Sono indispensabili le braccia per nuotare? Un corpo coperto da cicatrici può ancora provare emozioni? La particolarità del nostro corpo è limite o estensione?
Dalla vergogna di essere rifiutati dagli uomini e la ferma convinzione di essere un errore alla riscoperta di se stessi. Riuscire a reinventarsi quando l’uomo si comporta da mostro, riuscire ad essere se stessi dopo essere stati in gabbia tanto tempo.
Siamo chi ci dicono di essere
Non è propriamente una gabbia quella in cui è rinchiuso Will, il protagonista del cortometraggio “Il circo della farfalla”, ma poco ci manca. I quattro veli grigi che lo separano dal pubblico equivalgono per lui alle mura di una prigione per cui non esiste una chiave che apra la porta. Viene presentato come uno scherzo della natura, “un uomo -se così lo si può definire- a cui Dio stesso ha voltato le spalle”. Non diversamente viene definito il mostro creato in laboratorio, ovvero “a wretch upon earth”, una grinza sulla terra a cui non vi è rimedio. Entrambi i personaggi si sentono rifiutati dal proprio creatore, opere non finite e dimenticate, semplici strutture, bozze a cui nessuno si è preoccupato di porre fine. Il parere popolare non ha dubbio: nessuno dei due merita una vita all’aria aperta, tra la gente, e con il passare del tempo loro stessi credono a ciò che viene detto loro, bullizzati da chiunque gli stia intorno.
Da bruco a farfalla, grazie a se’ stessi
A salvare Will dalla prigionia a vita è il signor Mendez, direttore del circo della farfalla, il primo a dire al protagonista che è magnifico. Will decide così di scappare per seguire il nuovo direttore, che lo mette alla prova. Un giorno, mentre è con la compagnia ad un ruscello, nessuno lo aiuta ad attraversare il fiume. E’ interessante il fotomontaggio che illustra la scena, Will che come un bruco è costretto a strisciare su un tronco scivoloso a causa del quale cade nell’acqua. Non ha ne’ braccia ne’ gambe e la paura per un attimo ha il sopravvento. Nonostante questo, qualche secondo dopo torna a galla muovendo i piedi: sa nuotare anche senza arti e come una farfalla torna in superficie. Will ha trovato il suo numero. Non è più lui lo spettacolo, ha un numero, qualcosa che sa fare solo lui. Non è preso in giro, ma applaudito.
Non si può dire la stessa cosa del mostro di Frankenstein, a cui non è nemmeno dato un nome in tutta l’estensione del racconto. L’unico momento in cui il mostro viene “risparmiato” è nell’ultimo capitolo, quando Robert Walton decide di non ucciderlo, a patto che sia lui stesso a togliersi la vita. Così, dopo aver pianto al capezzale del suo creatore, il mostro si allontana per un’ultima volta dal dottore scomparendo tra la neve. Nemmeno dopo aver dimostrato di poter provare dei sentimenti viene trattato da uomo o visto come tale e lui stesso non crede più di poterlo essere, cacciato anche quest’ultima volta, riconfermato grinza sulla terra. Ha deciso di ascoltare gli altri, piuttosto che se stesso e non è riuscito a volare.
Farfalle di oggi, farcela nonostante tutto
Che si abbiano cicatrici o che manchino degli arti, nulla può fermare chi crede in se stesso. Chiedetelo a Bebe Vio, che nonostante la malattia e le sue conseguenze è oggi campionessa di scherma. La ragazza perse gli arti a undici anni, a causa della meningite che la ha colpita così giovane. Bebe non si da’ per vinta e le sue cicatrici le mette in mostra, davanti a tutto il mondo, riuscendo a vincere con la sua forza non solo la malattia, ma anche vincendo l’oro nel fioretto paraolimpico. Un ulteriore esempio è quello di Alex Zanardi, quattro volte vincitore della medaglia d’oro di paraciclismo. Anche lui perse gli arti inferiori, in un incidente, durante una gara. Zanardi si è ripreso dal trauma ed è salito nuovamente su motori e bici correndo all’inseguimento di molteplici medaglie. Non a tutti servono le gambe per nuotare o andare in bici, non a tutti servono le stesse risorse, le stesse capacità, per essere definiti campioni. Queste persone hanno sono riuscite a rendere i propri limiti un’estensione, la propria forza. Non hanno dato ascolto a chi diceva loro che non ce l’avrebbero fatta, non hanno lasciato che le loro mancanze li definissero. Sono andati oltre la definizione di mostri, anzi, hanno messo in mostra le loro i loro limiti e ne hanno tratto un’estensione di loro stessi. A discapito dell’ opinione comune, si può nuotare senza arti. Si può volare senza ali.