“In time” e Petrarca parlano dell’implacabile scorrere del tempo e della nostra esistenza precaria

Lo scorrere inesorabile del tempo è da sempre avvertito in modo angosciante dall’uomo che non può fare nulla per contrastarlo o per controllarlo. Ognuno di noi si trova in una perenne corsa contro il tempo per realizzare la propria vita, nella breve parabola che gli è concessa.

“Autoritratto con la morte che suona il violino” di Arnold Boecklin

La dimensione temporale è la caratteristica più intrinsecamente legata a noi, eppure la più incomprensibile e terribile. Siamo esseri inseriti nel tempo e, proprio per il fatto che esso rende precaria la nostra esistenza, lo consideriamo avverso, come un ostacolo al nostro insito e non facilmente ignorabile desiderio di immortalità. Dal film “In time” al poeta Petrarca questa entità è un nemico inafferrabile, sfuggente ma tuttavia ineluttabilmente vittorioso.

L’orologio che ogni persona possiede nel film “In time” (da www.filmtv.it)

“In time”, il tempo misurato al millesimo di secondo

Ogni secondo è prezioso. Questo lo sanno bene i personaggi del film “In time”, in cui il tempo, dunque la vita, è letteralmente denaro. Nello scenario di un futuro fantascientifico, tutte le persone sono programmate per invecchiare fino all’età di 25 anni. Superata questa soglia, mentre il loro aspetto esteriore rimane inalterato, scatta l’orologio digitale che hanno ‘tatuato’ sul braccio con a disposizione un solo anno di vita ‘bonus’. Attimi di vita extra devono essere guadagnati attraverso il lavoro, esattamente come i soldi. Nella pellicola, diretta da Andrew Niccol e uscita nel 2011, il protagonista, di nome Will Salas, appartiene alla zona oraria 12, la più povera, e vive alla giornata, senza alcuna certezza di sopravvivenza a lungo termine. Dopo aver salvato la vita ad un certo Henry Hamilton, ricco di tempo, ma spossato dalla sua futile e lunga esistenza, quest’ultimo decide di suicidarsi regalando a Will il suo secolo con la raccomandazione di non sprecarlo. Mosso dal desiderio di riscatto, non solo personale ma dell’intera popolazione costretta ad una vita di stenti, Will si sposta nella zona di New Greenwich dove risiedono i benestanti, ovvero coloro che di ‘tempo da perdere’ ne hanno in abbondanza. Per aiutare il “ghetto”, da cui proviene, rapisce Sylvia Weis, figlia di un miliardario, sperando di ottenere un cospicuo riscatto da donare in beneficenza. Fra i due però nasce una relazione e la ragazza, prima oppressa e soffocata da una ‘non’ vita, in quanto minuziosamente sorvegliata e percorsa dal timore di morire accidentalmente, appoggia completamente la sua causa. Come dei moderni ‘Robin Hood’, Will e Sylvia si lanciano in una serie di rapine nelle banche del magnate Weis, regalando ai più bisognosi il tempo ottenuto, in nome del principio:

è rubare se è già stato rubato?“.

Francesco Petrarca di Andrea del Castagno, particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri

L’ansia di non poter arrestare lo scorrere del tempo, da Will Salas a Petrarca

Il protagonista di “In time” percepisce sulla propria pelle cosa significhi lottare giorno per giorno contro il fluire irrefrenabile del tempo. Controlla costantemente il proprio avambraccio calcolando ansiosamente come impiegare al massimo ogni secondo restante. La sua corsa contro il tempo è visivamente rappresentata in più scene della pellicola. In particolare si manifesta in modo straordinariamente intenso e struggente nel momento in cui sua madre, a cui rimangono pochi secondi, corre affannosamente verso di lui. Will, nel suo sforzo disperato, non riesce a raggiungerla prima che l’orologio di lei si azzeri e l’abbraccia quando ormai è già morta. Il conto alla rovescia che quantifica la vita è presentato come una forza ostile e impossibile da ostacolare, che divora senza pietà l’esistenza umana, precipitandola nell’abisso della morte. Il tema della fuga del tempo è particolarmente caro al poeta trecentesco Francesco Petrarca e ricorre ossessivamente nei componimenti raccolti nel suo “Canzoniere”. Egli sente con intensità che la sua vita è sospesa sopra un filo sottile e la prospettiva della morte è per lui fonte di ulteriore sgomento, in quanto è dubbia la sorte della sua anima. Il tempo è crudele in quanto trascina con sé tutte le cose belle, dalla madre di Will alla donna tanto amata da Petrarca, Laura, che morendo rende vuoto e irrimediabilmente disgregato il mondo esterno.

“La vita fugge, e non s’arresta una ora”: la consapevolezza dell’impotenza

La vita fugge, e non s’arresta una ora,

e la morte vien dietro a gran giornate,

e le cose presenti e le passate

mi danno guerra, e le future ancora;

e ‘l rimembrare e l’aspettar m’accora,

or quinci or quindi, sì che ‘n veritate,

se non ch’i’ ho di me stesso pietate,

i’ sarei già di questi pensier fora.

Tornami avanti, s’alcun dolce mai

ebbe ‘l cor tristo; e poi da l’altra parte

veggio al mio navigar turbati i venti;

veggio fortuna in porto, e stanco omai

il mio nocchier, e rotte arbore e sarte,

e i lumi bei, che mirar soglio, spenti.

Questo è il sonetto numero 272 del “Canzoniere”, posizionato nella parte delle “rime in morte” di Laura, che tratta proprio dell’incalzare del tempo (reso sintatticamente tramite la struttura del polisindeto) e della percezione del poeta della difficoltà di affrontare l’esistenza mortale. La vita sfugge , come quando si cerca di stringere in un pugno la sabbia, senza dare tregua all’uomo che cerca di afferrarla e tenerla avvinta. La morte, secondo il linguaggio proprio dell’ambito militare, si muove rapidamente e l’animo del poeta è dilaniato e tormentato dal tempo in tutte le sue dimensioni, passato, presente e futuro. Non riesce a vedere nemmeno nel suicidio una prospettiva di liberazione, anzi nel trapasso c’è l’insidia più grande, l’incertezza della salvezza eterna. La navigazione nel mare burrascoso dell’esistenza è portata avanti sforzatamente in quanto è sfinito interiormente, sfibrato e non ci sono più gli occhi luminosi di Laura che possano guidarlo come fanno le stelle per i marinai. L’assillo del flusso temporale corrode nell’intimo Petrarca, il quale, nella sua accidia, non ha le energie per scegliere definitivamente di ancorarsi saldamente alla fede e abbandonare l’affetto per i labili beni terreni. L’angustia è così accentuata proprio perché capisce di non essere in grado di rendere pieni e sensati i giorni contati a sua disposizione. Nel ripiegamento in se stesso si trova faccia a faccia con il suo dissidio, con la contraddizione radicata in lui, l’aspirazione a qualcosa che trascenda il mondo e l’attrazione magnetica a ciò che è transeunte e vano. Nel poeta si può rivedere contemporaneamente sia la figura di Will che quella di Henry Hamilton. Da una parte il tormento del tempo come un’incudine sospesa sopra le spalle, il dolore per l’ingiusta e precoce perdita degli affetti e la tensione verso una morale superiore, dall’altra parte il fardello del turbamento continuo, della consapevolezza della vacuità delle certezze e dell’incapacità di rendere di valore autentico il proprio tempo.

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