge che in Piemonte quasi il 70% dei denunciati è Nigeriano, Senegalese, Marocchino o Tunisino. Dati simili si riscontrano in Liguria (oltre il 60% di denunce a carico di stranieri), Veneto (più del 57%) ed Emilia Romagna (60%).
Diventa quindi ipotizzabile che, mentre le organizzazioni mafiose tengono gli stranieri lontani dai traffici locali, allo stesso tempo promuovano lo spaccio “estero” fornendo agli stranieri le sostanze (cocaina, marijuana, ecstasy) da cui scaturiscono la maggior parte delle denunce.
Il ruolo della criminalità organizzata in questo ambito viene spesso omertosamente sottovalutato da politica ed istituzioni; eppure i dati potrebbero fornire interessanti spunti di riflessione.
Pur non essendo uno dei paesi ad oggi più colpiti dal flusso migratorio mondiale, in Italia la rappresentazione sociale del fenomeno è quella più distorta rispetto al resto dell’UE. Con questo si vuole sottolineare come la sottovalutazione di tale fenomeno crei terreno fertile per la proliferazione di scenari distorti. Senza dubbio, una lettura più genuina da parte della popolazione e meno condizionata dai decisori politici fornirebbe una corretta interpretazione della situazione attuale sul tema immigrazione.
Gian Marco Renzetti