Radbury aveva ragione: si può vivere su Marte grazie al Metano

Segugi marziani

Si attendeva da 15 anni una conferma della presenza di metano su Marte. C’erano due nasi elettronici a fiutare una fuga di gas sul pianeta rosso, entrambi nel posto giusto e al momento giusto. Il 15 giugno 2013, il Rover Curiosity, ammartato nel cratere Gale dieci mesi prima, rilevò una concentrazione di metano. Dopo appena un giorno, la sonda dell’Esa Mars Express passò sopra lo stesso luogo e anche lei vide la stessa cosa con uno strumento italiano: lo spettrometro di Fourier, Pfs. L’analisi dei dati rappresenta la conferma che su Marte il metano c’è. Lo studio dice però molto di più: gli scienziati sono riusciti a capire da dove potrebbe arrivare il gas. Come nel permafrost sulla Terra, potrebbe essere intrappolato nei ghiacci in una zona distante circa 500 chilometri dal cratere. Una scoperta che rappresenta un tassello importante per capire il pianeta sul quale l’uomo ora cerca tracce di vita passata e sul quale vorrebbe costruire una colonia nel prossimo futuro.

Mappa della presenza di metano nelle vicinanze al cratere

Il metano fantasma

Trovare metano su un altro pianeta potrebbe significare diverse cose. Potrebbe infatti avere origini biologiche, come prodotto di scarto della digestione e dell’attività di microrganismi nella decomposizione oppure essere un prodotto dell’attività geologica. Nel 2004 lo stesso spettrometro Pfs aveva rilevato per la prima volta la presenza di tracce di metano nell’atmosfera marziana. Il metano su Marte si trova in concentrazioni così basse che può passare inosservato. Questa volta, la concentrazione era abbastanza elevata da essere rilevata sia da Curiosity sia da Mars Express con i loro spettrometri. Le misure di Curiosity erano state messe in dubbio perché si ipotizzava che avesse portato una piccola quantità di metano dalla Terra anche quelle effettuate con telescopi terrestri per il fatto che avrebbero potuto non distinguere il metano nella nostra atmosfera da quello presente nell’atmosfera di Marte. Ora i dubbi dovrebbero dissiparsi perché Curiosity ha misurato una concentrazione di sei parti per miliardo e Mars Express con Pfs 15 parti per miliardo. 

Selfie di Curiosity sulla superficie marziana

Colonialismo marziano

Queste tracce rivelate dai rover hanno aperto sempre di più all’idea che su Marte si possa vivere. Nel 1950 però Ray Bradbury anticipò questa scoperta grazie ai suoi racconti sui viaggi verso Marte e la sua colonizzazione. Uno di questi racconti è ambientato nel 2001 e si chiama “Il verde Mattino”. La colonizzazione di Marte è ancora in fase embrionale e i pochi insediamenti terrestri sono interamente dedicati all’estrazione di minerali dal suolo marziano. Dopo aver messo piede su Marte, Benjamin Driscoll sviene a causa della mancanza d’ossigeno, ma una volta ripresi i sensi, si oppone fermamente a tornare sulla Terra. La ferma volontà di restare sul pianeta fa capire a Benjamin quale sia il suo compito nella missione di colonizzazione: piantare sementi nel terreno per concedere un giorno un’atmosfera vivibile. Nonostante l’opposizione delle alte sfere gerarchiche che vedono nella sua impresa uno spreco di tempo e risorse, Benjamin riesce ad ottenere un’autorizzazione e con i pochi mezzi a sua disposizione comincia a lavorare sognando valli completamente ricoperte di verde fogliame. I sogni di Benjamin si avverano quando dopo una notte di pioggia i semi piantati sono cresciuti fino ad aver creato una vera e propria foresta.

Alberto Simula

 

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