Scrittrice per amore e attivista per passione, ci ha lasciato la donna che ha trasformato i social network in uno spazio democratico senza mai offendere nessuno.
Una vita dedicata all’arte, all’attivismo e alla scrittura. Amava il suo pubblico a tal punto da volerlo tenere sempre aggiornato sulle sue oramai critiche condizioni di salute fino alla morte, sopraggiunta il 10 Agosto all’età di 51 anni. Nella sua vita, grazie ai media a disposizione, ha fatto di tutto, come essere se stessa, fino alla fine.
LA MALATTIA RACCONTATA AL SUO PUBBLICO
Un profilo Instagram da mezzo milione di followers, i suoi ammiratori, ma anche curiosi o semplici haters pronti a criticarla ad ogni sua singola mossa. Ma Michela, in realtà, dei leoni da tastiera non gliene importava più di tanto. Il suo unico interesse, infatti, era quello di informare il suo pubblico. Lo ha fatto parlando di politica, scontrandosi spesso non solo con l’attuale premier Giorgia Meloni, ma anche con tutti coloro che la pensassero diversamente da lei. Lo ha fatto parlando d’attualità, perché sentiva il bisogno di dire la sua ad ogni fatto di cronaca. Infine, lo ha fatto anche parlando della sua malattia. Il carcinoma renale al quarto stadio non le ha lasciato scampo, non era neanche la prima volta che si ammalava di tumore. Eppure, quando lo scorso Maggio raccontò in un’intervista a cuore aperto con Aldo Cazzullo per il Corriere della sera, di essere conscia della fine della sua storia, ma che non si sarebbe mai e poi mai sentita una perdente. Infondo, un malato oncologico, non affronta nessuna battaglia, altrimenti non proverebbe a vincere? Ha lasciato ai suoi account social il compito di raccontare la sua malattia. Quando la prima ciocca di capelli cadde, si lasciò filmare mentre le veniva rasata la testa. Nei suoi post, come nelle sue stories e nei suoi reel, avrebbe mostrato senza vergogna la sua testa coperta da tanti veli colorati. La malattia avanzava, proprio come i suoi sintomi, eppure i social network non li ha mai abbandonati. Erano, alla fine, il suo ponte con il pubblico. Ci avrebbe reso partecipi persino del suo matrimonio, in articulo mortis, con il suo compagno. Nel reel, la canzone scelta è Nobody’s Wife. L’ultimo post dove viene ritratta, invece risale al 29 luglio, quando a seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni cliniche, fu ricoverata. Un semplice selfie con le cuffie e le cannule nasali per ossigeno, sono il modo in cui lei ci ha calorosamente salutato. Sapeva di stare un pò meglio, ma che non sarebbe mai tornata a stare bene. Queste, le sue ultime dichiarazioni sulla malattia. Come la storia sia finita, come già sapeva dallo scorso maggio, ora lo sappiamo anche noi. L’ondata social di affetto è stata tanta, anche da parte di chi non l’ha mai apprezzata. Il suo diario su come abbia affrontato la malattia può essere letto da chiunque , tanto quanto le altre battaglie che ha portato avanti.
L’ALTRO CAMPO DI BATTAGLIA: I SOCIAL NETWORK
Michela Murgia è stata un’intellettuale dai mille volti. Nella vita è stata addirittura una professoressa di religione. Ma tutti noi la ricordiamo per le sue battaglie, non solo quella con il tumore che l’ha portata via. Che fosse una persona senza peli sulla lingua lo si era già capito quando pubblicò il suo primo romanzo Il mondo deve sapere, dove raccontava con uno stile tragicomico un altro lavoro da lei fatto, quello di una telefonista precaria. Già da qui, aveva dato una degna presentazione di lei, del suo stile e di ciò che il mondo avrebbe, per l’appunto, dovuto sapere. Perché lei voleva urlare a tutti ciò che pensasse, ma nel 2006 i social erano quasi una barzelletta e l’unico modo per lasciare qualcosa al mondo era pubblicare un libro. Il suo impegno letterario con le opere successivamente pubblicate l’avrebbero resa famosa tanto quanto criticata. Il pubblico, infatti, si era diviso in tifoserie. Di dato ce ne stava soltanto uno: lei stava sempre un passo in più rispetto agli altri. Il suo obiettivo? Provocare, uno stile che avrebbe applicato anche con il suo approdo sui social. Parlare di società era il suo interesse e non voleva tralasciare nulla. Lei, ex professoressa di religione, avrebbe parlato anche di Chiesa, di politica, della sua Sardegna e delle donne. Su queste ultime non voleva tralasciare nulla, diventando una delle prime a parlare sui social di femminismo. Nonostante la malattia, neanche quest’ultima riusciva a frenarla dal commentare le vicende del momento, come l’addio di Saviano alla Rai. Persino pochi giorni prima della sua morte avrebbe commentato non solo la vicenda legata ad un sindaco legista sulla gestione dei migranti, ma anche gli stessi giornalisti che la accusarono di aver attaccato il sindaco, trasformando la vicenda ed eliminandone il focus. Lei che, quando doveva attaccare, sapeva farlo con stile, senza offendere, anche quando per molti utilizzava i social soltanto per flammare. Ma i suoi intenti, ricordiamo, erano di raccontarsi. Lei che dopo aver scritto libri e destreggiato i social come un giocoliere avrebbe posato anche per Vanity Fair per parlare del suo impegno nelle comunità LGTBQ+ sul numero uscito durante il mese del Pride. Tante battaglie, le sue, sotto un’unica voce, la sua.
UNA VOCE CHE FA RUMORE
Un ruolo mediatico, il suo, che sapeva portare avanti come pochi. Lei che avrebbe dovuto far parte da un punto di vista anagrafico della categoria boomers sapeva invece comunicare al suo pubblico attraverso un linguaggio universale. Le tematiche da lei trattate sarebbero state le sue battaglie, tanto quanto il tumore. I social erano il salotto dove lei faceva accomodare chi la pensasse come lei e volesse contribuire nelle sue lotte sociali, dal femminismo alle comunità LGTBQ+. Eppure, quel tempo prezioso che, come raccontò le stessa, voleva utilizzare per saluta chi in vita l’aveva amata, trovò un intervallo per salutare anche i suoi haters. Lei che sapeva provocare con le parole, le immagini e persino con il suo silenzio. Ricordiamo, tra le ultime tematiche trattate, quelle sull’aborto, sull’antifascismo e persino sulla Bibbia. Lei, ricordiamolo, insegnante di religione. Chi l’avrebbe detto che un’insegnante di religione e telefonista precaria avrebbe conformato il suo pensiero attraverso le strutture sempre più frivole dei social network e che tali filantropi avrebbero abbandonato le nostre icone colorate per essere discusse in pubblica piazza? Nessuno lo sa, tranne lei.