Senza il diritto all’acqua non c’è vita: difenderlo e garantirlo sono un nostro dovere

Parlare di diritto all’acqua è come parlare di diritto alla vita. Entrambi sono diritti inalienabili per ogni essere umano.

L’uso globale dell’acqua è aumentato di 6 volte negli ultimi 100 anni e continua a crescere a un tasso di circa l’1% annuo per l’aumento della popolazione e il cambiamento dei modelli di produzione e consumo di risorse. Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, il mondo potrebbe affrontare una carenza idrica globale del 40% entro il 2030. Il tema dell’acqua, dunque, rientra nei temi affrontati dai diritti umani, perché fa parte degli obblighi positivi rientranti nel macro mondo del diritto alla vita. E in questo articolo scopriremo il perché.

Il diritto all’acqua nel diritto internazionale

Come si è arrivati a definire l’acqua come diritto umano? Il collegamento primario tra queste due nozioni si fonda, in maniera più estesa, sul diritto alla vita e al rispetto della dignità umana già espresso agli albori del secondo dopoguerra. Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 infatti, l’art. 25 parla di assicurare a tutti un adeguato standard a livello della salute e del benessere, includendo tra questi l’alimentazione, il vestirsi, il “diritto alla casa“ e alle cure mediche. Quasi trent’anni dopo, nel 1977, in Argentina ebbe luogo la Conferenza sull’acqua dell’ONU a Mar Del Plata. Qui fu riconosciuto per la prima volta il diritto all’accesso all’acqua potabile per ogni essere umano: la centralità di questo tema pose le basi per gli sviluppi di successivi accordi e dichiarazioni. Ad esempio, sia la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne del 1979 che la Convenzione per i diritti dell’infanzia del 1989 ribadirono l’importanza dell’acqua come fondamento per il rispetto di entrambi i trattati. Nel 1998, il Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull’Acqua compì un ulteriore passo avanti con la redazione del Manifesto dell’Acqua siglato a Lisbona. In quel caso, si propose di rendere i cittadini parte attiva nel garantire l’accesso universale all’acqua potabile attraverso la promozione di campagne di informazione, sensibilizzazione e mobilitazione. Nel 2000, il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali dell’ONU espresse un commento generale in cui ampliava il diritto alla salute alla dimensione dell’acqua come bene primario e necessario per adeguate condizioni di vita. Lo stesso Comitato, due anni più tardi, ribadì quanto affermato rafforzando il legame tra il diritto all’acqua e quello alla salute. In un rapporto del 2003 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il diritto all’acqua viene espressamente associato all’idea di diritto umano inteso come obbligo da parte di Stati e governi nel fornire adeguato accesso all’acqua ai cittadini. In questo caso, oltre alla dimensione di bisogno primario, si sottolinea l’importanza dell’acqua anche per le attività economiche di tutti i settori, dall’agricoltura e l’allevamento fino alla manifattura e all’industria. Di fatto, il rapporto sancì per la prima volta la necessità di considerare il diritto all’acqua come diritto umano a tutti gli effetti. In particolare, tra i motivi di questa scelta, si fece riferimento a tre ragioni principali: la necessità di sottolineare l’importanza sociale dell’acqua piuttosto che come semplice merce o servizio; mettere le comunità più vulnerabili nelle condizioni di partecipare maggiormente ai processi decisionali riguardanti l’acqua; utilizzare i sistemi e i meccanismi legali delle Nazioni Unite per monitorare i processi relativi all’accesso all’acqua rendendo così i governi e le istituzioni più responsabili.

