Scopriamo attraverso le sue opere maggiori l’animo del fondatore della lirica moderna e il suo rapporto con Sant’Agostino.
Petrarca è considerato il fondatore della lirica moderna. Tale fondazione avviene in stretto rapporto con la “scoperta” della coscienza moderna, cioè di una forma di interiorità nuova rispetto al Medioevo e al mondo antico, segnata dalla conflittualità interna.
1. FRANCESCO PETRARCA
Petrarca è il primo autore a considerare il proprio io come degno della rappresentazione letteraria; campo di forze in perpetuo conflitto, da interrogare ed esplorare nella sua costitutiva frammentarietà, da seguire nelle sue oscillazioni tra sentimenti contrastanti, tra il desiderio del mondo e il desiderio di Dio. I due elementi sono strettamente connessi perché lo studio della storia, delle arti, della filosofia, del passato non è mai per Petrarca finalizzato alla pura erudizione. Al contrario ha l’unico fondamentale scopo di conoscere sé stesso e così ordinare la propria condotta etica nel mondo presente. Petrarca non smette di puntualizzarlo nelle opere in maniera diverse. Diversamente da ogni altro libro d’amore mai scritto prima in Europa il “Canzoniere” di Petrarca ha come protagonista un io scisso, diviso tra l’inappagato desiderio erotico nei confronti di una donna e l’aspirazione all’ordine morale, passione e sentimento da un lato, rigore etico e religioso dall’altro sono i poli opposti e inconciliabili del dissidio interiore di Petrarca. È proprio questo “dissidio” che fa del “Canzoniere” il primo capolavoro della poesia lirica moderna. Nel sonetto d’apertura “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono” il senso di lacerazione è espresso dalla contraddizione tra gli elementi tradizionali nella poesia erotica cortese e quelli che rimandano ad una prospettiva religiosa messi a confronto e posti come alternative. Secondo la tesi della “fictio” petrarchesca, abbracciata da alcuni interpreti moderni di Petrarca come, ad esempio, Marco Santagata, in realtà Petrarca questo dissidio lo inventa così come inventa anche di aver conosciuto Laura in una chiesa che in quell’anno non era neppure stata costruita.
2. IL “SECRETUM” E L’AMMIRAZIONE PER AGOSTINO
Francesco Petrarca fu l’autore italiano più profondamente influenzato da Agostino. Sappiamo infatti che il codice 1490 della biblioteca universitaria di Padova contenente le “Confessioni”, reca un’intestazione in latino vergata da Petrarca stesso che ricorda di averlo acquistato da Avignone nel 1325. Nel 1633 il frate agostiniano Dionigi da borgo Sansepolcro donò a Petrarca una copia delle confessioni che da quel momento il poeta, secondo la sua stessa testimonianza, portò sempre con sé. Petrarca come Agostino fino al momento della conversione era irresistibilmente attratto dai piaceri sensuali e dell’ambizione che lo allontanavano da Dio e per questo era continuamente turbato dalla sua incapacità di slegarsi dalle cose mondane per aprirsi totalmente a Dio. L’urgenza del bilancio esistenziale tramite il dialogo con se stesso spinge Petrarca a concepire un’opera in cui riportare i movimenti fluttuanti del proprio animo. Nel “Secretum”, in tre libri, egli propone la sua autobiografia spirituale nei termini di un dibattito con un interlocutore fittizio, Agostino appunto. Francesco e Agostino in realtà più che essere veri e propri personaggi sono la drammatizzazione delle contraddizioni dell’animo del poeta; Francesco rappresenta il legame con le cose terrene, la fragilità e l’inerzia, Agostino invece è la scelta di Dio la fermezza della ragione e della fede. In particolare a Francesco che sta meditando sulla morte compaiono Come in una visione l’ipostasi della Verità e Agostino giunge ad aiutarlo a sconfiggere la malattia che lo affligge che è “tanto più prossima ad essere mortale quanto più il malato e lontano dalla comprensione del suo male”. La Verità resterà testimone silenzioso e imparziale lungo tutto il dialogo mentre sarà Agostino a interrogare l’allievo al fine di condurlo alla conoscenza dei mali che lo attanagliano perché possa liberarsene.
3. L’ASCESA AL MONTE VENTOSO
Nella più famosa delle “Epistulae familiares” Petrarca racconta la sua escursione al Monte Ventoso in Provenza con il fratello Gherardo. Quest’ultimo sale con agilità è disinvoltura mentre Francesco incontra molte difficoltà; la salita si conclude sulla vetta con la lettura di un passo delle Confessioni di Agostino che pare riferirsi proprio alla condizione interiore del poeta. La lettera destinata a Dionigi di borgo San sepolcro reca la data 26 aprile 1336, che coincide con il venerdì santo precedente alla Pasqua, giorno dedicato al pentimento e carico di valore simbolico per la cristianità. La datazione suggerisce dunque una lettura del testo in chiave allegorica. La faticosa salita è da intendersi infatti come una rappresentazione allegorica della condizione esistenziale di Petrarca. La montagna suggerisce la via che conduce l’uomo alla salvezza; le difficoltà incontrate da Francesco Durante il percorso rappresentano gli ostacoli da superare nel cammino di avvicinamento a Dio. L’agilità con cui sale Gherardo ha anch’essa un significato simbolico: questi è destinato a una scelta di vita diversa; nel 1343 infatti si ritirerà in convento. Petrarca giunto in cima dopo aver ricordato il proprio passato e avere ammirato il paesaggio apre le “Confessioni” di Agostino. Accanto allo sguardo che spazia sul paesaggio esterno via lo sguardo interiore che esamina l’animo (“rivolsi gli occhi della mente in me stesso”) che diventa il solo paesaggio su cui concentrare l’attenzione.
“Ciò che ero solito amare, non amo più; mento: lo amo, ma meno; ecco, ho mentito di nuovo: lo amo, ma con più vergogna, con più tristezza; finalmente ho detto la verità. È proprio così: amo ma ciò che amerei non amare ciò, che vorrei odiare; amo tuttavia, ma contro voglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza. In me faccio triste esperienza di quel verso di un famosissimo poeta : “ti odierò, se posso; se no, t’amerò controvoglia”.