“Odio gli indifferenti”: Antonio Gramsci e #blackouttuesday ci ricordano l’importanza del “parteggiare”

Antonio Gramsci è stato uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia nel 1921, nei suoi scritti cercò di analizzare la situazione politica del suo tempo, parlando di egemonia culturale e dell’impatto che l’indifferenza ha sulla Storia. 

Il politico definì tutti gli uomini “intellettuali” in quanto capaci di cambiare il mondo con le proprie azioni e modi di pensare. La maggior parte degli intellettuali sono chiamati “organici” e comprendono coloro che, più o meno consapevolmente, si allineano al pensiero generale della classe generale. Esistono però anche gli “intellettuali tradizionali” che si liberano dagli schemi dominanti dell’egemonia culturale, per favorire il libero pensiero, indipendente dalla tradizione.

I can’t breathe

Il 25 maggio 2020, nella città di Minneapolis, in Minnesota, è stata registrata la morte di George Floyd. Il video in cui l’uomo con la poca voce che gli rimane afferma “I can’t breathe”, è passato sugli schermi dei telefoni di tutto il mondo nel giro di poche ore.
Al termine dell’autopsia è stata determinata come causa della morte l’asfissia, provocata dalla pressione del ginocchio di Derek Chauvin, poliziotto del MPD, sul collo di Floyd.
L’episodio ha provocato proteste nella città di Minneapolis, che si sono poi propagate in tutti gli Stati Uniti, diventando vere e proprie manifestazioni contro l’odio razziale e l’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine.
La pandemia di COVID-19 e le misure restrittive nelle quali ancora molti paesi si trovano, non hanno permesso a molte popolazioni del mondo di scendere in piazza per combattere le disuguaglianze e dimostrare la propria vicinanza a chi ogni giorno è vittima di discriminazioni.
Per questo, come abbiamo imparato a fare negli ultimi mesi, il sostegno è stato espresso per via telematica. Pochi giorni fa è stata lanciata un’iniziativa da Jamila Thomas, dirigente dell’etichetta discografica Atlantic Records, chiamata #blackouttuesday, grazie alla quale, il 2 giugno la home page di Instagram di tutto il mondo è stata riempita di foto interamente nere.
Per chi ha scoperto dell’iniziativa il giorno stesso, aprendo il social network la mattina, scrollare le centinaia di immagini nere è stato davvero emozionante e ha dato la possibilità di condividere il dissenso verso un’ingiustizia, per sentirsi in qualche modo uniti, in un momento in cui urlare con un cartellone in mano è impossibile.

2 giugno

Per gli Italiani il #blackouttuesday è coinciso con la Festa della Repubblica. Nel 1946, al termine della Seconda Guerra Mondiale, è avvenuto il referendum istituzionale grazie al quale il popolo italiano ha scelto la Repubblica invece che la Monarchia. Una giornata importantissima per l’Italia, che coincise con la prima votazione a suffragio universale della storia del paese: fu la prima volta in cui le donne ebbero diritto di presentarsi alle urne.
Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”, purtroppo non è andata così, ed eccoci qui, 74 anni dopo a combattere ancora contro le discriminazioni.
Negli ultimi giorni sono diventati virali i video del fratello e della figlia di Floyd: il fratello durante la commemorazione ha ricordato che la violenza non riporterà in vita George. Invece che rispondere all’odio con altro odio, è stato proprio lui ad incitare la folla a ricordare e ripetere il nome del fratello, chiedendo “What’s his name?” e lasciando urlare a chi lo circondava: “George Floyd!
La figlia Gianna, di soli sei anni, è comparsa sugli schermi dei nostri telefoni mentre osserva la folla protestare, affermando: “Daddy changed the world”.
Affermazione dolceamara, perché in un mondo utopico lei oggi avrebbe un padre, ma il sorriso sul suo viso alla vista di centinaia di cartelloni che urlano il suo nome, ci ricorda la bellezza della speranza, la bellezza dello scendere in piazza e condividere, sì, la rabbia, ma anche e soprattutto un sorriso, di nuovo dolceamaro, nel vedere le tante persone che come te hanno fiducia in un mondo un po’ migliore.
E per questo odi il Coronavirus ancora di più.

Antonio Gramsci

Quello che sta avvenendo è ammirabile e commuovente. Il mondo sembra di nuovo essersi fermato -sarà l’anno?- e dal 25 maggio non passa giorno, o meglio ora, in cui il nome di George Floyd non rimbombi nelle nostre orecchie. Numerosissime sono le raccolte fondi volte ad aiutare le minoranze, così come le petizioni, i libri, le lezioni, i dibattiti che vengono pubblicizzati ogni secondo su internet per prendere consapevolezza, perché anche chi non si definisce “razzista” possa continuare a porsi domande, possa continuare a migliorare, possa capire come aiutare attivamente, come dialogare sull’argomento.
Antonio Gramsci, con il suo “odio (per) gli indifferenti” sarebbe orgoglioso, infatti l’11 febbraio 1917 scrisse su “La Città Futura”, giornale dei giovani socialisti, la sua intransigenza nei confronti di chi è indifferente:

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.

Nella filosofia di Gramsci, l’uomo è indifferente perché a causa della forza dell’abitudine e della società che lo circonda, caduta nell’accettazione, non riesce più a distinguere le azioni umane, sempre intenzionali, dai fenomeni naturali necessari e incontrollabili: non riconosce la differenza tra l’imprevedibile eruzione di un vulcano e le ingiustizie commesse ogni giorno dall’uomo. Così rinuncia a combattere perché non vede ciò che può fare per migliorare la situazione.
Quella di Gramsci è quindi una critica agli ignavi, a chi partecipa passivamente e inconsciamente all’egemonia culturale, a chi sospendendo il giudizio crede di non prendere posizione; ma ecco in risposta una delle frasi più usate nelle proteste:

If you are neutral in situations of injustice you have chosen the side of the oppressor

Antifa

Gramsci si riferiva ovviamente alle dinamiche del suo tempo e del suo paese, era un partigiano, un antifascista, quando con “antifascista” si intendeva propriamente chi combatteva contro il movimento politico italiano creato da Benito Mussolini.
La sigla “Antifa” è oggi usata per indicare il movimento destrutturato che si oppone ai movimenti di estrema destra, questo termine è recentemente ricomparso sugli schermi dei nostri telefoni con il tweet di Donald Trump, dopo la notizia di edifici dati alle fiamme a Minneapolis e in altre città degli Stati Uniti:

(tweet a cui il profilo “Lega – Salvini Premier” ha messo like)
Il termine “Antifa”, fuori dall’Italia, è spesso usato in modo ambiguo, scelto in certe situazioni per intendere la totalità dei manifestanti e in altre occasioni riferendosi erroneamente solo alla parte interventista. E non è un caso, né una novità, che il Presidente degli Stati Uniti abbia scelto una parola ambigua, per infastidire, ma allo stesso tempo potersi difendere.
Mentre aspettiamo le elezioni di novembre, sperando in un cambiamento e continuando sempre ad informarci per agire attivamente e cosciamente, ricordiamo le parole di speranza -mai ambigue- di Gramsci:

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in esse la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre gli altri si sacrificano, si svenano.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

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