Religione e progresso, Weber: la santa nascita del capitalismo

Del dualismo tra religione e progresso si è parlato parecchio, tanto in passato, con la miriade di pensieri ad aforismi prodotti dai più grandi artisti a cavallo del XX secolo, tanto nelle ultime settimane con il centro-destra da poco approdato sui lidi del governo italiano, con tanto di ormai celebre giuramento in nome del vangelo da parte del neo ministro degli interni Matteo Salvini.
La teoria della nascita del capitalismo di Max Weber è uno spunto interessante da cui partire per avere, quantomeno, una diversa concezione della religione stessa e per capire quanto effettivamente questa abbia storicamente un valore, si direbbe, rivoluzionario.

Un’analisi storica della religione

E’ del tutto logico riuscire a concepire i concetti di religione e progresso (di ogni tipo) unicamente come due poli opposti in continua opposizione tra loro, e specialmente se si vive in un periodo come il nostro in cui l’evoluzione scientifica, economia e sociale pare esser diventata l’unica forza che fa girare il mondo, il solo obiettivo che valga la pena raggiungere. E ancora, in queste circostanze, il credo religioso non può non venir etichettato come antico e addirittura sbagliato, in virtù della sua naturale abilità nel plasmare le menti degli individui e orientarle alla tradizione, ripudiando alle volte il progresso stesso. Questo ce lo dice certamente la storia, colma di dati e testimonianze a favore di questa tesi, ma non è del tutto corretto.

O meglio, nello specifico, non tutti sono stati d’accordo con questa tesi. Parliamo, ovviamente, di Max Weber, uno dei padri fondatori della sociologia moderna. Tra le tante teorie messe a punto dal sociologo tedesco, una in particolare ci viene incontro ed attira la nostra attenzione riguardo il connubio religione-progresso, ed è proprio questa che analizzeremo.

Parliamo della teoria secondo cui la nascita stessa del capitalismo abbia affondato le sue radici dal protestantesimo europeo, traendo linfa vitale dalla sua stessa ferrea dottrina.

Secondo Weber, il capitalismo altro non è che la razionalizzazione del sistema economico, razionalizzazione intesa una vera e propria evoluzione nell’interesse generale che nel capitalismo è orientato alla quantificazione e alla contabilità.

Questo processo, sempre secondo il tedesco, è stato avviato storicamente proprio dal dilagante protestantesimo (in particolare, il calvinismo) diffusosi in europa. Analizzando proprio l’etica protestante, Weber pone l’accento della sua ricerca sul concetto di predestinazione, credenza tutta calvinista secondo cui salvezza e dannazione sono predeterminate da Dio al momento della nascita e che questo destino si compirà indipendentemente dalle azioni degli individui. Da qui, iniziano a scorgersi le prime somiglianze.

I calvinisti sostenevano eticamente la ricerca del successo negli affari, intendendo questo come un vero e proprio ago della bilancia per intuire il proprio fato dopo la morte. In questo modo, secondo Weber l’etica calvinista avrebbe spinto i credenti a inseguire il successo economico, a fondare imprese sempre più grandi e a dare il via ad una fase embrionale di quello che poi evolverà nel capitalismo vero e proprio, tutto in nome del proprio credo. Inoltre, identificando questa incessante ricerca del guadagno come un dovere etico da seguire ad ogni costo, gli uomini avrebbero messo da parte anche la compassione per i più poveri, poichè il concetto stesso di predestinazione fa così credere loro che il destino dei meno fortunati sia voluto da Dio, e cioè giusta e immutabile, così come la loro posizione privilegiata.

 

Tesi e antitesi

Tutte le motivazioni già discusse di certo non bastano a convincere i più scettici dell’effettivo coinvolgimento attivo della religione in questo procedimento evolutivo. A questo proposito,Weber la vede lunga: analizzando di nuovo la storia, stavolta prendendo in considerazione culture differenti, egli dimostra la sua importante teoria facendo notare come non solo i paesi cosiddetti occidentali che hanno per primi abbracciato il capitalismo siano proprio di religione protestante, ma anche che nei paesi in cui questo non si è sviluppato subito (o non si è mai sviluppato) il suo principale impedimento è stato rappresentato proprio dalla presenza di un credo religioso differente dal calvinismo. Oltre al cattolicesimo, i cui preconcetti hanno impedito la nascita del capitalismo a causa del rifiuto categorico dell’accumulo di ricchezza e al ripudio dell’idea di predestinazione, il sociologo tedesco presta particolare attenzione ai paesi asiatici, in particolar modo alla Cina. Secondo Weber infatti, la Cina possedeva tutte le caratteristiche necessarie alla nascita del sistema capitalistico (una tradizione a favore dell’acquisizione di beni, industria ben sviluppata, abbondante forza lavoro) ma il processo è stato ugualmente frenato dal confucianesimo, religione molto diffusa sul territorio cinese e che prescriveva un totale disinteresse per lavori manuali e soprattutto per l’economia. Tutte queste mansioni erano infatti considerate poco adatte ad un nobile, il cui scopo era semplicemente mantenere lo status quo.

La teoria esposta da Weber (qui riportata in forma necessariamente minimizzata) è una prospettiva tutt’oggi parecchio affascinante. Certo è che la sua idea non è stata esente dalla presentazione di varie antitesi. Gli sono stati attribuiti una scarsa conoscenza del protestantesimo di base (soprattutto di alcune importanti branche come il puritanesimo) e in generale una troppo debole attenzione alle numerose variabili che insieme alla religione stessa hanno contribuito al cambiamento, come cambiamenti sociali ed economici del tempo.

E’ innegabile però come, a conti fatti, le prove empiriche sostenute dal sociologo siano quantomeno da tenere in considerazione, soprattutto quando si parla, ancora una volta, di religione legata al progresso.