Il cinema rappresenta il Male come potenti mostri, ma la Arendt li descrive come uomini banali

Il cattivo della Marvel o il freddo burocrate de “La banalità del male”, dov’è che dobbiamo ricercare il male nella realtà?

Thanos

Il cinema ci ha abituato a identificare il male in mostri onnipotenti e spregiudicati come Thanos, ma la Arendt non smette di ricordarci che può nascondersi in uomini banali, in apparenza ingenui, come Adolf Eichmann.

Hannah Arendt

Thanos e Eichmann

Thanos è il cattivo per eccellenza degli ultimi film Avengers della Marvel,  ricerca le gemme dell’infinito, ognuna capace di manipolare un aspetto della realtà, per diventare l’unico padrone dell’universo, e, grazie al potere delle gemme, poter eliminare gran parte degli esseri viventi presenti in esso, garantendo ai rimasti risorse in abbondanza. Una sorta di Eden materiale, nato però dalla morte di milioni di persone. Hannah Arendt, nel suo libro “La banalità del male” descrive il processo tenutosi nei confronti di Adolf Eichmann, nazista con il preciso compito di organizzare il trasporto di milioni di ebrei nei campi di concentramento. Uomo minuto, freddo, impassibile. Ha eseguito degli ordini da superiori, perciò si sente innocente.

Due forme di male

Dalla descrizione del processo sembra inverosimile che quest’uomo abbia commesso tali crimini, poiché osservandolo lo si può ritenere una persona “normale”. Ma come è possibile allora che quest’uomo sia realmente colpevole? Il punto è che Eichmann aveva perso la capacità stessa di pensare e come un freddo burocrate si limitava a svolgere quelli che erano i suoi compiti. Thanos, al contrario, porta avanti il suo scopo in maniera calcolatoria, con ogni mezzo disponibile, sacrificando anche ciò a cui tiene di più, ma si sente il responsabile delle sue azioni sin dall’inizio. Nella Arendt il male, per dirla in termini kantiani, non è più una condizione ben radicata nell’uomo che lo porta ad allontanarsi dalla legge morale, non nasce dal cattivo uso della ragione a favore di desideri personali, ma è il totale annullamento della facoltà di pensare e giudicare moralmente, facendo coincidere gli ordini del capo con l’unica morale esistente: quella dell’obbedienza. Eichmann non usò mai la coscienza e perciò non si prese mai le responsabilità dell’accaduto e né tantomeno si pentì dei suoi gesti, non si chiese se fosse giusto o sbagliato, esisté solo la legge dell’obbedienza.

Il male non è radicale

Ecco perché il male si manifesta nella banalità, non in un mostro capace di distruggere l’universo o nella mente di un folle, ma in gente normale. Il merito della Arendt sta nel fatto di aver capovolto il tradizionale senso comune di vedere il male come un’entità esterna, riportandolo invece dentro l’uomo. La Arendt descrive il male come un fungo, capace di diffondersi in poco tempo, ma non ha radici: solo il bene è radicale, esso infatti si radica nelle profondità dell’animo ed è ininterrotto, il male invece nasce dal totale annullamento del pensiero e della legge morale, si contrappone quindi alla ragione stessa, e può trovare rifugio nella mente di una qualsiasi persona, apparentemente normale. L’autrice quindi ci descrive un male ben peggiore rispetto a quello a cui siamo abituati a pensare: se il male fosse demoniaco, l’azione di un mostro come Thanos o frutto solamente della mente di un folle, sarebbe più riconoscibile e paradossalmente più facile da sconfiggere, invece questo può trovare forma nella mente di un semplice impiegato, di un cittadino, di un genitore o di uno studente, ed è molto più difficile da riconoscere, molto più difficile da combattere.

1 commento su “Il cinema rappresenta il Male come potenti mostri, ma la Arendt li descrive come uomini banali”

  1. Fantastica riflessione!! Mi piace un sacco il collegamento fatto tra l’immagine del cattivo per antonomasia in contrasto con la realtà. Voto 10!

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