Arriva direttamente dall’Italia la nuova frontiera della cura per il Parkinson. Dai laboratori dell’Università di medicina di Brescia, infatti, dopo numerosi esperimenti e varie verifiche, si è potuta stabilire una connessione tra una specifica proteina e la grave malattia neurodegenerativa.
Questa fosfoproteina è stata denominata dai ricercatori “Sinapsina 3” ed è stata reputata essere un fattore primario nell’insorgenza del morbo del Parkinson. Infatti, dopo accurate e precise ricerche, i medici hanno potuto confermarne la presenza in dosi massicce all’interno del cervello dei pazienti.
La scoperta, dunque, è quella che ha rivelato che, in caso la sostanza sia presente nell’organismo, sarebbe favorito l’accumulo di fibrille specifiche che uccidono ed annientano i neuroni dopaminergici, essenziali per la salute mentale di ogni essere umano.
Il rilascio di questa proteina, la dopamina, è infatti controllato efficacemente dalle cellule nervose del nostro encefalo e, in caso di carenza o di assoluta mancanza, andrebbe a causare la malattia degenerativa.
A capo del team di ricerca vi era la dottoressa Arianna Bellucci. La docente di Farmacologia dell’ateneo bresciano, ha effettuato un confronto valido ed efficace, usando come tramite dei topi da laboratorio: essi, infatti, dopo un’iniezione mirata, non sono stati in grado di esprimere la proteina incriminata e quindi, di presentare l’accumulo di sinapsina, responsabile della deleteria malattia.
Il test, portato avanti da questo gruppo eterogeneo, ha visto nella figura della specialista italiana una guida efficace, capace di una scoperta che sicuramente rivoluzionerà il modo di affrontare la cura del disturbo neurodegenerativo. I risultati, inoltre, sono stati pubblicati su “Acta Neuropathologica”, una rivista scientifica divulgativa, a caratura internazionale.
E’ importante sottolineare anche che, i fondi necessari per la realizzazione di questo progetto, sono stati forniti da una associazione importante come quella della Michael J. Fox foundation.
Inaugurata nel 2000 dal famoso attore statunitense, da sempre quest’ultima offre un sostegno solido alle intraprendenti iniziative in campo medico; inoltre, lo stesso fondatore (Michael J. Fox) è stato colpito dal grave malanno nel lontano 1991.
Le nuove frontiere della cura al Parkinson
E’ il 1817 quando il medico inglese James Parkinson descrive per la prima volta sei casi analoghi di paralisi agitante: il tremore a riposo, la postura e l’andatura traballante. Successivamente anche altri studiosi si sono avvicinati allo studio di questo disturbo neurodegenerativo: tra questi i due più importanti furono Charcot (che fece una distinzione tra i vari sintomi) e Lewy che, nel 1912, descrisse le particelle encefaliche colpite dalla malattia.
Ad oggi, numerose sono le vie che si stanno provando a percorrere per capire come combattere e, magari, sconfiggere la letale patologia. I campi di ricerca attuali riguardano soprattutto l’impianto di cellule staminali, gli studi sui modelli animali (come nel caso della nuova scoperta) oppure il trapianto genico.
Ultimamente, però, nuove analisi sono state effettuate da alcuni ricercatori statunitensi che, nelle varie sedi dei laboratori dell’Alabama e di Los Angeles, hanno portato a termine delle rivoluzionarie ed innovative tecniche terapeutiche.
Nel primo laboratorio americano, gli scienziati hanno fatto una nuova scoperta: essi, infatti, hanno individuato uno stretto legame tra la flora batterica intestinale e il morbo. Dopo un’attenta osservazione, i medici hanno constatato che la flora intestinale dei malati è marcatamente diversa rispetto a quella dei soggetti sani. Quindi, oltre ad avere un’implicazione con altre malattie neurologiche, potrebbe avere un collegamento anche con questo disturbo.
A Los Angeles, invece, altri scienziati hanno stabilito un differente metodo diagnostico: secondo il loro parere, infatti, basterebbe analizzare un campione di lacrima umana per diagnosticare il Parkinson.
Un ulteriore passo avanti verso la sconfitta della patologia è stato fatto dal nostro paese. Nel febbraio del 2018, infatti, l’Italia è stato il primo paese ad acquistare un nuovo e potente macchinario: quest’ultimo è stato denominato MrgFUS, dall’acronimo inglese di “Magnetic Resonance guided Focused Ultrasound”. Questa avanguardistica tecnica di neurochirurgia funzionale agisce in modo attivo sul nucleo ventrale intermedio, una struttura anatomica situata in profondità nel talamo (cervello). Il suo scopo principale è quello di eliminare i tremori dalla maggior parte dei pazienti.
In definitiva, negli ultimi anni, in ogni parte del globo sono stati effettuati approfondimenti rivolti verso la sconfitta del morbo di Parkinson. E’ sensazionale scoprire che, anche in un paese come l’Italia, nel quale sembra esserci poca attività di ricerca (per carenza di personale e per mancanza di fondi), si stia contribuendo attivamente all’avanzamento degli studi e delle metodologie mediche nell’ambito delle malattie neurodegenerative.