“Oggi che ricerche più sottili e un gusto più fine hanno ridotto in formule l’arte di piacere, nei nostri costumi regna una vile e ingannevole uniformità e tutti gli spiriti sembrano usciti dallo stesso stampo”.
J.J. Rousseau – “Discorso sulle scienze e sulle arti” (1750)
Per essere stata scritta nel Settecento, è una frase molto attuale non trovate? L’omologazione, il livellamento, l’uniformità… . Che cosa ci sta dicendo Rousseau in queste poche righe? Che la società non è che il luogo dove più si dispiega e trova spazio l’inautenticità. Ora più che mai viviamo in un mondo di maschere e di false apparenze. Quello che conta non è tanto l’essere quanto il dover essere, il come essere. Edifichiamo compagini di canoni, standardizziamo le tendenze e a queste ci conformiamo, sopprimendo noi stessi per essere altro. Siamo duttili, malleabili, liquidi direbbe Bauman, il nostro essere si permea sulle inclinazioni sociali, sulle mode del momento, ed è sempre pronto e disposto al cambiamento. E’ l’apoteosi della mimesis, lo stadio imitativo universale, in cui tutti siamo immersi e da cui tutti siamo stati corrotti.
Rousseau e la piaga dell’inautenticità
J.J.Rousseau, nei due Discorsi (“sulla disuguaglianza” e “sulle scienze e le arti”), mette in rilievo quelle che per lui sono le patologie del sociale, quelle terribili piaghe che hanno infettato il genere umano dopo la sua uscita dallo Stato di natura. La nascita della società, secondo Rousseau, ha portato disuguaglianza e inautenticità, corrompendo la natura dell’uomo stesso. Quella dell’inautenticità è una patologia che oggi risalta agli occhi e che dipinge con la sua unica tinta l’intero sostrato sociale. Il problema dell’inautenticità sorge dal bisogno e dal forte desiderio del riconoscimento: l’uomo tende ad apparire per come gli altri lo vogliono, corrompendo e alle volte perdendo la propria autenticità. Uscendo dallo Stato di natura, dice Rousseau, entriamo nello stadio delle relazioni, della comparaison (confronto, comparazione), che porta necessariamente ad un adattamento dell’essere all’apparire, che genera uniformità e omologazione, appiattendo il singolare sulla pluralità. Il fattore più problematico dell’inautenticità è che essa si presenta, secondo Rousseau, come dinamica inconsapevole, è un movimento inconscio, quasi spontaneo, ma non naturale, teso verso un desiderio esasperato ed esasperante di riconoscimento. L’unico modo per tornare ad essere autentici, non potendo tornare allo Stato di natura, è liberarsi dai vincoli sociali, ritirarsi in noi stessi e ricercare la propria natura. Rousseau, essendo la società ormai corrotta e inguaribile, sceglie proprio di congedarsi da essa e chiudersi in se stesso, ma questo rifiuto del contesto sociale porta ad un ulteriore problema, ad un eccesso d’amor di sé che degenera in uno sterile e introverso narcisismo.
“Le scienze, le lettere e le arti, stendono ghirlande di fiori sulle ferree catene di cui gli uomini sono gravati, soffocano in loro il sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravano nati, fan loro amare la schiavitù, e ne formano quelli che chiamano i popoli civilizzati” (Discorso sulle scienze e sulle arti).
Instagram: la concretizzazione dell’inautenticità
Nella nostra società l’inautentico si manifesta, nella sua forma più alta, nel virtuale, nel mondo dei social network. Instagram è forse la piattaforma dove più si concretizza questa dinamica, un’applicazione che permette agli utenti di scattare foto, applicarvi filtri, e condividerle in Rete, creandosi una vera e propria identità virtuale, un alter-ego adatto e adattabile secondo tendenze e modi di essere popolari e socialmente riconosciuti. E’ uno spazio ampio dove chiunque, liberamente, può condividere momenti di vita e di sé, con gli altri utenti, il che alimenta ancora di più la ricerca esasperata del riconoscimento, ottenuto attraverso i likes e i commenti, strumenti di omologazione e conformismo. Viviamo ormai in un mondo piatto, grigio, in cui l’apparenza si è fatta valore e l’essenza si è nascosta nell’ombra, coperta da quel languido velo di tristezza e di inautenticità.
Samuele Beconcini