Due terzi delle donne simulano l’orgasmo col proprio partner. Il 90% non lo raggiunge affatto durante il rapporto. Sempre più studi negli anni si sono succeduti, alla ricerca di risposte, ipotesi e postulati. Quasi fosse uno strano e inconcepibile problema matematico. Tanto si è scritto e tanto ancora si scriverà. Articoli che inneggiano al mistero della petite mort, come chiamano i francesi l’estasi femminile, o ancora lo scribacchiare continuo sulle differenze fra i due sessi (ma dai?). Le più vaste e varie teorie sono state documentate. Motivazioni che riguardano il benessere del partner spesso posto in risalto rispetto al proprio, altre che servono a proteggere l’autostima per evitare stress e ansie. Insomma chi più ne ha, più ne metta. Gli ultimi a porsi la domanda sul perché si finga l’orgasmo sono stati due ricercatori dell’University of Pécs e Cooper del Westside Behavioral Health di Westlake in Ohio. I due ricercatori Láng e Meskó hanno associato la simulazione dell’apice ai problemi di attaccamento. Questo è il primo sistema dinamico di comportamenti a atteggiamenti che portano alla prossimità e alla formazione di un legame con una persona. Ovviamente all’inizio è la madre o un’altra figura parentale di riferimento o il caregiver.
LA RICERCA
Già nel 2012 si era dimostrato come chi avesse sperimentato un attaccamento sicuro durante l’infanzia, vive con equilibrio il rapporto fra sessualità e attaccamento. Questa nuova ricerca approfondisce il tema. 348 donne con un’età compresa tra i 18 e i 59 anni, reclutate su un blog ungherese, hanno risposto ad un questionario online che conteneva gli strumenti FOS e ECR-S.
Il primo è l’acronimo per Faking Orgasm Scale stabilisce la motivazione che c’è alla base della simulazione durante i rapporti sessuali e orali. Il secondo mezzo è l’Experiences in Close Relationships Scale, Short Form (ECR-S), costituito da 12 item e diviso in due parti. Una che valuta l’evitamento dell’attaccamento, ovvero fuggire dall’intimità col partner e l’altra che stima l’ansia da attaccamento, cioè l’angoscia provocata dalla separazione reale o immaginaria con l’altro. I risultati avuti hanno confermato le ipotesi dei ricercatori.
- Lo stile d’attaccamento evitante è quello che più caratterizza le donne che hanno ammesso di aver simulato un orgasmo. Non solo, queste fingono per far durare meno il rapporto.
- Le persone con stile d’attaccamento ambivalente, invece, simulano per far crescere l’investimento emotivo del partner. Questa tattica ha un duplice compito, apparire più attraenti sessualmente e quindi garantire la piacevolezza del rapporto, ma serve anche a non intaccare l’autostima dell’amante.
BOWLBY AL SERVIZIO DELL’ORGASMO
John Bowlby tanto si è concentrato sull’argomento che, per lui, era alla base dello sviluppo della personalità. “L’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”. Lo psicoanalista intuì che dal legame che si formava tra il neonato e il caregiver, si potevano avere indicazioni sul tipo di personalità che il bambino avrebbe sviluppato. Mary Ainsworth approfondì e indagò le teorie di Bowlby. Individuò diversi stili d’attaccamento, tra cui quelli studiati dai due ricercatori Láng e Meskó nell’ambito della simulazione dell’orgasmo.
- L’attaccamento evitante rientra nello stile insicuro. Il bambino temendo di non trovare la disponibilità della figura di riferimento, in caso di aiuto o richieste, impara a fare affidamento solo su sé stesso. Il parente addirittura respinge il contatto con l’infante, non conforta o protegge. Quindi quest’ultimo vive con la convinzione di non essere amato, non riuscirà a creare legami stabili e duraturi proprio per la paura del rifiuto.
- L’attaccamento ambivalente è un altro stile insicuro ansioso. In questo caso il bambino non è certo della risposta del genitore. Il figlio, quindi, non sapendo che risposta riceverà, vive l’interazione con estrema insicurezza, ansia e stress. I comportamenti opposti di cui è succube, la disponibilità in alcuni casi il probabile abbandono in altri, creano sentimenti di sfiducia nelle proprie capacità e l’insostenibilità a sopportare distacchi prolungati.
HARRY TI PRESENTO SALLY
Chi non ricorda o non ha mai visto o ancora non ha mai sentito parlare della celeberrima scena al ristorante del film Harry ti presento Sally? La pellicola racconta l’evolversi della relazione tra i due protagonisti, interpretati dai giovani Billy Crystal e Meg Ryan. Conosciutisi all’università per caso, tra divertenti scambi di battute e scene comiche, viene narrata la maturità che i due ragazzi acquisiscono pian piano e la crescita che parallelamente caratterizzerà il loro rapporto. La parte che sicuramente ha contribuito a far diventare Harry ti presento Sally un vero e proprio cult è sicuramente quella in cui la donna, per dimostrare la teoria che ogni femmina finge durante il rapporto, simula un orgasmo in una tavola calda durante un semplice pasto, incurante del numeroso pubblico. Il film di fine anni ’80 tratta un argomento che suscita da, evidentemente molti anni, un vero e proprio dibattito. Tanti quesiti e numerose ricerche dopo, non si è ancora capito il perché la donna sente di dover fingere. Ma è davvero così difficile capire quando si è inevitabilmente spettatori di una scena da Oscar o agli uomini tocca fare la figura dei fessacchiotti come il povero Billy Crystal?
Sonia Felice