Quando l’unione divide: i muri di Tim Marshall

Il Festival della Letteratura di Mantova si è chiuso oggi, domenica 9 settembre, dopo cinque giorni all’insegna delle lettere. Nonostante dei sottili cambiamenti di programmazione, anche quest’anno il festival non si è smentito. Sono stati infatti 62 mila i biglietti venduti per partecipare ai diversi incontri con autori, poeti, saggisti di fama internazionale. Di poco inferiori, i numeri di presenze dei faccia a faccia gratuiti. Insomma, quasi 122 mila persone si sono radunate nella città lombarda, spinti dal richiamo della letteratura.

Manifesto del Festival della Letteratura di Mantova

Una delle personalità dell’universo letterario chiamata a presentarsi e a presentare la sua opera è stato Tim Marshall. Lo scrittore e giornalista britannico ha deciso di parlare della sua nuova creazione -‘I muri che dividono il mondo‘- e di spiegare cosa il mondo sta attualmente vivendo, in una chiave tutta geografica.

 

Il riscatto della geografia: il perché delle barriere

Ultimamente, l’argomento ‘muri e barriere‘ è uno dei temi più trattati e che compare più spesso nei discorsi, di qualunque ambito esse trattino. Si pensi al discusso progetto di Donald Trump, oppure al muro salva-vita/muro della vergogna (a seconda della parte in cui lo si guarda) in Palestina. Si parla di barricate in mattoni e calce, che vogliono dividere paesi o addirittura città, incuranti della storia. Infatti, più di 6 mila chilometri di barriere di ogni tipo sono state erette negli ultimi 10 anni in qualsiasi parte del mondo.

Tim Marshall

E esattamente di questo parla Tim Marshall nel suo intervento a Mantova. Preoccupato della situazione di isolamento cronico in cui il mondo -nonostante l’apparente apertura- sta scivolando sempre più, Tim ha deciso di trovare una sua spiegazione. Come? Interpellando la geografia, quella materia oggi molto sottovalutata da molti, ma che secondo il britannico sarebbe ‘necessaria’. Quale scienza interpellare se si vuole andare a prevedere un possibile comportamento, anche solo di conquista, se non quella che spiega quale luogo potrebbe rientrare nella categoria di desiderabile ed idoneo allo stabilirsi dell’essere umano?

E domandando alla sua geografia, quindi, lo studioso ha compreso quale sia stata la causa scatenante di questa folle corsa alla costruzione. Sicuramente, all’origine del problema si cela, come è sempre stato, la paura dell’altro, quell’incubo del diverso che l’uomo non riesce a superare. Ma mentre prima lo straniero era diviso da dei confini naturali quasi invalicabili, ora nemmeno i limiti nazionali possono contenerlo. A causa, o semplicemente a conseguenza, della globalizzazione.

 

I nuovi muri

Pare ironico pensare che un fenomeno così tendente all’apertura, così intriso di libertà e mescolanza, possa aver portato alla costruzione di un numero quasi superiore di muri rispetto a quello durante la Guerra Fredda. Tuttavia, è proprio sul fenomeno migratorio e sulla paura del diverso che molte ideologie si basano, sfruttando la globalizzazione a proprio vantaggio. Ribaltando la sua reale natura, trasformandola in motivo di prigionia invece che di idillio. 

Secondo Marshall, è questo che ha fatto l’Unione Europea, per esempio. Essa infatti non è stata in grado di diventare sinonimo di unità e mescolanza, fino a diventare un organismo unito e compatto. Al contrario, è ancora un insieme di molti paesi che non riescono del tutto a seppellire l’ascia di guerra. Basti pensare ai recenti cambiamenti politici che hanno visti protagonisti alcuni di questi paesi, alle soluzioni che molte nazioni stanno prendendo in considerazione per risolvere i nuovi problemi che si stagliano loro davanti. Chiusura ed isolamento sembrano le parole a cui tutto ruota intorno. Muri ideologici e fisici.

Quando scegliamo chi non seguire su un social network, andiamo automaticamente ad escludere le sue idee dal nostro mondo, costruendo un muro di apparente cecità attorno a noi

Ma secondo Marshall, non esistono solo questi. Internet, altro microcosmo nel macrocosmo del mondo. Altro luogo di apertura, altro paradosso. Sempre nuove barriere virtuali nascono nell’universo virtuale, nei luoghi in cui meno si penserebbe, e non sempre queste ci sono forzatamente imposte. Un esempio sono i filtri per scegliere di seguire esclusivamente determinate persone, pagine e quindi idee dei social network. Altri modi, quindi, per definire muri, che si differenziano solo nella costituzione. Mattoni di bit al posto che materia. 

Quanti altri assi di separazione costruirà l’uomo, prima di potersi dire soddisfatto? Quando imparerà le conseguenze della solitudine e dell’esilio?