Dopo il successo sanremese Un bel viaggio e la hit estiva Disco Paradise con Fedez ed Annalisa, il duo più anticonformista della scena musicale italiana torna con il suo nuovo singolo CLASSICO, una dichiarazione d’amore alle nuove generazioni.

Sembra ieri quando durante il tragitto per andare a scuola ascoltavamo con le cuffiette Domani smetto o Spirale ovale. Gli anni sono passati, ma non la voglia degli Articolo 21 di essere gli stessi di sempre, ovvero quel duo che non ci pensa due volte nel mandartele a dire: dal loro debutto, si sono scontrati con la stampa, gli haters e i politici. Il loro nome, più che una firma, sembra essere una conferma del loro stile. Nel loro ultimo singolo, a finire nel mirino sono stati i boomers, invitando i millennials a partecipare a questa guerra contro l’analfabetismo digitale.
NON È MAI TROPPO TARDI: L’APPRENDIMENTO IN RETE TRA AGE GAP E DIGITAL DIVIDE
Quando la RAI approdò nelle case degli italiani senza neanche chiedere il permesso, una delle prime mosse che fece fu quella di introdurre l’istruzione dove quest’ultima non era mai entrata. L’unico modo per farlo era approcciarsi a quel nuovo media attraente e tecnologico quanto pesante e limitato. Sì, perché pochi ne avevano accesso ed era buona abitudine quella di riunirsi dal vicino o in luoghi pubblici solo per vedere il proprio volto riflesso sul tubo catodico. Nasce quindi già nel dopo guerra un primo digital divide, nonostante il boom economico. Ciò era dovuto sia alla mancata accessibilità economica, ma anche sullo scetticismo piombato fin dal giorno in cui il televisore venne presentato come ”il focolare elettronico”. Eh già, chi avrebbe mi dato il permesso a questo estraneo di aprire la porta di casa mia e di accomodarsi come qualsiasi altro ospite? La nostra curiosità, tanto quanto il nostro pregiudizio sul mezzo che avrebbe di lì a breve rivoluzionato le nostre vite. Si tratta di un comportamento che il consumatore ha sempre assunto nel momento in cui un nuovo dispositivo elettronico per uso domestico veniva presentato al pubblico come Gesù quando si rileva ai suoi apostoli. Il 1984 fu l’anno del computer, poi sarebbe toccato al telefono cellulare e ad internet, la colla che ci ha unito in un agorà virtuale dove è evidente il fattore che esista più di un linguaggio. Quando fu il momento del Macintosh, la ”rivoluzione gentile”, il mezzo non aveva la funzione di essere un portale di accesso per una community. Quando invece a debuttare furono i personal computer (se non avete capito, i PC) nacquero quasi contemporaneamente anche i primi social network come, ad esempio, i blog. Da ciò scaturisce il primo age gap che, insieme al digital divide, danno forma ad un tipo di analfabetismo digitale i cui sintomi sono un utilizzo scorretto del mezzo. Ecco quindi che ti viene assegnata la tua prima etichetta, ovvero quella del boomer. Dai navigatori senza bussola agli ubriaconi da bar di cui parlava Umberto Eco, la lista è lunga, ma ci hanno pensato gli Articolo 31 con il loro nuovo singolo CLASSICO a realizzarla.
IL ”CLASSICO” ERRORE DI CHI GIUDICA IN POLTRONA
La pensione si avvicina, e sembra che lo zio Ax voglia darti un’ultima lezioncina prima che il sipario cali: l’hip-hop non è morto ed è aggressivo tanto quanto un tempo. Gli Articolo 31, riunitisi dopo anni di silenzio nonostante il loro fortuna sodalizio, vogliono rappresentare grazie al loro nuovo singolo CLASSICO i classici problemi che affliggono un paese in rovina e due generazioni in lotta. La differenza è che queste due legioni non sono armate di spade ed elmi. Hanno a malapena gli scudi per difendersi. Lottano soltanto con l’ausilio dei loro smartphone, credendo che una guerra la si possa combattere davvero a colpi di tweet, reel e tiktok. Non lo dico io, lo dice Ax, con un verso che sottolinea la situazione che si crea nel momento in cui ci troviamo da un lato chi giudica (ora anche in digitale), dall’altro chi ha sempre subito:
”L’età che abbiamo è la stessa, ma siamo in guerra.”
E ancora:
”Oggi si accusa il giovane di essere un fallito
Dipendente dal telefonino
Sti vecchi che si fanno le foto all’aperitivo.”
Si percepisce immediatamente la delusione dell’artista nel vedere un mezzo tanto democratico come internet nelle mani di chi soffre una forma avanzata di analfabetismo digitale, liberi di commentare quando non dovrebbero e di giudicare la società seduti dentro casa sulle loro poltrone:
”Vorrei togliere Internet agli ultraquarantenni
Che amano i gatti, che odiano i clandestini
Che risolvono i complotti, ma sbagliano i congiuntivi
Quelli che la colpa è tutta dei poteri forti
E dei cantanti di oggi conoscono solo il gossip
E i loro miti sono tutti morti.”
LOST IN TRANSLATION E COME LE VIE DELLA COMUNICAZIONE SIANO INFINITE
Difficile fare la pace quando una generazione spara merda sull’altra. Complicato scegliere la via della diplomazia quando i muri digitali che dividono le due fazioni in lotta sono troppo alti. Questo perché oltre ad indossare maschere pirandelliane ora ci si nasconde anche dietro la propria foto profilo, conti del fatto che nessuno possieda la chiave per la nostra gabbia virtuale. Tipo:
”Quelli che nascondono la fede
E sono nelle chat a fare i machi e dare i voti alle colleghe.”
Perché lo sappiamo, internet è aperto a tutti, anche per:
”La mia generazione di vallette nude in tele
Di pacche sul sedere che impennavano carriere
Mo’ quelle che si fanno l’OnlyFans sono ricche
La mia generazione paga per farsi le pippe.”
Perché talmente democratico quanto vincolante nel momento in cui ne viene fatto un utilizzo tale da costruirci stereotipi. La colpa è da attribuire ad una mancata apprensione sull’istruzione attraverso mezzi come quelli offerti da internet, sempre visti con diffidenza. Quante volte da piccoli ci hanno detto che i videogiochi facessero male? Il divieto porta alla trasgressione e se c’è un segnale che abbiamo spesso ignorato è che nella bolgia del world wide web tra fake news, pornografia e pirateria, si possa costruire un ponte che comunichi la volontà nel voler unire due generazioni divise.