Roberto Saviano condannato: la diffamazione e i suoi limiti

Roberto Saviano è stato nuovamente condannato per non aver modificato, in seguito a una prima sentenza datata 2013, la parte del suo best seller Gomorra che descriveva l’incensurato imprenditore Vincenzo Boccolato come coinvolto in un traffico di cocaina per un clan camorristico.
Si tratta dell’illecito civile di diffamazione con l’aggravante del mezzo stampa.

È di 15 mila euro la multa che lo scrittore Roberto Saviano dovrà pagare a Vincenzo Boccolato, in seguito a una nuova condanna per diffamazione a mezzo stampa. Nuova in quanto quella di questo agosto 2018 va a sommarsi a una precedente, risalente al 2013, in cui era stato provato che l’imprenditore non era, come invece descritto, coinvolto in un traffico di cocaina associato alla camorra, bensì incensurato.
Saviano e la relativa casa editrice Mondadori hanno continuato a vendere edizioni del libro non aggiornate.

L’illecito è quindi considerabile diffamazione, disposizione del codice civile diverse volte discussa in quanto in contrasto col principio costituzionale della libertà d’espressione, previsto all’articolo 21.
I limiti della libertà d’espressione sono stati meglio definiti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione negli anni 2000. Questi sono quindi la veridicità di quanto riportato, la continenza e l’interesse pubblico.

Se per la veridicità non vi sono dubbi interpretativi, bisogna sottolineare che la mancanza di continenza si verifica in presenza di espressioni inutilmente umilianti o infamanti che si traducono in un’aggressione verbale. L’interesse pubblico si può tradurre come interesse a informare ed essere informati.

Nel caso specifico di cronaca giudiziaria, è possibile determinare l’area di illiceità nel momento in cui la pubblicazione vada a riportare una ricostruzione dell’autore e non un provvedimento giudiziario effettivamente emanato. È comunque possibile che sia presente la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca quando, pur non avendo pubblicato un fatto veritiero, lo scrittore abbia in buona fede fatto quanto necessario per controllare e verificare la notizia.

L’illecito di diffamazione va a difendere la reputazione della persona, che è collegata, da una consolidata giurisprudenza, al ‘senso di dignità personale nell’opinione degli altri’, visto in relazione al contesto storico e sociale.
Non va mai dimenticato come la commissione di un illecito, per quanto appaia scontata, è generalmente da bilanciare con i principi fondamentali del nostro ordinamento.

In merito al presente caso è da sottolineare anche come, in relazione a una pena base ‘non inferiore a 516 euro’, i giudici hanno deciso per una prima multa di 30 000 euro e una successiva, quella attuale, di 15 000.

Roberta De Rossi