Tutto e niente
Gli anni di malasanità che viviamo oggi potrebbero (ce lo auguriamo) prima o poi finire. Come? Riducendo i posti letto nelle strutture sanitarie ed eliminando le sale d’attesa, facendo posto al nuovo ospedale 4.0, in cui le barriere architettoniche del sovrappopolamento possono essere abbattute, e gli infiniti tempi burocratici (anche solo per una visita di controllo) azzerati.
Un’utopia, direte voi. Tutt’altro, dicono i dati: dal Portogallo alla Scozia si moltiplicano gli studi che confermano il ruolo emergente dell’intelligenza artificiale applicata all’ambito sanitario, volta a migliorare la salute dei pazienti che soffrono di malattie respiratorie. “Innovazione non significa costruire di più, ma ripensare e riorganizzare gli spazi ospedalieri, attingendo alle innovazioni tecnologiche che già integrano ospedale e domicilio” – spiega l’architetto Giorgia Zunino, direttrice del Master in Redesining Medicine presso l’Istituto di Design dell’Accademia di Belle Arti di Brescia. La Zunino oggi si sta occupando del restyling che trasformerà l’ex Ospedale Psichiatrico del Santa Maria della Pietà a Roma nel nuovo e super-tecnologico Parco della Salute e del Benessere.
BPCO: facciamo chiarezza
Nell’arco della nostra vita l’aria entra ed esce dai nostri polmoni circa 3 miliardi di volte, ma per molti – la maggior parte di questi, fumatori – i respiri prima o poi diventano affannosi e difficili: succede ai quasi 4 milioni di italiani che soffrono di broncopneumopatia cronica ostruttiva o BPCO, una condizione patologica responsabile del 55% dei decessi per cause respiratorie ogni anno e che nel 2030 diventerà la terza causa diretta di mortalità.
Si tratta di una malattia degenerativa molto diffusa anche in Italia, ma spesso sottovalutata dal paziente, che ritiene la tosse o la difficoltà di respiro come sintomi comuni per un fumatore. La dipendenza dal tabacco non è l’unica causa legata alla patologia: infatti anche l’esposizione al fumo passivo o a polveri sottili, nonché ad ambienti estremamente inquinati possono coadiuvarne l’insorgere. La conseguenza a lungo termine è un vero e proprio rimodellamento dei bronchi, che provoca una riduzione consistente della capacità respiratoria.
“Internet of things” e BPCO
“Nei malati con BPCO le terapie tradizionali non sono troppo efficaci e questo comporta un alto rischio di peggioramento e progressione verso stadi più gravi della patologia che poi compromettono fortemente qualità e durata di vita”, spiega Federico Lavorini, Ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università di Firenze.
L’intelligenza artificiale consentirà, però, un miglioramento nella gestione dei pazienti. “Si può cambiare il destino dei malati di BPCO, permettendo di seguirli meglio a domicilio e di ridurre ricoveri. L’ospedale del futuro sarà la poltrona di casa propria – afferma Fulvio Braido, Professore di Malattie Respiratorie dell’Università di Genova. Nel Regno Unito, per esempio un algoritmo è in grado di prevedere il rischio e lanciare l’allarme se le condizioni del malato stanno peggiorando, rendendo possibile una riduzione del 30% dei ricoveri con un risparmio stimato per il sistema britannico di 1,4 miliardi di sterline.
La salute nostra di chi ci sta intorno, per concludere, è legata anche all’innovazione: una corretta gestione delle risorse a disposizione può aiutare a vivere una vita più sana e a donare speranze di cura a chi affetto da patologie serie come questa.
Umberto Raiola