Muore Judith Krantz: ripercorriamo la storia del romanzo rosa, genere che l’ha resa famosa

I suoi dieci libri hanno venduto più di 85 milioni di copie nel mondo e hanno ispirato miniserie tv di successo. Tutti erano ambientati nell’ambiente dei super-ricchi americani, con scene spesso piccanti.

La regina del poolside reading

Judith nasce a New York nel 1928, ragazza di origini ebraiche e ottima famiglia con casa a Central Park West, compie buoni studi e viaggia molto.  Tornata a New York cominciò a scrivere per giornali femminili come Good HousekeepingCosmopolitan e Ladies’ Home Journal. Vetta di quegli anni fu l’articolo per Cosmopolitan intitolato Il mito dell’orgasmo multiplo. Leggenda narra che oltre alle fantasie sessuali delle anonime intervistate, vi avesse raccontato le sue, non pubblicate dal magazine perché ritenute troppo audaci. Nessun problema, Krantz le attribuì più tardi a una delle sue ricche, magre, elegantissime eroine. Fino a cinquant’anni non aveva scritto una riga di fiction. Poi nel 1978 arrivò il primo romanzo, Scrupoli: Krantz aveva, a suo modo, scoperto un genere. Lei stessa ne indicò più avanti i magici ingredienti, con buona dose di autoironia, nel titolo della sua autobiografia. Si intititolava Sex and Shopping: The Confessions of a Nice Jewish Girl (ossia Sesso e shopping: confessioni di una bella ragazza ebrea). Le sue eroine, femministe e insieme retrò, cercavano sempre l’uomo della vita. Nel frattempo lavoravano, spendevano – parecchio, e solo griffato, s’intende – e si godevano la vita tra grattacieli e riviere varie.

Vagamente osé
Il marito produttore, Steve Krantz, si incaricò di trasformare quelle storie semplici ma irresistibili in mini serie di successo, andate in onda nel corso degli anni Ottanta, e così Judith visse la vita che le piaceva di più. Di certo ha realizzato i suoi desideri, scrivendo e aprendo la strada a ciò che sarebbe venuto dopo: quel mondo dorato e divertente che va da Sex and the City a I love shopping di Sophie Kinsella. A Krantz non importava essere una grande scrittrice.  La chiamavano la regina del poolside reading, quella lettura insieme svagata e avida da bordo piscina – ma anche da lunga seduta dal parrucchiere o insonnia notturna – prediletta dalle signore, americane e di ogni latitudine. E da regina, delle classifiche e della vita scintillante che aveva raccontato e vissuto, Judith Krantz si è spenta a 91 anni nella sua casa di Bel Air, dopo aver riempito le case della borghesia statunitense e di molti altri paesi di milioni di copie di romanzi rosa vagamente osé dai titoli come ScrupoliAmantiLa figlia di MistralConquisterò Manhattan. Il fatto che Judith, agli occhi della critica, non abbia mai scritto opere di particolare spessore è di semplice comprensione. Il romanzo rosa, fin dalle origini, soffre della non rara patologia di genere sottovalutato, nonostante il grande successo conquistato tra le lettrici di tutto il mondo. Il potere dei social network e di Internet in generale ha reso il passaparola più rapido, così come lo scambio di opinioni e, dunque, anche la popolarità o il flop di un romanzo rosa. Il romanzo rosa, comunque, non conosce battute d’arresto, benché i pregiudizi su tale sottovalutato genere siano quasi come delle montagne difficili da scalare e conquistare.

Un genere peculiare 

La letteratura rosa fiorì nei primi anni del Novecento in Gran Bretagna e, fin dall’inizio, si basò su peculiarità che si ammorbidirono solo con il tempo, pur senza snaturare l’essenza di questo tipo di storie.

  • Lo schema narrativo era piuttosto rigido e incentrato sulla storia d’amore travagliata tra un uomo e una donna, i quali dovevano superare mille ostacoli prima di riuscire a realizzare il loro sogno di amore e felicità eterni.
  • La protagonista era la donna, la quale doveva rappresentare un modello femminile per le lettrici e, nello stesso tempo, consentire a queste di identificarsi con lei nel modo di essere vivere, amare e soffrire. Il pubblico femminile si lasciava rapire dalle peripezie della protagonista e, soprattutto, attraverso l’immedesimazione, poteva formare, ribadire o cambiare un’opinione su questioni ed eventi legati alla sfera sentimentale ed esistenziale.
  • Il lieto fine era obbligatorio; le lettrici volevano arrivare all’ultima pagina certe che i personaggi buoni avrebbero trionfato, mentre gli antagonisti avrebbero subito il giusto castigo. Solo così, infatti, si poteva ristabilire un equilibrio, seppur letterario, dopo lo sconvolgimento figlio di innumerevoli peripezie. Questa ricerca dell’armonia tra le pagine di un libro era lo specchio in cui si rifletteva la medesima aspirazione alla giustizia nel mondo reale (niente di strano, né di nuovo in ambito letterario).
  • Si trattava di libri, come è intuibile, destinati a un pubblico esclusivamente femminile.
La celebrità italiana in rosa Liala, pseudonimo di Amalia Liana Negretti Odescalchi

Pudiche eroine 

Nella sua evoluzione il romanzo rosa può essere suddiviso in tre filoni principali: quello inglese, quello francese e quello americano. Il primo si contraddistingue per l’ambientazione nell’epoca della Reggenza, in un ambiente aristocratico, ricco, in cui uomini misteriosi e magnetici si incontrano e scontrano con fanciulle ribelli o pudiche sullo sfondo di una morale severamente codificata in Francia, invece la protagonista è idealizzata in una figura perfetta, candida contro la quale si scagliano antagonisti perfidi e un destino avverso. Negli Stati Uniti questo tipo di vicende si rispecchiavano quasi totalmente nel percorso di emancipazione della donna, per cui le protagoniste erano descritte come donne forti, indipendenti e fiere, perdendo l’aura di candore propria delle prime eroine inglesi e francesi. L’Italia ha avuto le sue celebrità in rosa con Liala, pseudonimo di Amalia Liana Negretti Odescalchi, ancora ai nostri giorni famosissima e apprezzata per lo stile raffinato ed elegante, così come Sveva Casati Modignani, pseudonimo di Bice Cairati e Nullo Cantaroni, che con trame mai prevedibili hanno saputo raccontare la donna e l’ambiente italiani.

Pregiudizi

Questa non è che una breve panoramica sul romanzo rosa, genere bistrattato e sottovalutato nonostante le affermate penne che ne hanno tratteggiato con sensibilità e fantasia ogni sfumatura. L’errore più comune, però, è quello di considerare tutta la letteratura rosa come un prodotto di mero consumo, usa e getta che non ha nulla a che vedere con la vera letteratura. Spetta alle scrittrici e alle lettrici risollevare definitivamente l’onore letterario del romanzo rosa che è, purtroppo, ancora un genere sottovalutato.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.