Migranti: il prezzo da pagare è anche psicologico.

Negli ultimi anni si è osservato un crescendo di arrivi in suolo italiano di persone appartenenti ad altre culture, i migranti. Questo ha portato l’Italia a doversi confrontare con la sua capacità di integrazione crossculturale. Numerose sono le notizie provenienti da tutta la nazione, alcune riflettono un paese aperto e umano, altre un contesto oppositorio e razzista.

Il viaggio: verso la salvezza?

La concezione popolare dei migranti è divisa in due grossi blocchi. Da un lato troviamo chi supporta campagne anti-migranti, chi assume un atteggiamento razzista e si convince che fuggire attraverso un barcone sia il mezzo subdolo per arrivare in suolo nostrano a rubare il lavoro. L’altra faccia della medaglia è quella di chi supporta campagne pro-migranti, chi assume un atteggiamento comprensivo e crede che rischiare la vita in mare aperto non sia certo una decisione leggera. Buona parte di queste concezioni derivano dall’influenza mass media. Interessante è uno dei casi di sbarchi in Puglia risalente agli anni ’80, quando all’arrivo di una barca “straniera” sulle coste, tutti i cittadini accorsero per dare una mano. Abbiamo avuto un nuovo episodio simile in Calabria recentemente. Tutto ciò per sottolineare come prima vi fosse un contatto diretto tra migrante-cittadino che oggi invece passa attraverso il filtro dell’informazione televisiva.

Il costo della migrazione è anche psicologico. www.google.it

La ricerca sul benessere dei migranti

Sebbene ci si concentri molto sui migranti in relazione ad aspetti quali l’invasione, la sporcizia e le malattie fisiche, poca attenzione è stata posta sul prezzo psicologico che ciascun migrante si trova a pagare. Ci viene incontro un’interessante ricerca svolta da un’associazione di volontari di Padova, Psicologo di Strada. In particolare lo studio ha coinvolto 50 richiedenti asilo per una lasso di tempo che andava da ottobre 2016 a giugno 2017. L’idea dello studio nasce da una precedente ricerca italiana del 2015 da cui era emerso che rifugiati e richiedenti asilo presentavano significativi ricordi disturbanti, incubi, difficoltà a dormire e senso di solitudine. Così prende vita lo studio che coinvolge 50 migranti, provenienti soprattutto da paesi africani, ma anche asiatici e un siriano. Di questi, tutti gli africani hanno raggiunto l’Italia con i barconi e gommoni, gli asiatici hanno utilizzato diversi mezzi, compreso il treno. La durata del viaggio varia, per qualcuno è durato un mese, per qualcun altro oltre 2 anni.

Il prezzo da pagare

Nonostante le storie diverse, tutte queste persone presentano un fattore comune: un livello di sofferenza alto accompagnato a disturbi psico-fisici. Il primo a spiccare è nel 60% degli intervistati la presenza di sintomi del Disturbo Post Traumatico da Stress. In secondo luogo si è osservato che molti dei disturbi sono legati ad un’iperattivazione del sistema di difesa. La strategia difensiva psicologica dei migranti sembra essere ben precisa: da un lato l’evitamento, dall’altro il dimenticare. Il rischio per chi vive un’esperienza così importante dal punto di vista psicologico, è di sperimentare quelli che sono definiti episodi di intrusione. Questi consistono nella comparsa di improvvisi ricordi accompagnati alla valenza emotiva dell’episodio, si ha la vera e propria sensazione di rivivere l’accaduto. Da qui si origina l’evitamento, attuato verso chiunque o qualsiasi cosa possa ricordare l’episodio. C’è inoltre la tendenza a reprimere i ricordi dolorosi per allontanarli dalla coscienza.

Conseguenze

Risulta evidente come innanzitutto l’Italia non riesca a fronteggiare le difficoltà psicologiche di persone che hanno un vissuto particolare. Questo porta innanzitutto a problemi nella gestione della vita quotidiana. Ovvero nei centri di accoglienza i migranti reagiscono con aggressività e violenza o abusando di psicofarmaci. Bisognerebbe, invece, prendersi cura di persone che hanno determinati disturbi proprio per evitare che questi possano peggiorare. Nel caso di peggioramento, questo comporterebbe un maggior rischio per la società ma anche un maggior costo per la sanità. L’intervento psicologico permetterebbe, invece, di favorire il benessere dei migranti, a prescindere dall’essere donna, uomo o bambino.

Delfina Ruggero