I passi avanti fatti dall’Unione Europea

Avere accesso gratuitamente all’acqua potabile è un diritto per il quale l’Unione europea si batte da anni.
Lo scorso dicembre il Parlamento europeo ha approvato un accordo con i Paesi membri per migliorare la qualità dell’acqua e favorire l’accesso a tutti i cittadini. Il 15 dicembre il Parlamento europeo ha approvato l’accordo con i Paesi UE sulla nuova direttiva relativa all’acqua potabile, la quale prevede un impegno da parte degli Stati membri a garantire un migliore accesso all’acqua di rubinetto di alta qualità. La direttiva rappresenta un traguardo importante, soprattutto se si considera che l’accesso all’acqua è un diritto di un valore inestimabile dal quale, la maggior parte delle volte, sono escluse le fasce più vulnerabili della popolazione. Il testo legislativo, adottato in seconda lettura senza emendamenti, agisce indirettamente anche sulla diseguaglianza, generando una riduzione del gap sociale. Le nuove regole introdotte rappresentano la risposta che oltre 1,8 milioni europei aspettava da tempo: è questa più o meno la cifra dei firmatari dell’iniziativa “Right2Water”, promossa dai cittadini per sostenere azioni volte a implementare l’accesso all’acqua potabile sicura. Pertanto, ora la parola passa ai singoli Stati. Ciascuno di essi dovrà adeguarsi alla direttiva europea, e per farlo avrà a disposizione due anni di tempo dalla sua entrata in vigore. I Paesi UE dovranno porre in essere azioni capaci di favorire e garantire la fornitura gratuita di acqua negli edifici pubblici e incoraggiare ristoranti, mense e servizi di catering a fornire l’acqua ai clienti gratuitamente o a basso costo. Inoltre, dovranno adottare misure per migliorare l’accesso all’acqua per i gruppi vulnerabili, come i rifugiati, le comunità nomadi, i senzatetto e le culture minoritarie come i Rom. Ma non finisce qui. L’intento delle istituzioni europee è di aumentare la fiducia dei consumatori di acqua potabile proveniente dal rubinetto, perché solo così si potrà anche porre rimedio all’eccessivo uso di bottiglie di plastica. Per raggiungere questo obiettivo diventa fondamentale l’informazione. I cittadini dovranno essere messi nelle condizioni di poter scegliere l’acqua del rubinetto, consapevoli che quest’ultima non arrecherà alcun danno alla loro salute. Ed è per questo motivo che l’Unione europea con questa direttiva ha dettato regole più severe circa la presenza di inquinanti nell’acqua. In linea con l’obiettivo di azzerare l’inquinamento, secondo quanto previsto dal Green Deal, la Commissione si è impegnata a monitorare e redigere entro il 2022 un elenco di sostanze considerate nocive per l’ambiente e per l’uomo. Un ruolo importante è riconosciuto all’Agenzia europea per le sostanze chimiche che dovrà vigilare sull’utilizzo di prodotti strettamente a contatto con l’acqua, come le condutture e i rubinetti, per garantirne l’adeguatezza. Questa direttiva, pertanto, segna una svolta decisiva per le famiglie e l’ambiente che le ospita. Si stima che l’accesso sicuro e gratuito all’acqua del rubinetto comporta un risparmio di circa 600 milioni di euro all’anno, nonché una riduzione di rifiuti di platica di cui beneficerà il Pianeta.

Gli ostacoli al diritto all’acqua

Come visto dall’evoluzione del contesto internazionale, la gestione dell’acqua a livello mondiale ha risentito positivamente di un approccio fortemente basato sui diritti umani. Secondo i dati del Centro Regionale di Informazione (CRI) delle Nazioni Unite, tra il 1990 e il 2015 la proporzione di popolazione mondiale che utilizza migliori fonti di acqua potabile è salita dal 76 al 91%. Tuttavia, l’accesso a fonti di acqua potabile non è ancora garantito a molte persone, come dimostrato da altri dati del CRI: ad oggi, ancora 2,4 miliardi di persone non hanno accesso a servizi igienici di base come WC o latrine. In più, 663 milioni di persone sono sprovviste di fonti sicure di acqua potabile; la scarsità d’acqua colpisce più del 40% della popolazione globale, una percentuale di cui si prevede un aumento; oltre 1,7 miliardi di persone vivono in bacini fluviali dove l’utilizzo d’acqua eccede la sua rigenerazione.
Gli ostacoli principali all’implementazione effettiva del diritto all’acqua sono ben noti, specialmente nelle nazioni e nelle regioni più povere: mancanza di infrastrutture adeguate, limiti finanziari e amministrativi, carenza di sforzi nella cooperazione e nella condivisione di informazioni. Oltretutto, i pericoli derivanti dal cambiamento climatico rappresentano un rischio ancora maggiore per alcune zone del mondo. Ad esempio, oltre alla carenza di acqua potabile, la scarsità d’acqua minaccia i territori dove l’irrigazione è essenziale per il sostentamento della popolazione. La diminuzione della quantità e della qualità dell’acqua, inoltre, è un elemento di destabilizzazione sociale e politica, oltre che di potenziale causa di conflitti nel medio-lungo periodo. Inoltre, i grandi numeri sembrano essere troppo lontani, ma se immaginiamo che ciascuno dei 700 bambini sotto i cinque anni che ogni giorno muoiono di diarrea legata ad acqua non sicura e servizi igienici inadeguati è un bambino che conosciamo, riporta immediatamente il problema davanti a noi.

 

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