Metafisica di un sogno

Secondo di una meravigliosa trilogia sul sogno, Mulholland Drive è un capolavoro della cinematografia contemporanea firmato dal regista, troppe volte ignorato dalla critica e ancora troppo poco conosciuto, David Lynch. In questa pellicola mette in scena un’aspra critica nei confronti della Hollywood di attori e registi, degli eccessi e degli intrighi per raggiungere il successo. Seguendo atmosfere surreali, personaggi senza nome e salti temporali equivoci, il senso del film può facilmente sfuggire ad una prima visione, ma basterà rimettere in ordine i dialoghi e fare atttenzione ai dettagli per ricomporre come un magnifico mosaico l’intera opera e per capire che il filo conduttore sono i sogni: prima quello ideale (e infranto) di Diane, la protagonista, di poter diventare una famosa attrice coronando il suo amore, poi quello reale, fuga disperata da una coscienza oppressa dai sensi di colpa e in qualche modo motore del tragico finale. È soprattutto questo secondo sogno ad essere popolato da personaggi misteriosi, avvolti da un alone di imprecisata inquietudine inspiegabile ed inspiegata, che agiscono in modo apparentemente sconnesso eppure fondamentale. Di fronte a questi sorgono dunque spontaneamente domande quali: chi sono? Ma soprattutto, essendo proprio il sogno il vero protagonista della pellicola, esistono? Una domanda all’apparenza semplice, ma generatrice in realtà di numerosi e complessi dibattiti filosofici e non solo.

Dal punto di vista filosofico ad occuparsi della questione di che cosa esista sono la metafisica e, più precisamente in questo caso, l’ontologia (ontologia materiale, secondo la definizione di Husserl, in quanto dedicata allo studio dell’essere in un ambito specifico). Molte sono le posizioni circa l’argomento e il dibattito è ancora oggi molto acceso, ma si possono citare in questa sede alcune interpretazioni collegate in qualche modo al film di Lynch.

Scena tratta dal film (www.taxidrivers.it)

Si potrebbe pensare, a primo impatto, che entità rinchiuse nei confini della nostra mente quali gli strani personaggi che popolano i nostri sogni non siano ovviamente esistenti, in quanto non collocabili all’interno di un preciso reticolo spazio-temporale. Eppure, come mostrano l’esperienza e il film, tali entità, quale che sia la nostra opinione al riguardo, sono in grado di spingerci all’azione e di sconvolgerci profondamente (d’altra parte chi non si è mai svegliato da un incubo sudato ed affannato?) e questo dovrebbe persuaderci di una loro esistenza seppure forse diversa da come siamo abituati ad intenderla. Interessante è, al riguardo, la lettura del saggio Su ciò che vi è di Willard V. O. Quine, all’inizio del quale egli mette in scena, ma solo per confutarli, due filosofi inventati: McX e Wyman. Essi hanno strane teorie riguardo a ciò che esite che Quine non condivide. Il primo sostiene infatti che un’entità, cui normalmente non viene attribuita esistenza come Pegaso, debba per forza in qualche modo esistere, in quanto, se così non fosse, la parola in sè non avrebbe significato e non avrebbe dunque senso dire che non esiste  poichè lo diremmo pur senza parlare di nulla: McX dunque ritiene i significati un regno di entità a sè stanti e conclude in questo modo che Pegaso esiste ed è un’idea contenuta nella mente. A questo punto si può facilmente obiettare che non è questo ciò che si intende quando si dice che Pegaso non esiste ed è qui che entra in gioco il secondo filosofo, Wyman (probabilmente identificato con il filosofo austriaco Alexius Meinong).

Willard Van Orman Quine (www.motivatedmastery.com)

Wyman è più sottile ed afferma infatti che Pegaso esiste, ma ha un essere diverso dagli enti materiali che ci circondano, ha l’essere di un possibile non realizzato, e cioè Pegaso è, ma non ha il particolare attributo della realtà: anche in questo caso Pegaso non rientra nè nella categoria di spazio nè in quella di tempo, ma, insiste Wyman, è. Anche questa tesi viene criticata da Quine il quale sostiene implichi un “universo sovrappopolato per molti versi poco attraente” portatore di irriducibili contraddizioni e complicazioni, come l’incapacità di definire in maniera più o meno precisa un possibile, ad esempio: due possibili possono essere identici? Se sì quanti possono essere uguali? E se sono uguali non si riducono tutti ad uno solo?

Al di là delle possibili contraddizioni e delle difficoltà che questa visione potrebbe implicare, non sembra forse questo il modo più completo di intendere le entità che popolano i nostri sogni e, in questo caso, quelli di Diane? Personaggi partoriti dalla sua mente e dunque possibili, ma non realizzati e personaggi esistenti anche materialmente ma che idealmente assumono proprietà e caratteristiche non loro e che quindi potremmo forse chiamare entità proiettate, in quanto ibridi incroci fra l’esistente materiale e il possibile. D’altra parte, vista la complessità e l’abbondanza di individui nella realtà non è forse contestabile o quanto meno dubbia la necessità di un mondo fatto di “paesaggi deserti” a cui sembra tendere tanto volentieri Quine nella costruzione di una metafisica? Non è facile rispondere a queste domande, ma d’altra parte non è facile scegliere una metafisica. A questo riguardo c’è infatti chi si affida alla scienza e si appella dunque ad una metafisica scientifica andando però a scontrarsi con problematiche legate al sostanziale non accordo di molte importanti teorie scientifiche e all’incapacità della scienza di dare una spiegazione rigorosa ai fenomeni sociali, esistenti ed importanti nella realtà umana. Altri preferiscono invece una metafisica legata al senso comune, svincolandosi da un’ottica scientifica e affidandosi dunque ai sensi e ai saperi ingenui, anche questi però fondamentalmente discordanti. Sempre Quine suggerisce, nella scelta, di seguire un criterio di semplicità, il quale però dipende molto in relazione al punto di vista con cui si analizza un sistema metafisico e conclude quindi esortando a procedere con spirito sperimentale filosoficamente parlando. L’unico modo per venire a capo della questione sembrerebbe infine un metapluralismo, atteggiamento che permette di prendere, a seconda della specifica sfida metafisica, uno specifico sistema in grado di spiegare che cosa esiste senza ricadere in troppe contraddizioni.

Diane Selwyn, la protagonista, poco prima del tragico finale (www.outtherecinema.wordpress.com)

Come si è visto dunque non è semplice e scontato stabilire che cosa esista e che cosa no, tanto nel film quanto nella realtà ed è dunque necessario procedere con cautela quando ci si addentra in tali questioni mentre, per quanto riguarda i sogni e le creature che li popolano, dopo quanto detto e dopo la visione di quell’opera d’arte che è Mulholland Drive, non credo si possa dire che siano solo inconsistenti ed inesistenti giochi della mente.

Lorenzo Delpiano

 

 

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