In questi giorni sono stati ritrovati a Saqqara più di 100 sarcofagi di epoca egizia ricchi di tesori più disparati. Sarà conveniente cerare di aprirli alla fine di questo anno così “complicato”?
Le mummie egizie sono tra i reperti storici più famosi. Sono state e sono protagoniste di colossal cinematografici ed hanno dato vita a moltissime leggende. Pochi giorni fa degli archeologi hanno ritrovato a Saqqara più di 100 nuovi sarcofagi contenenti importanti reperti, ma come può una mummia fornire dati ed informazioni rilevanti per la ricerca storica?
I sarcofagi di Saqqara
L’ultima scoperta è stata la più imponente dall’inizio dell’anno e proviene dallo scavo di ben tre diversi pozzi funerari profondi oltre 12 metri. Tutti i sarcofagi sono in legno dipinto e sembrano risalire, in parte, alla dinastia dei Tolomei. Con grande probabilità i nuovi reperti contengono le mummie di alti funzionari di Stato. Attualmente solo uno dei sarcofagi è stato effettivamente aperto ed ha rivelato al suo interno una mummia perfettamente conservata. Insieme ai sarcofagi sono state ritrovate statue dorate e maschere funerarie ben conservate. Il sito di scavo è lo stesso dal quale provengono i 60 sarcofagi ritrovati tra settembre ed ottobre. La notizia del nuovo ritrovamento, infatti, è stata accompagnata dalla scoperta di un testo particolarmente antico all’interno di uno dei sarcofagi già in esame. Molto probabilmente si tratta di una introduzione al Libro dei Morti e potrebbe avere più di 4 mila anni.

Mummificazione
Spesso si conoscono le mummie, ma non il processo utilizzato per “crearle”. La mummificazione è un metodo di fossilizzazione che non riguarda solo gli Egizi. Prevede una disidratazione rapida dei tessuti volta a bloccarne la decomposizione e può avvenire in maniera naturale o artificiale. Tutto ciò si attua perché in assenza di acqua ed O2 pochi agenti degradatori riescono a sopravvivere. Il processo naturale si verifica in ambienti con particolari condizioni climatiche. Solitamente c’è bisogno di un microclima secco e caldo, lievemente ventilato. In archeobotanica ci sono testimonianze di semi e frutti ritrovati in siti desertici che si sono conservati grazie a questo processo. In questo caso i fossili mantengono particolarmente bene le loro caratteristiche consentendo uno studio più approfondito. Non è raro che anche delle sepolture subiscano naturalmente la mummificazione, ne sono esempio le mummie di Roccapelago.

Nell’antico Egitto
Gli antichi egizi erano esperti nella mummificazione, per loro era un vero e proprio rituale con il compito di aiutare il defunto ad accedere al Mondo dei Morti. I sacerdoti estraevano gli organi dal corpo del defunto e, senza danneggiarli, li riponevano in dei vasi canopi, sostituendoli con aromi come la mirra. Successivamente immergevano il corpo in acqua salata o in naton, un sale naturale del sodio, per interi giorni, per favorire la mummificazione. Alla fine lo fasciavano con bende di lino imbevute di gomma naturale o di resina, che favorivano l’isolamento dall’aria circostante. L’unico organo lasciato al suo posto era il cuore che, per gli Egizi, era il “biglietto d’ingresso” per l’aldilà. I vasi canopi aventi le sembianze dei figli di Horus, erano riposti nel sarcofago insieme a degli amuleti ed alla maschera funeraria che aveva il compito di consentire il riconoscimento del defunto dinanzi ad Anubi.
