Psycho-game: caratteristiche e complessi psicologici dei personaggi di Heavy Rain

Horizon Psytech & Games ha definito Heavy Rain “un gioco che ha fatto molto discutere, non solo per essere stato tra i primi e meglio riusciti del suo genere, ma anche per le tematiche trattate”. Heavy Rain, pubblicato nel 2010 ad opera di Quantic Dream, è stato uno tra i primi videogame ad assumere la forma d’un dramma interattivo. Del resto, esso consiste in ciò che, qualche tempo fa, abbiamo chiamato forma videoludica a scelta diretta, quella tipologia di videogioco la cui trama non è fissa, bensì si modifica sulla base delle scelte del giocatore. Ad eccezione della storia – particolarmente avvincente –, è la sua stessa natura a consentirci un’immersione più che mai profonda all’interno della vicenda, nonché a farci percepire il pieno controllo degli eventi. Così, come riportato da Horizon Psytech, “quella di Heavy Rain diventa piano piano la nostra storia“.

Heavy Rain: un videogioco psicologico

Heavy Rain è solito essere ritenuto un videogioco psicologico, non soltanto perché caratterizzato da un susseguirsi crescente di emozioni, ma altresì per la sua capacità d’instaurare un profondo legame tra personaggi e giocatori. Questo, cioè, è abile nel creare una sorta di contatto tra sfera virtuale e fisica. Ma come avviene tale connessione? Essa si deve anzitutto alla tipologia di gameplay, che in un certo senso responsabilizza il player e lo coinvolge. In secondo luogo, una volta stabilito, il contatto viene intensificato mediante i personaggi, le loro personalità e le vicende vissute. In Heavy Rain, infatti, ogni individuo, sia giocabile che non, pare contraddistinto da evidenti disturbi psichici, di fondamentale importanza se si considera tanto la trama quanto l’immedesimazione del giocatore. Ethan, Shaun, Madison, Norman e Scott, i principali personaggi dell’opera, presentano complessi psicologici notevoli, senza i quali Heavy Rain, probabilmente, non avrebbe riscontrato il successo di cui oggi può vantarsi.

Attenzione: proseguendo con la lettura, si andrà in contro a possibili spoiler. Pertanto, vi consigliamo di leggere l’articolo soltanto dopo aver terminato il videogioco in questione.

Ethan Mars: disturbo post-traumatico da stress e tendenza agorafobica

Ethan Mars, interpretato da Pascal Langdal

Ethan consiste in un personaggio da subito mostrato come emotivamente instabile. Egli, a causa di un fortuito incidente, ha perduto il primogenito Jason, investito da un’auto al di fuori di un centro commerciale. Sentendosi in colpa per l’accaduto e reputandosi un pessimo padre, Ethan appare costantemente tormentato dal rimorso e internamente divorato dal dolore. Rispetto all’inizio del gioco – il prequel viene giocato proprio nei suoi panni –, l’uomo si dimostra trascurato, grigio, svuotato di ogni sentimento positivo. L’attenzione del player è però catturata, più che altro, dai suoi frequenti stati di blackout, momenti al termine dei quali egli non ricorda nulla di quanto fatto, come se avesse perso ogni tipologia di controllo su se stesso. In termini di psicologia, tali stati amnesico-dissociativi si ricollegano al disturbo post-traumatico da stress, correlati – altra peculiarità del personaggio – ad una tendenza agorafobica. Ethan, infatti, non riesce a stare per troppo tempo a contatto con grandi folle, poiché queste gli ricordano il giorno in cui, a causa delle troppe persone presenti, non è riuscito a raggiungere il figlio che stava correndo verso la strada.

Shaun Mars: distaccamento emotivo e apatia

Così come il padre Ethan, anche Shaun ha subìto notevoli danni psicologici a causa della perdita del fratello. Ciò si comprende a pieno se, durante un livello del gioco, si entra in camera sua e si osserva un disegno raffigurante proprio l’incidente occorso a Jason. Shaun, seppur talvolta divertendosi in compagnia di Ethan, è generalmente caratterizzato da uno stato di persistente apatia. Distaccato e insensibile, il ragazzino non sembra trarre alcun divertimento neppure da attività ludiche alla stregua dei cartoni animati.

Madison Paige: insonnia cronica

Madison Paige, interpretata da Jacqui Ainsley

A inizio gioco, la 27enne giornalista Madison Paige viene presentata nel mezzo di un incubo, dal quale si sveglia in uno stato di accesa agitazione. Come si comprende durante il proseguimento degli eventi – soprattutto in caso di determinate azioni effettuate e scelte prese –, la donna soffre di insonnia cronica. Ella fatica a prendere sonno, a dormire per più di un breve lasso di tempo e nondimeno a riaddormentarsi dopo un brusco risveglio. Tuttavia, nel gioco non viene spiegato il motivo da cui tale disturbo possa derivare.

Norman Jayden: disturbo da dipendenza

Norman Jayden, interpretato da Leon Ockenden

Il personaggio di Norman Jayden consiste in un criminologo dell’FBI incaricato di svolgere indagini inerenti al Killer degli origami – ed eventualmente di catturarlo. Norman fa uso di un particolare dispositivo chiamato ARI, che, nella forma di un semplice paio di occhiali, lo assiste nella raccolta di prove e nella loro disamina. Inoltre, l’agente risulta dipendente da una sostanza fittizia, da lui definita Triptocaina: durante il gioco, il player si trova ad affrontare i sintomi derivati da tale dipendenza e a decidere se darle seguito o, piuttosto, rinunciarvi. In breve, è plausibile ritenere Jayden affetto da un disturbo da dipendenza, a cui susseguono tremori, cefalee, allucinazioni e tachicardia – segni della tipica crisi d’astinenza. Sebbene la dipendenza sia antecedente agli eventi del gioco, è possibile porvi rimedio grazie alle scelte presentate durante la trama. Non si comprende a pieno, ma la Triptocaina e i suoi effetti sembrerebbero collegati, in qualche modo, all’utilizzo della tecnologia ARI.

Il Killer degli origami

Come affermato da Giuseppe Virgilio in Horizon Psytech, “è sempre difficile presentare il quadro di un serial killer, anche perché la sua compulsione ad uccidere trova sempre radice in motivazioni della sfera emotiva, affettiva e sessuale”. Il Killer degli origami non ha avuto vita facile durante l’età infantile, trascorsa in compagnia del padre alcolista e del fratello gemello, morto annegato davanti ai suoi occhi. Il trauma subìto dal futuro killer, tanto vedere morire il fratello quanto assistere alla noncuranza del padre ubriaco durante l’accaduto, si riflette nella dinamica delle sue uccisioni. Nel suo usus, dopo aver rapito un bambino, l’uomo sottopone il padre di questi a prove estremamente pericolose e autolesioniste, allo scopo di scoprire “fino a che punto potrebbe arrivare per salvare la vita di qualcuno che ama“.

Non posso che concordare con Giuseppe Virgilio quando afferma che “questo gioco sia un ottimo esercizio per […] dare meno per scontata la complessità delle vicissitudini di ogni persona”. Heavy Rain risulta in grado di assorbire l’emotività dei giocatori e di “collegarli“, tramite immedesimazione, alla complessa struttura psicologica dei personaggi che lo compongono. Il player, di fatto, può dirsi il quinto protagonista del lavoro, e nondimeno una tra le maggiori qualità del videogame concerne l’adozione di storie di vinta per nulla lontane dalla realtà quotidiana.

– Simone Massenz

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