Quattro chiacchiere con Paolo Mameli, autore e amico dell’artista Rossana Molinatti.
Quando vidi per la prima volta i Tableaux vivants della signora Rossana Molinatti restai colpita da due fattori principali: il primo fu quello di non averli mai visti prima; il secondo invece, fu la meravigliosa sensazione che mi trasmisero, erano un insieme di gioia e colore, tessuti sapientemente uniti, esperienza e arte; la curiositá mi spinse a fare ulteriori ricerche, che mi portarono al suo sito personale dove trovai i suoi contatti, decisi così di scriverle e proporle una chiacchierata con me.
Purtroppo alla mail non rispose nessuno fino a giorno 8 gennaio, data in cui mi arrivó una risposta, una risposta triste, da un suo caro amico, che mi l’avvenuta dipartita annunciava della signora Molinatti appena quattro giorni prima.
Paolo Mameli, amico da anni dell’artista, autore, fotografo e artista anche lui, non esitó peró a mettersi a disposizione per rispondere alle mie curiosità; ecco com’è nata quest’intervista, volta a ricordare con simpatia e affetto un’originalissima artista italiana.
L’intervista
Com’è nata l’idea dei tableaux vivants?
Nell’80 Maurizio Scaparro propose di rilanciare il carnevale Venezia, capitó, in questo contesto, quel fenomeno strano e bellissimo per cui l’idea partì dall’alto, ma si diffuse prontamente verso tutta la popolazione, che in men che non si dica cominció a girovagare in maschera per le strade di Venezia durante il Carnevale, ma non solo, la gente si vestiva così anche per andare in ufficio, a lavoro, a far la spesa; anche Rossana si travestì, ma sentì che un’artista innamorata dell’arte come lei doveva fare di più, quindi decise di portare l’arte in piazza: la prima opera fu la “Nina con Paloma” di Picasso, lei inscenó la protagonista dell’opera con una cornice in mano, mentre una sua amica recitava la parte del pittore.
Col tempo il suo repertorio si fece vasto e variegato, si passava da Magritte, a Klimt a Ernst e così via.
Come avviene la realizzazione di un tableaux vivants?
Prima di tutto Rossana valutava quale artista poter rappresentare, è chiaro che non su puó rappresentare qualsiasi artista, rappresentare un astratto, ad esempio, sarebbe un’impresa, o ancora, con un Caravaggio si rischierebbe di scadere nel kitsch.
Dopo Rossana passava alla parte esecutiva, che comprendeva i disegni e la ricerca dei materiali, lei in questo era bravissima, spesso riusciva a trasformare dei materiali di risulta dandogli nuova vita; con l’uso di tessuti diversificati riusciva a rendere bene le sfumature di colore, i punti di luce e i dettagli, a cui teneva molto.
Mi racconti il suo rapporto con la pittura?
Uno dei suoi tableaux, Arlecchino, prese spunto proprio da una sua opera pittorica; lei aveva disegnato un Arlecchino tutto bianco e nero, usando come unico tocco di colore dei coriandoli sparsi sul foglio; va da sè che un’artista come Rossana non poteva essere indifferente alle varie declinazioni dell’arte, il suo interesse si concentró anche sul cinema ad esempio, e vinse diversi premi.
Qual era il suo tableaux vivants preferito?
Era molto soddisfatta di Guernica di Picasso, soprattutto perchè tutti lo riconoscevano per strada e perchè lo aveva ideato nei periodi di tensione tra America e Corea del Nord; ma era legata molto anche a quelli di Magritte, lei adorava il surrealismo.
E Dalì?
Non ha fatto nulla, semplicemente perchè non le piaceva.