La risposta del giurista italiano nei confronti dell’ermeneutica onto-esistenziale di Gadamer è l’uso del giusto metodo.
In uno degli articoli precedenti abbiamo trattato la possibilità dello studio oggettivo della storia, osservando il pensiero del filosofo Hans Gadamer che fonda la sua ermeneutica sul circolo instaurato tra i nostri pregiudizi, dovuti alla storicità del intendere e l’orizzonte del dato storico.
L’ermeneutica come metodo per la storia
Il giurista italiano Emilio Betti ha elaborato, nelle sue opere “Teoria generale dell’’interpretazione” e “L’ermeneutica come metodica generale delle scienze dello spirito”, un metodo che può condurre ad un risultato scientifico dell’interpretazione tenendo conto del problema della “storicità dell’intendere” (cioè il fatto che l’interprete è condizionato dalla sua storia presente). Così come nelle scienze naturali gli ideali e le opinioni dello scienziato non devono interferire sul dato, così la presente attualità dell’interprete non deve influenzare il processo ermeneutico.
In Betti il problema dell’oggettività storica fonda su due aspetti centrali: la realtà dell’oggetto di studio e la continuità del processo ermeneutico.
L’autonomia del fatto storico
Nelle scienze naturali il problema dell’oggetto non si pone. L’oggetto è ben definito come qualcosa di diverso da noi.
Tuttavia, nelle scienze umane-storiche l’oggetto è una produzione umana che in quanto tale possiede un senso conferito dall’autore. Betti chiama questo oggetto “forma rappresentativa” cioè una “struttura idonea a conservare l’impronta di chi l’ha foggiata”. Nella forma rappresentativa il senso è oggettivato in essa, dunque possiede una sua autonomia rispetto al soggetto interpretante. La possibilità dello studio oggettivo del fatto storico è determinata proprio dalla natura autonoma di esso in quanto oggettivazione.
Betti infatti ne “L’ermeneutica come metodica” critica il teologo esistenzialista Bultmann che vede nello studio storico una mera attribuzione di significato da parte dell’interprete. Lo storico, invece, non deve attribuire nessun senso al fatto, ma deve estrapolarlo da esso.
Il processo ermeneutico come processo perpetuo
Nella stessa opera il giurista italiano volge la critica verso la posizione gadameriana sulla storicità dell’intendere.
Betti afferma che lo storico, cosciente di approcciarsi al fatto storico con “le lenti del suo tempo”, dovrà mettere da parte gli ideali, i concetti e le categorie del presente, attraverso l’applicazione del giusto metodo, per giungere alla scientificità del processo interpretativo. L’unico ruolo inevitabilmente del presente è quello di indirizzare la ricerca attraverso le problematiche della contemporaneità.
Bisogna infatti ricordare che lo studio storico è caratterizzato da un continuo revisionismo, stimolato dalle nuove scoperte e dai nuovi approcci alle fonti, che producono dati nuovi ed originali volti a completare quelli già presenti. È sbagliato, dunque, intendere il processo ermeneutico come un processo volto all’assolutezza del suo risultato.