“Si alza il vento”: il capolavoro di Miyazaki affronta la dualità del mito della macchina

L’aereo ha da sempre un fascino indiscusso perché permette all’uomo di volare, ma è imputabile quando è macchiato di sangue?

L’invenzione dell’aereo è nell’immaginario collettivo sinonimo di progresso, superamento dei propri limiti e contemporaneamente sinonimo di morte disumana e improvvisa. Il maestro della matita Hayao Miyazaki affronta questo delicato tema, lasciando spazio alla speranza.

Si alza il vento…

Le sale dei cinema italiani verranno popolate dai personaggi più amati e caratteristici dello Studio Ghibli: il grande schermo, grazie alla rassegna targata Lucky Red Un mondo di sogni animati, accoglierà cinque tra le pellicole più iconiche del maestro del manga Hayao Miyazaki. A inaugurare il calendario – dal 6 al 12 luglio – sarà il capolavoro del 2008 Ponyo sulla scogliera, e a chiuderlo, ultimo ma non per importanza, Si alza il vento (2013) – dal 24 al 30 agosto. Candidato al Premio Oscar Miglior Film d’Animazione, Si alza il vento con estrema dolcezza e in punta di piedi porta lo spettatore in un mondo che ha poco a che vedere col mondo dell’infanzia: la pellicola ripercorre la storia di Jirō Horikoshi (1903-1982), famoso ingegnere aeronautico che consacrò la sua vita al più grande sogno dell’uomo, quello di volare.

Un sogno che, per la natura stessa dell’uomo, si tramuta in incubo: Zero, il leggendario caccia a cui Jirō ha lavorato, fu l’arma più letale dell’aviazione giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. La perfezione della natura, riscontrabile nel volo delle varie specie della natura, è da sempre per l’essere umano motivo di indicibile fascino, è, come per Icaro, il sole. Ma la conosciamo tutti la fine del figlio di Dedalo. E così, tutta la pellicola si muove sul continuo contrasto tra sogni apparentemente irrealizzabili, che si alzano in cielo tra nuvole bianchissime, e la realtà dei fatti: la capacità dell’uomo di rendere ciò che è quasi magia in strumento di morte e distruzione.

È estremamente significativo che il titolo del film – Si alza il vento – sia una citazione di Paul Valery dal poema Il cimitero marino. Pubblicato nel 1920, l’autore francese ripenserà più volte a quella frase e con essa a quegli anni, quelli a cavallo tra le due guerre, in cui all’uomo poteva rimanere solo la speranza di rialzarsi, come il vento. La citazione, che percorre tutta la pellicola, viene completata da “il faut tenter de vivre”, “bisogna tentare di vivere”.

Guerra come igiene del mondo

Gli anni in cui Paul Valery meditava quotidianamente sulle ragioni dell’esistenza umana, sono gli stessi in cui vedevano la luce opere e interventi come il Manifesto del Futurismo, in cui Filippo Tommaso Marinetti esaltava tutto ciò che era novità, audacia, il pericolo, la velocità, la macchina. Nel Manifesto si legge:

Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante,

la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa,

essa pure, sul circuito della sua orbita

e ancora:

Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo –

il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari []

La violenza che traspare è, ovviamente, una provocazione portata all’estremo: i Futuristi credevano fermamente nello sviluppo, nella modernità, nel passo avanti dell’uomo, per contrastare, però, l’immobilità dei primi anni del Novecento e tutto quello che rappresentava il passato dell’essere umano: i musei, rappresentazione per eccellenza della fissità dell’uomo, erano ormai dei cimiteri e, come tali, visitabili una volta l’anno come nel Giorno dei Morti. Parole del genere, se prese alla lettera, incitano alla guerra, alla violenza, alla supremazia, a tutto ciò che ha effettivamente regnato degli anni centrali del XX secolo.

… bisogna tentare di vivere

La realtà dei fatti è ben altra: l’uomo contemporaneo ha bisogno di cavalcare l’onda – o farsi trasportare dal vento – del progresso perché è solo grazie ad esso che l’essere umano non può esser scalzato via. Un rischio c’è, ed è quello in cui l’uomo e la macchina si confondono a tal punto da immedesimarsi l’uno nell’altro. Ed è la dualità continua che emerge dalla pellicola dello Studio Ghibli. Morte e distruzione vi saranno sempre, finché l’essere umano non sarà in grado di utilizzare ciò che produce, non di essere utilizzato.

Accompagnato, come da un vento che soffia costante, dalla tragica vicenda d’amore con Nahoko, Jirō si renderà conto che, nonostante le macchie di sangue che ricoprono il suo capolavoro di ingegneria Zero, egli non è responsabile della follia altrui e che

Si alza il vento, bisogna tentare di vivere

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.