Perché non si va più a votare? Ecco come l’astensionismo contrasta l’ideale democratico di Rousseau

Il ruolo del cittadino dentro lo stato, tra democrazia diretta e voto.

Dalle ultime elezioni nazionali così come nelle recenti regionali, un nuovo partito ha scalato i consensi. Ironicamente chiamato “il partito del non voto” esso raccoglie tuttavia numerosi ”elettori”. Analizziamo allora, il rapporto odierno tra potere elettivo e l’ideale democratico di Rousseau.

La democrazia in Rousseau

Jean-Jacques Rousseau è senza dubbio uno dei padri del moderno ideale di democrazia. Vissuto nel pieno illuminismo francese, Rousseau scrisse numerose opere di stampo filosofico, occupandosi in particolare di politica. 

Una delle sue opere principali è “Il contratto sociale”, pubblicato nel 1762, dove Rousseau fonda essenzialmente le basi del pensiero democratico sul popolo, il quale come esclusivo detentore del potere sovrano, rimane libero anche sotto leggi, purché siano leggi che,  come membro ma anche sottoposto al sovrano, si da in autonomia.

Un ideale democratico che si può definire “diretto”, cioè dove l’assemblea è composta dai cittadini stessi e non da loro rappresentanti (come nelle moderne democrazie rappresentative). 

Lo scopo di questa unione è creare un sistema che unisca in una forza comune tutti gli associati, con l’obiettivo di proteggere i diritti dei singoli e soprattutto la loro libertà. 

L’astensionismo

Nonostante l’idea di democrazia diretta mostri inevitabilmente dei limiti, soprattutto riguardo la sua possibile applicazione su larga scala, questo non nega però un importante elemento: la democrazia è fondata necessariamente sulla partecipazione del cittadino al potere sovrano, nel mondo contemporaneo attraverso il voto. Tuttavia si nota nelle recenti elezioni un importante calo dell’affluenza al voto. 

Quando si parla di astensionismo ci si riferisce a quel fenomeno per cui gli aventi diritto al voto decidono deliberatamente di non esprimerlo. 

Per quanto le motivazioni siano numerose, questo fenomeno rappresenta una delle problematiche più importanti nelle democrazie occidentali. Solo in Italia, nelle ultime elezioni regionali in Lazio e Lombardia si è registrato un drastico calo dell’affluenza. In media, 6 aventi diritto su 10 decide di non votare.

Quali sono le principali motivazioni che spingono l’elettorato a non votare? Semplice menefreghismo o “astensionismo di protesta”? 

Perché non si vota più?

Al dire il vero le motivazioni spaziano e meriterebbero un’analisi approfondita dei casi specifici. Ciò non toglie però che emergano punti comuni e ricorrenti che spingono l’elettore medio a non votare. 

Secondo alcuni politologi, il fenomeno astensionista è strettamente legato alla crisi progressiva dei partiti dalla fine della prima repubblica ad oggi. Nel corso degli ultimi decenni si è manifestata una maggiore sfiducia generale nella classe politica e nel ruolo che il cittadino può avere nello Stato. La celebre frase “tanto non cambia nulla” effettivamente motiva il cosiddetto partito del “non-voto”, che vede il suo ideale politico non rappresentato dai partiti.

Tuttavia, è fondamentale evidenziare le conseguenze di questo fenomeno. Nonostante secondo alcuni venga considerato un elemento “positivo” dello sviluppo, l’astensionismo rappresenta un vero e proprio calo del potere popolare (già ampiamente ridotto) all’interno dello Stato. La democrazia implica il rapporto del cittadino con il sovrano, ma se questo non viene espresso neanche indirettamente, il colpo duro avviene proprio alle fondamenta di questo sistema politico.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.