“Risvegli”: il film che racconta la vera e incredibile storia dei pazienti del dr. Sacks

Le esperienze del celebre neurologo con i malati affetti da encefalite letargica vengono narrate in un commovente film, impreziosito dalle interpretazioni di Robin Williams e Robert De Niro.

Oliver Sacks, neurologo e autore di saggi divulgativi sulla neuropsicologia. Tra i più famosi “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” e “Risvegli”, dal quale è stato ispirato il film.

Delle persone in un ospedale del Bronx, costrette a quella che in maniera poco convinta potremmo definire “vita”, in stato catatonico, nella quasi totale impossibilità di esprimersi o muoversi, si risvegliano dopo decenni di “letargo” grazie alle geniali intuizioni di un neurologo. Lo spiraglio di un futuro più roseo sembra aprirsi per questi pazienti, ma quali inevitabili complicazioni comporta il loro risveglio?

Encefalite letargica: i riflessi spettacolari dei pazienti “addormentati”

È il 1969 e il dottor Malcolm Sayer (aka Oliver Sacks nella vita reale, interpretato da Robin Williams) viene trasferito al Beth Abraham Hospital, nel Bronx di New York, per prestare servizio come neurologo in uno dei suoi reparti. I pazienti ricoverati nel suddetto reparto si trovavano tutti in una condizione di catatonia da diversi decenni, senza la benché minima speranza di un miglioramento né tantomeno di una cura. È del tutto lecito immaginare che un ambiente del genere possa essere considerato poco stimolante e piuttosto deprimente per un giovane dottore. In effetti l’evolversi delle vicende si è rivelato inaspettato anche per Sayer, che dopo un primo periodo di ambientazione ha ricavato delle interessanti osservazioni dai suoi pazienti. Una paziente in particolare aveva colpito la sua attenzione: un giorno, mentre le stava effettuando una visita di controllo, per sbaglio le fece cadere gli occhiali dal viso. Notò con stupore che la donna, con un rapidissimo movimento meccanico, era riuscita ad impedire che cadessero. Verificò anche con gli altri pazienti la presenza di riflessi spontanei ed efficaci che consentivano loro di intercettare qualsiasi oggetto venisse loro lanciato, pur rimanendo in uno stato di apatia catatonica (particolarmente divertente la scena in cui i pazienti disposti a cerchio si lanciano una palla totalmente inconsapevoli dei loro movimenti). Sayer scoprì persino che, sulle note di alcune particolari canzoni, probabilmente in base alle presunte preferenze dei pazienti, essi erano in grado di svolgere meccanicamente alcune azioni quotidiane, come portare un cucchiaio di zuppa alla bocca o compiere una serie di piccoli passi in linea retta, pur nella loro condizione di assenza mentale ed incoscienza. Nel cercare un comune denominatore al loro stato di catatonia, il neurologo trova che tutti questi malati erano stati colpiti dalla stessa epidemia di encefalite negli anni 20, infezione che non li aveva uccisi, ma che ha causato un progressivo peggioramento di sintomi simili a quelli del morbo di Parkinson, come spasmi e tremiti per tutto il corpo, e che dopo diversi anni li ha ridotti a vivere come dei vegetali, nella quasi totale incapacità di muoversi e parlare. Questa somiglianza ha acceso una lampadina nella mente brillante del dottor Sayer: e se l’immobilità fosse solo uno spasmo portato ad estremi livelli di intensità?

I miracoli della terapia sperimentale accendono la speranza

Così decide di tentare la sorte somministrando a uno dei suoi pazienti, sotto consenso della madre, un nuovo farmaco prescritto ai malati di Parkinson, la L-Dopa. La fortunata cavia è Leonard Lowe (Robert De Niro), un uomo di cinquant’anni, paralizzato da quando ne aveva venti e costretto a sopportare i drammatici effetti dell’encefalite dall’età di nove. Una notte, dopo che gli era stata aumentata la dose del farmaco, Leonard non è più nel suo letto. Sayer lo trova affacciato alla finestra della hall dell’ospedale. Mentre tutti dormivano, lui si era svegliato.

L’incredibile evento spinge il neurologo a somministrare il farmaco anche a tutti gli altri pazienti del reparto, con l’esito previsto del loro risveglio. Grazie alle cure e alla riabilitazione queste persone sono tornate a muoversi, a parlare, ad esprimere le loro personalità in maniera più che mai vivace ed entusiasta. Dopo aver realizzato, non senza sconcerto, di aver perso trenta, lunghissimi anni della sua vita, anche Leonard inizia ad apprezzare ogni più semplice bellezza che lo circonda. Con i continui miglioramenti chiede ed esige di poter vivere un’esistenza normale fuori dall’ospedale, per poter trovare un lavoro e crearsi una famiglia. Purtroppo dopo diverse settimane iniziano a comparire gli effetti dell’assuefazione al farmaco L-Dopa.

L’ineluttabile umanità torna a dormire

Spoiler alert: la faccenda si complica. Col passare del tempo il farmaco iniziava a perdere i suoi benefici ed era necessaria un dosaggio sempre maggiore per annullare il manifestarsi dei sintomi. Ovviamente c’era un tetto massimo di somministrazione che non poteva essere superato, per cui il povero Leonard, in primis, e a seguire tutti gli altri ricoverati, dovettero assistere ad un repentino crollo di tutti i traguardi medici raggiunti: iniziarono a presentare tic, movimenti involontari, tremori, repentini cambiamenti umorali e aggressività. Il degenerare di questi sintomi portò infine a ciò che più di tutto si era temuto: il sonno dell’anima. Così, dopo essersi rianimati solamente per la durata di un’estate, man mano i pazienti tornarono al loro letargo patologico e alla loro iniziale condizione di catatonia. Un’enorme sconfitta per il dottor Sayer, che non riesce a perdonarsi per l’andamento della terapia. “Che senso ha dare la vita, per poi ritoglierla?”. Ha imparato, però, una grande lezione da Leonard: vivere la propria esistenza assaporando al massimo ogni momento.

C’è da dire che la storia romanzata messa in scena dal film si discosta di poco dalla realtà dei fatti. L’epidemia di encefalite che ha colpito quasi cinque milioni di persone in tutto il mondo tra il 1917 e il 1927 si è veramente manifestata all’improvviso e allo stesso modo è scomparsa, lasciando dietro di sé pochissimi superstiti. Ben duecento di questi sopravvissuti, ricoverati al Mount Carmel Hospital di New York, sono stati sottoposti alla cura del farmaco L-Dopa nel 1969 e per poche settimane è cessato il loro stato di torpore ed è stato loro possibile scorgere un bagliore di speranza per una vita degna di questo nome. La storia di venti di loro è raccontata nel saggio di Sacks “Risvegli”, un libro che mette in luce l’umanità dei suoi pazienti, data per scomparsa per tanti anni si era, ma che è sempre stata in loro, sopita, e poi meravigliosamente risvegliata. Ci insegna che “lo spirito dell’uomo è più forte di qualsiasi farmaco, e che questo spirito ha bisogno di essere nutrito. Il lavoro, il gioco, l’amicizia, la famiglia: sono queste le cose che contano, e noi l’avevamo dimenticato. Le cose più semplici”.

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