E possibile raggiungere la felicità continuando a preoccuparsi del futuro?
Per riuscire ad essere felici è necessario liberarsi della concezione cristiana del tempo vivendo in funzione di ciò che è e non di ciò che sarà.
“Avido avidamente”
Avido avidamente è il titolo di una canzone inedita del cantautore italiano Ivan Graziani. Tratta da un provino dell’artista il testo della canzone si incarica di denunciare il cinismo e la mancanza d’affetto che spesso dimostrano quanti preferiscono raccogliere e conservare beni materiali piuttosto che coltivare solide relazioni interpersonali. “E non strusciare le tue scarpe che mi consumi il pavimento e se ti invito a casa mia ti porterai la colazione dieci lire nel rubinetto per sprecare meno acqua“; in modo ironico l’autore sottolinea come per l’avaro sia più importante risparmiare e acquisire più ricchezza possibile piuttosto che dedicare la sua vita alla crescita personale e ai legami affettivi. L’avaro, però, compie un errore: credere di poter continuare ad acquisire ricchezza per sempre; nel momento in cui l’avaro avrà accumulato una quantità spropositata di beni e ricchezze si renderà conto di essere alla fine della sua vita e di non poter far nulla per poter conservare e portare con sé i propri beni materiali. La concezione del tempo propria dell’avaro-uomo moderno si oppone alla visione che gli antichi avevano di quest’ultimo; nel mondo greco precristiano, infatti, non esisteva la preoccupazione “per ciò che sarà”, gli antichi avevano una sola dimensione temporale, il presente. Gli stoici, ad esempio, erano convinti che avere una prospettiva futura fosse l’inizio del male e che fosse dunque necessario abbandonare il pensiero di “ciò che sarà” accontentandosi di vivere “in ciò che è”.
“La Roba”
La roba è una novella dello scrittore siciliano Giovanni Verga; l’opera viene pubblicata per la prima volta nel 1880 sulla rivista “La rassegna settimanale” per poi essere successivamente aggiunta nella raccolta “Novelle rusticane”. La novella è ambientata a Francoforte (contrada Passaneto) e racconta la storia di Mazzarò, un bracciante che per tutto il corso della sua vita ha cercato di accumulare terre e ricchezze. Grazie alla sua scaltrezza e alla sua intelligenza l’uomo riesce a diventare il proprietario di un numero spropositato di beni, riuscendo persino ad acquistare tutte le proprietà del suo vecchio padrone lasciando a quest’ultimo solo lo stemma della famiglia. Per attuare il suo progetto Mazzarò “sacrifica” interamente la sua vita diventando un uomo solitario e avaro. Stanco, vecchio, solo e consapevole di dover morire l’uomo si dispera poiché sa di dover lasciare tutti i beni materiali che ha avaramente cercato di acquisire per tutto il corso della sua vita “Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla!”. La novella si conclude con il disperato tentativo di Mazzarò, oramai impazzito, di portare via con sé la roba “Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: – Roba mia, vientene con me!”
Il manuale di Epitteto e la felicità
Epitteto è stato un filosofo greco antico esponente della corrente stoica di epoca romana. Il filosofo non ha mai scritto nulla e tutto ciò che abbiamo di lui lo dobbiamo al lavoro svolto da Flavio Arriano, uomo romano che segue le lezioni impartite da Epitteto trascrivendo in modo attento gli insegnamenti del maestro. Nell’incipit del manuale Epitteto si pone di rivelare agli uomini quale sia il modo più veloce di raggiungere la felicità: “Tra le cose che esistono, le une dipendono da noi, le altre non dipendono da noi. Dipendono da noi: giudizio-di valore, impulso ad agire, desiderio, avversione, e in una parola, tutti quelli che sono propriamente fatti nostri’. Non dipendono da noi il corpo, i nostri possedimenti, le opinioni che gli altri hanno di noi, le cariche pubbliche, e in una parola tutti quelli che non sono propriamente fatti nostri”. In modo chiaro e conciso il filosofo greco cerca di far capire agli uomini che solo poche cose sono sotto il controllo diretto dell’azione umana; per raggiungere la felicità, dunque, è necessario che l’umanità si disinteressi totalmente delle cose che non può controllare poiché queste sfuggiranno sempre alle predizioni umane ” Ma se provi avversione per la malattia, la morte o la povertà, avrai ciò che non desideravi“.