“The Fix” di Jimmy Carr: Netflix, immigrazione e black humor

Con la sopracitata frase si apre la seconda puntata di The Fix, un comedy show facilmente reperibile su Neflix e condotto da Jimmy Carr. In 30 minuti cinque comici si alternano in divertenti botta e risposta su vari temi scottanti senza risparmiare sarcasmo e osservazioni pungenti. Negli ultimi minuti di ogni puntata si presentano poi soluzioni molto improbabili: da qui il nome del programma, “the fix”.

A dirigere e indirizzare il black humor è Jimmy Carr, noto stand up comedian che apre la discussione sul tema immigrazione con una battuta: “Vedo la polizia di frontiera come vedo il mio rapporto col sesso: certo, ho dei limiti, ma ogni tanto lascio che qualche messicano si intrufoli.” Non che i colleghi siano meno famosi: ospiti della puntata sono D. L. Hughley,  Al Madrigal, Katherine Ryan e Joel Kim Booster. Ecco allora che un comedy show si trasforma in un dibattito costruttivo, con una buona dose di black humor ad alleggerire il tutto.

Jimmy Carr

“A racist windchill”

Il primo tema che lo show affronta è la percezione del numero di immigrati: molti americani pensano che il 33% della popolazione sia composta da stranieri, ma il dato reale è 13%. Abbiamo già visto che in Italia si incontra un problema analogo (link qui) e Katherine interviene nello show riportando che anche nel Regno Unito la situazione è simile: c’è chi pensa che Birmingham sia al 99% musulmana. Ovviamente non è così ma “si avvertono più musulmani” commenta lei “si avverte una brezza di razzismo” – umidità percepita a Birmingham 99% musulmani.

A una percezione aumentata del numero di persone considerate estranee si associa quasi sempre una sensazione di avvertita minaccia, più o meno esplicita. Questo fa riflettere i comici di “The Fix” e non solo: diversi studi hanno dimostrato la rilevanza del problema. La colpa di questa distorsione percettiva è imputabile senza dubbio alla disinformazione e alla scarsa imparzialità di alcuni mass media.

“When you had the country all to yourself, you invited us to the party”

Un’altro spunto di riflessione lo dà D. L. Hughley, comico afro-americano: “quando sento qualcuno dire -rivogliamo indietro la nostra nazione- mi incazzo perché quando avevate tutta la nazione per voi ci avete invitato alla festa, non è che abbiamo prenotato il viaggio quando abbiamo saputo che stavano assumendo”.

Dietro questa battuta che potrebbe passare inosservata si cela una costante della storia: nelle fasi di crescita economica gli immigrati sono ben accetti perché offrono lavoro a basso prezzo ma nei momenti di recessione essi sono i primi ad essere guardati con sospetto. In particolare il comico fa riferimento al sistema schiavista americano per la coltivazione di piantagioni. Questo permise agli Stati Uniti di offrire materia prima a bassissimo costo e diventare una potenza mondiale molto rapidamente. In seguito all’abolizione della schiavitù aumentarono i flussi migratori verso gli USA e di nuovo la manodopera a basso costo fu necessaria per poter reggere l’espansione economica e geografica americana. “I supremazisti bianchi dicono -Abbiamo costruito questa nazione- No, avete fatto da supervisori.” aggiunge Hugley.

D. L. Hughley

Si passa poi al tema del controllo dei confini, molto caldo negli Stati Uniti soprattutto da quando Trump ha irrigidito i controlli e riconfermato le sue idee riguardanti il muro al confine col Messico. Jimmy Carr osserva che però l’idea non è così male: “I muri funzionano. Sono stato in Cina l’anno scorso: nessun messicano.”

We want us to integrate, so we do”

Durante lo show vengono mostrati altri dati: si tratta di un confronto tra immigrati di prima o seconda generazione e un americano nato da genitori non stranieri.

Per quanto riguarda le probabilità di commettere crimini, gli immigrati di prima generazione restano sul 17%. Interessante vedere come l’immigrato di seconda generazione e lo statunitense “doc” invece si allineino: 25% di probabilità. “Ci volete integrati e noi lo facciamo” commenta Mona Chalabi.

Per quanto riguarda il guadagno medio annuale, un immigrato di prima generazione si stima prenda 45.800 dollari l’anno. Un cittadino americano con genitori americani guadagna nettamente di più: siamo sui 58.200 dollari annui, con uno scarto al rialzo di 100 dollari rispetto agli americani con genitori stranieri.

Per quanto riguarda invece l’istruzione invece, gli immigrati di seconda generazione fanno un salto qualitativo notevole: il 36% dei ragazzi vanno al college, mentre si allineano immigrati di prima generazione e statunitensi “doc” con una percentuale rispettivamente del 29 e 31%.

Giada Annicchiarico

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.