"Questo lo dice lei", tra amor di logica e piacere anti-intellettualista

Durante un recente duello televisivo nel salotto di Porta a Porta, Laura Castelli e Pier Carlo Padoan si sono scontrati su spread, tassi d’interesse e mutui. Quale correlazione sussiste?

L’ex ministro dell’Economia ha affermato che c’è una proporzionalità diretta. se lo spread sale, le banche aumentano i tassi. Ma l’attuale sottosegretario al medesimo Ministero, sfoggiando un grafico del Sole24Ore, ha bocciato tale affermazione con un “Questo lo dice lei”.

Fonte ilfoglio.it

In politica nessuno perdona un passo falso. La ghigliottina dell’opinione pubblica è sempre pronta a colpire, specialmente oggi che dispone di strumenti social. Non ci è voluto molto, infatti, prima che le 4 parole pronunciate dalla pentastellata diventassero preda dell’ironia virale a colpi di meme. Oltre a confermare, agli occhi di molti, l’atteggiamento di una nuova classe dirigente che erige l’incompetenza a valore civile.

Ora, tralasciando per un momento rispettivi torti e ragioni, consideriamo la logica emersa da questo duello. Una logica a volte solida e a volte fallace, di cui noi facciamo largo uso nella vita quotidiana senza accorgercene. Magari contro intellettuali e saccentoni.

Ipse dixit, un principio affidabile?

 “Mi ha detto mio cuggino che sa un colpo segreto che se te lo dà dopo tre giorni muori!”  (tratto dalla canzone Mio cuggino)

Grazie alla loro inconfondibile vena musico-demenziale, Elio e le Storie Tese hanno reso al meglio quella situazione logica in cui ci si appella al principio di autorità. Non c’è corso di introduzione alla logica che non sottolinei come sia sbagliato fare riferimento a un’autorità per sostenere la propria tesi. Una proposizione è vera perché l’ha detta proprio lui, ipse dixit.  Guai dunque a contestare il verbo del “cuggino”, leggendario esperto di vita vissuta dalla reputazione inattaccabile.

A tutti noi capita di imbatterci in questo errore (da un punto di vista strettamente logico) nelle nostre discussioni.  “Hanno detto al tg che la carne rossa aumenta del 20% (di cosa poi? boh) il rischio di cancro”; “Ho letto (non si sa bene dove, forse su un sito sociologico) che i videogiochi istigano alla violenza”; e così via.

Insomma, affidarsi al classico esperto può offrire valide ragioni per credere alla proposizione, ma ciò non implica una prova della sua verità.  Inoltre, talvolta ci spinge ad attivare percorsi euristici di elaborazione delle informazioni. Cioè quei percorsi che richiedono un minore sforzo cognitivo perché non ci focalizziamo sull’argomentazione in sé ma su elementi di contorno, che possono spaziare dall’aspetto estetico di chi parla alla sua reputazione. Ecco perché, almeno su questo punto, la posizione della Castelli può essere difendibile.

L’umorismo che si è scatenato in rete nei suoi confronti potrebbe valere benissimo anche per noi, per tutte le volte che puntiamo il dito contro l’ennesimo solone che pretende di insegnarci qualcosa. 

FOnte tgcome24.mediaset.it

Il gusto segreto di odiare i secchioni

Dovendo immaginare una lotta di classe, scolastica non marxiana, Padoan reciterebbe il ruolo del secchione. Quello che studia sempre e che fa sempre i compiti, il cocco della maestra dall’aria saputella che sta antipatico a tutti. Invece la Castelli sarebbe l’alunno medio,  quello che vivacchia sulla sufficienza. Non possiamo nascondere che una parte di noi, esclusi dalla cerchia del prestigio, tifa per quest’ultimo, affinché possa sbugiardare almeno una volta il saccentone, battendolo sul suo stesso terreno. L’idea ci fa assaporare un gusto sottile e segreto. E’ il piacere di riscattarci contro chi solitamente ci reputa inferiori. In termini sociali, la fine della soggezione autoritaria stimola la nostra vena anti-intellettualista, esortandoci per l’appunto a diffidare di quei personaggi impolveriti nelle loro torri d’avorio.

Tipico esemplare di secchione impopolare (Fonte simspon.wikia.com)

D’altronde, la storia è costellata di “eretici” che ne hanno segnato profondamente il corso proprio per aver violato il principio dell’ipse dixit. Ad esempio:

Galileo non avrebbe mai supportato il sistema eliocentrico se si fosse attenuto alle Sacre Scritture.

I fratelli Wright non avrebbero mai creato la prima macchina volante se avessero dato retta al parere del matematico e astronomo Simon Newcomb

Il cinema sonoro non avrebbe avuto alcun futuro se fosse dipeso dall’opinione contraria del cofondatore della Warner Bros.

 Apple e Microsoft non sarebbero mai nemmeno nate se avessero seguito le parole del presidente della Digital Equipment Corporation nel 1977: 
“Non c’è motivo per cui ogni individuo debba avere un computer nella propria casa”.

Gentismo, complotti e altri piaceri dell’uomo comune

Liberarsi dell’autorità intellettuale significa democratizzare la cultura. Purtroppo, in ogni ordine democratico c’è un difetto congenito: un’esasperazione dell’equivalenza delle opinioni, il che è diverso dall’uguaglianza nella libertà d’espressione. La diversità di competenze non può essere semplicemente appiattita per legittimare/screditare una posizione. Così come i problemi non possono risolversi rinunciando a professionisti di settore ritenuti troppo lontani dal mondo comune. 

Un clima fertile per il gentismo e i suoi eroi, persone comuni provenienti da quella massa indistinta retoricamente etichettata come popolo. O per complottisti anti-scientisti di ogni sorta.

Altra puntata di Porta a Porta. Qualcuno ricorderà il silenzio di Padoan dopo cifre, dati ecc. alla domanda di Salvini sul costo di un litro di latte. Un’efficace immagine dell’intellettuale con lo sguardo rivolto ai massimi sistemi che poi inciampa nel quotidiano. Ma ciò non significa che non abbia alcuna autorevolezza nel settore economico.

Studiare non conduce automaticamente all’avere ragione, come deve aver pensato la sottosegretaria grillina. Certamente aiuta. Replicare ai titoli esibiti da qualcuno con un “e allora?” invece aiuta solo la tentazione populista. 

Luca Volpi

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